2. Le norme di riferimento nel settore della r.c. auto e degli infortuni sul lavoro.
Nell’ordinamento giuridico italiano manca una disciplina legislativa generale dei criteri e dei parametri di liquidazione del danno a persona, rinvenendosi soltanto alcune norme settoriali, che regolamentano la materia in ambiti specifici.
Il riferimento è alle norme contenute nel Codice delle assicurazioni private per le lesioni derivanti da sinistri da circolazione di veicoli e natanti: il d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (che riprende i criteri già fissati dalla legge 5 marzo 2001, n. 57) dedica alla materia gli artt. 138 e 139, relativi al danno biologico per le lesioni rispettivamente di non lieve e di lieve entità (ovverosia pari o inferiori, oppure superiori, al 9% della complessiva validità dell’individuo)[4] di cui vengono indicati i criteri di liquidazione, al contempo fornendosi una definizione settoriale di danno biologico[5].
In particolare, l’art. 138 prevede la predisposizione di una tabella unica delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese fra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso. Esso stabilisce altresì che, qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su aspetti dinamico-relazionali, l’ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato (comma 3).
A sua volta, l’art. 139 Cod. ass., fissa i criteri di liquidazione del risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità (c.d. micropermanenti), derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti[6], demandando a decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, la predisposizione di specifica tabella delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti.
Come noto, solo l’art. 139 ha ricevuto attuazione, non così l’art. 138 Cod. ass.
Si discute se l’art. 139 possa essere applicato analogicamente al di fuori dell’ambito delle lesioni da sinistri stradali.
In favore dell’applicazione analogica milita l’argomento per cui l’unica differenza fra le lesioni derivanti dalla circolazione stradale e da altre cause (ovverosia il mezzo col quale le lesioni sono state inferte) appare giuridicamente irrilevante. Prevale, tuttavia, la soluzione negativa anche in virtù della ratio della norma, la quale, collocata non a caso nel contesto di una legislazione speciale, è « volta a dare una risposta settoriale al problema della liquidazione del danno biologico al fine del contenimento dei premi assicurativi, specie se si considera che, nel campo della r.c.a., i costi complessivamente affrontati dalle società di assicurazione per l’indennizzo delle cosiddette micropermanenti sono di gran lunga superiori a quelli sopportati per i risarcimenti da lesioni comportanti postumi più gravi »[7]. Oltre a ciò, poiché il Codice delle assicurazioni si riferisce al solo danno biologico (peraltro offrendone, come si è visto, una definizione espressamente limitata « agli effetti della tabella » prevista dall’art. 138 o « agli effetti di cui al comma 1°» dell’art. 139), resterebbero comunque estranei all’ambito applicativo della disposizione i danni non patrimoniali riconducibili al c.d. danno morale, i quali, anche in ambito di r.c.a., dovrebbero trovare ristoro con il riconoscimento di una somma ulteriore a titolo di personalizzazione del risarcimento.
Ed, invero, l’art. 139 Cod. ass. va applicato in linea coi principi enunciati dalle Cassazione a Sezioni Unite nel 2008[8], la quale ha riportato la responsabilità civile al sistema bipolare affermando il carattere generale ed unitario della categoria del danno non patrimoniale. In tale ottica le distinte denominazioni di danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale, possono unicamente assumere valore di mera sintesi descrittiva costituendo componenti del complesso pregiudizio che va unitariamente ristorato. Tanto con la conseguenza che genera duplicazione del risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale inteso come turbamento dell’animo e dolore intimo[9]. Per contro, l’art. 139, comma 2, stabilendo che « per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medicolegale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato … », ha riguardo ad una concezione anteriore alla sentenza del 2008. Nell’avvalersi di queste tabelle, allora, si dovrà procedere alla personalizzazione del danno biologico, valutando in concreto le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, benché sussista qui un limite fissato dalla legge nella misura di un quinto (art. 139, comma 3, Cod. ass.).
Gli artt. 138 e 139, poi, non esauriscono il quadro normativo settoriale in materia di liquidazione del danno non patrimoniale. In particolare, l’art. 13 del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, recante Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, premessa, una definizione settoriale di danno biologico « ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria conto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali », quale « lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona », rinvia a specifiche tabelle ministeriali per la determinazione dei criteri di liquidazione del danno[10].
Vi sono, dunque, tabelle legislative per le lesioni di lieve entità derivanti da circolazione di veicoli a motore e natanti e per i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali. Quanto ai danni da sinistri conseguenti a circolazione, il d.lgs. 209/2005, per un verso detta una disciplina che ancora oggi non ha avuto completa attuazione ed è foriera di delicate questione interpretative, e per l’altro, fa comunque salva – sia pure entro i limiti di cui si è detto – la possibilità di un adeguamento al caso concreto. Si delinea, dunque, in tal modo, un quadro normativo solo settoriale, e comunque articolato e complesso, il quale continua a richiedere un significativo intervento dell’opera giurisprudenziale.