4. La giurisprudenza successiva all’intervento nomofilattico della Cassazione.
La giurisprudenza successiva alle menzionate sentenze della Cassazione non ha assunto rispetto ad esse un atteggiamento univoco.
Fra i giudici di merito è dato registrare posizioni critiche nei confronti dell’orientamento espresso dalla Cassazione nella decisione n. 12408/2011 e più vicine alla soluzione offerta dalla pronuncia n. 14402/2011.
Benché, infatti, entrambe quelle pronunce affermino la « vocazione nazionale » delle tabelle milanesi e prendano avvio dall’indagine sulla natura e sulla funzione dell’equità, esse appaiono profondamente diverse quanto a percorsi giuridici, conclusioni e soprattutto implicazioni sistematiche[20]. Secondo la decisione n. 12408/2011 le tabelle milanesi costituiscono parametro di conformità della valutazione equitativa agli artt. 1226 e 2056 c.c., con la conseguenza che le sentenze della Corte d’Appello che hanno liquidato il danno in virtù di tabelle diverse sarebbero ricorribili per Cassazione sotto il profilo della violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. In questo modo è di fatto attribuito valore legale alle tabelle di Milano benché frutto di esperienza giudiziaria, anche se, in realtà, emerge qui la contraddizione logica di elevare le tabelle al rango di legge e nel contempo affermare che per esse non vale il principio iura novit curia, trattandosi di un fatto rispetto al quale la parte sarebbe gravata dell’onere probatorio[21].
Diversa, invece, la decisione n. 14402/2011, la quale, pur confermando la « vocazione nazionale » delle tabelle milanesi, corregge il tiro affermando che « incongrua è … la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza ad una liquidazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui si perviene mediante l’adozione dei parametri esibiti dalle c.d. tabelle di Milano»[22]. Dunque, il discorso viene riportato sui binari dell’individuazione dei parametri per un corretto giudizio equitativo, oltre che della personalizzazione del risarcimento.
Ed, infatti, il giudizio equitativo si caratterizza, in generale, per la necessità di argomentazione in ordine agli elementi di valutazione impiegati e dell’indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico seguito. In questo modo, è censurabile sotto del profilo di difetto di motivazione la sentenza di merito che faccia ricorso alla valutazione equitativa senza dare conto del criterio utilizzato oppure se il giudizio risulta inadeguato o la quantificazione del danno sproporzionata per difetto o per eccesso[23].Traslando questo principio nella materia che ci occupa, sul presupposto che le tabelle non costituiscono fatto di comune esperienza e che non sono recepite in norme di diritto appartenenti alla conoscenza del giudice, deve correttamente ritenersi che la sentenza, per non essere affetta da difetto di motivazione, abbia ad indicare i criteri tabellari, per poi descriverne l’applicazione nel caso oggetto di esame[24]. Inoltre, dal momento che le tabelle costituiscono soltanto un parametro per la liquidazione equitativa, non vi è un diritto soggettivo del danneggiato all’applicazione dell’una o dell’altra[25], né, parallelamente, il giudice potrebbe considerarsi vincolato all’adozione di una specifica tabella: come più volte in passato affermato dalla giurisprudenza, il giudice non deve necessariamente adottare le tabelle di sezione del suo Tribunale[26] e può ricorrere anche quelle in uso presso altro Ufficio giudiziario, pur essendo tenuto, in questo caso, a dare ragione della diversità della scelta[27].
In effetti, il dato che emerge in diverse pronunce di merito successive alle sentenze della Cassazione nn. 12408-14402/2011, è il rigetto dell’opzione relativa ad un’applicazione incondizionata delle tabelle milanesi.
Questa è certamente la posizione assunta dal Tribunale di Roma, prima attraverso singole decisioni, poi in modo ufficiale con l’emanazione delle proprie tabelle per l’anno 2012.
Al riguardo si potrà menzionare una sentenza dell’ottobre 2011[28] del giudice capitolino relativa ad un caso di risarcimento danni da incidente stradale, dove si osservava come l’uniformità non è garantita solo attraverso un « dato di partenza comune », ovverosia l’impiego della stessa tabella per tutti, quanto piuttosto mediante il ricorso a « principi comuni ed uniformi … nell’applicazione delle varie tabelle». In questa prospettiva non vi è, allora, l’obbligo per il giudice di utilizzare in ogni caso le tabelle milanesi, « bensì solo di liquidare, eventualmente utilizzando anche altre tabelle, in modo non gravemente difforme » da esse[29].
In senso analogo si esprime una successiva sentenza del Tribunale di Roma del gennaio 2012[30], la quale, nel dichiarare la responsabilità del Ministero per danni da emotrasfusione, prendeva a riferimento le tabelle romane siccome ritenute idonee, anche grazie alla possibilità di massima personalizzazione, ad assicurare una congrua liquidazione anche ove confrontate con le tabelle in uso presso altri Uffici giudiziari, in particolare presso il Tribunale di Milano. La tabella milanese, si osserva, «ricomprende nel valore di punto graduato per percentuale di invalidità anche il valore per la componente relazionale e quella morale soggettiva dell’unitario danno non patrimoniale, lì dove la tabella romana valorizza tali componenti sul piano della personalizzazione, a sua volta graduata per classi percentuali di invalidità». In altre parole, nella tabella romana, a differenza di quella milanese, il valore del punto riguarda il solo danno biologico mentre le ulteriori componenti del pregiudizio non patrimoniale possono rientrare nel calcolo percentuale il quale peraltro è consentito in misura più elevata. Ciò significava, in quel caso, e sul piano pratico, che «l’applicazione della tabella milanese condurrebbe ad una liquidazione di base di euro 257.346,00 con possibilità di aumento massimo del 25%, quella romana conduce ad una liquidazione di base di euro 200.119,88 con possibilità di aumento medio del 35% rispetto ad un range, per le invalidità comprese tra il 40% ed il 50%, che oscilla tra il 17,5% ed il 52,5%». Sulla base di queste premesse e considerato che la parte attrice non aveva chiesto l’applicazione della tabella milanese effettuando per contro un esplicito riferimento a quella romana, il Giudice rilevava che «l’applicazione della tabella in uso presso il Tribunale di Roma, il quale oltre ad essere il più grande d’Italia tratta circa il 20% del contenzioso in materia di responsabilità civile, non frustra la giusta esigenza della parte di ottenere un integrale risarcimento dei pregiudizi sofferti, ma anzi consente la più ampia valorizzazione di tutte le sue componenti accertate in concreto»[31].
Dunque, il Tribunale di Roma non ha condiviso le indicazioni della Corte di Cassazione ed ha continuato ad applicare le proprie tabelle. Anzi, di esse ha proceduto all’aggiornamento, diffondendo le tabelle di liquidazione del danno biologico elaborate per l’anno 2012 di cui pertanto ha confermato l’adozione[32].
Quanto alla Cassazione, essa menziona le due sentenze del 2011 in taluni obiter dicta.
Così si legge che alle tabelle milanesi « questa Corte ha riconosciuto il rango di parametri di valutazione da utilizzare, pur con gli opportuni adattamenti al caso di specie, in difetto di previsioni normative, al fine di assicurare parità di trattamento nella liquidazione del danno non patrimoniale »[33]: viene richiamata la pronuncia n. 12408/2011, ma il riferimento alle tabelle milanesi quali « parametri di valutazione » potrebbe evocare una soluzione in linea anche con la sentenza n. 14402/2011 per come sopra illustrata. Ancora, alle tabelle milanesi si riferiscono, sia pure per inciso, due successive decisioni della Suprema Corte relative alla liquidazione del danno morale[34]. Nella prima di esse, mentre si precisa che il danno morale, inteso come voce della più ampia categoria del danno non patrimoniale, non è stata cancellato dalle tabelle milanesi, si afferma altresì che queste ultime sono « oggi applicabili, in guisa di uso normativo, alla stregua della citata sentenza 12408/2011, che ne ha consapevolmente e motivatamente espunto un criterio paralegislativo di valutazione cui il giudice di merito dovrà attenersi nella liquidazione del danno non patrimoniale alla persona »[35]. Spicca ed appare suggestivo il riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano « in guisa di uso normativo », qualificazione che potrebbe in astratto giustificare il valore loro attribuito dalla sentenza n. 12408/ 2011. Non è qui possibile approfondire l’argomento; e tuttavia viene da chiedersi se dell’uso normativo possano davvero ricorrere i presupposti quantomeno sotto il profilo della opinio iuris atque necessitatis che deve necessariamente accompagnare la prassi che aspira ad assurgere ad efficacia erga omnes.