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Codice Penale
LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE
TITOLO IX
Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume
[Capo I
Dei delitti contro la libertà sessuale (1)
Art. 519.
Della violenza carnale.
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi si congiunge carnalmente con persona la quale al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole ne è l’ascendente o il tutore, ovvero è un’altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;
3) è malata di mente, ovvero non è in grado di resistergli a cagione delle proprie condizioni d’inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole;
4) è stata tratta in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Art. 520.
Congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale.
Il pubblico ufficiale, che, fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, si congiunge carnalmente con una persona arrestata o detenuta, di cui ha la custodia per ragione del suo ufficio, ovvero con persona che è a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell’autorità competente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di qualsiasi autorità sopra taluna delle persone suddette.
Art. 521.
Atti di libidine violenti.
Chiunque, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, commette su taluno atti di libidine diversi dalla congiunzione carnale soggiace alle pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
Alle stesse pene soggiace chi, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, costringe o induce taluno a commettere gli atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri.
Art. 522.
Ratto a fine di matrimonio.
Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae, o ritiene, per fine di matrimonio, una donna non coniugata, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Se il fatto è commesso in danno di una persona dell’uno o dell’altro sesso, non coniugata, maggiore degli anni quattordici e minore degli anni diciotto, la pena è della reclusione da due a cinque anni.
Art. 523.
Ratto a fine di libidine.
Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae o ritiene, per fine di libidine, un minore, ovvero una donna maggiore di età, è punito con la reclusione da tre a cinque anni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso a danno di persona che non ha ancora compiuto gli anni diciotto, ovvero di una donna coniugata.
Art. 524.
Ratto di persona minore degli anni quattordici o inferma, a fine di libidine o di matrimonio.
Le pene stabilite nei capoversi dei due articoli precedenti si applicano anche a chi commette il fatto ivi preveduto, senza violenza, minaccia o inganno, in danno di persona minore degli anni quattordici o malata di mente, o che non sia, comunque, in grado di resistergli, a cagione delle proprie condizioni di inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole.
Art. 525.
Circostanze attenuanti.
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono diminuite se il colpevole, prima della condanna, senza aver commesso alcun atto di libidine in danno della persona rapita, la restituisce spontaneamente in libertà, riconducendola alla casa donde la tolse o a quella della famiglia di lei, o collocandola in un altro luogo sicuro, a disposizione della famiglia stessa.
Art. 526.
Seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata.
Chiunque, con promessa di matrimonio, seduce una donna minore di età, inducendola in errore sul proprio stato di persona coniugata, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Vi è seduzione quando vi è stata congiunzione carnale.]
(1) Capo abrogato dall’art. 1, Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
Capo II
Delle offese al pudore e all’onore sessuale
Art. 527.
Atti osceni.
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. (1)
Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309.
(1) Questo comma è stato inserito dall’art. 3, comma 22, della L. 15 luglio 2009, n. 94
Art. 528.
Pubblicazioni e spettacoli osceni.
Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.
Tale pena si applica inoltre a chi:
1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo;
2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.
Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell’autorità.
Art. 529.
Atti e oggetti osceni: nozione.
Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
Non si considera oscena l’opera d’arte o l’opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.
[Art. 530.
Corruzione di minorenni. (1)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli 519, 520 e 521, commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni sedici è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni sedici a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole, o su altri.
La punibilità è esclusa se il minore è persona già moralmente corrotta]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
[Art. 531.
Istigazione alla prostituzione e favoreggiamento. (1)
Chiunque, per servire all’altrui libidine, induce alla prostituzione una persona di età minore, o in stato d’infermità o deficienza psichica, ovvero ne eccita la corruzione, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire tremila a diecimila. Se soltanto ne agevola la prostituzione o la corruzione, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire tremila a diecimila.
La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di una minorenne coniugata, ovvero di una persona minore affidata al colpevole per ragione di servizio o di lavoro.
La pena è raddoppiata:
1) se il fatto è commesso in danno di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il padre o la madre adottivi, il marito, il fratello, la sorella, il tutore;
3) se al colpevole la persona è stata affidata per ragione di cura, di educazione, d’istruzione, di vigilanza o di custodia.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
[Art. 532.
Istigazione alla prostituzione di una discendente, della moglie, della sorella. (1)
Chiunque, per servire all’altrui libidine, induce alla prostituzione la discendente, la moglie, la sorella, ovvero l’affine in linea retta discendente, le quali siano maggiori di età, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire tremila a diecimila.
Se il colpevole ha soltanto agevolato la prostituzione, la pena è ridotta alla metà.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
[Art. 533.
Costrizione alla prostituzione. (1)
Chiunque, per servire all’altrui libidine, con violenza o minaccia, costringe una persona di età minore o una donna maggiorenne alla prostituzione è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire cinquemila a quindicimila.
La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di donna coniugata, ovvero di una persona minore affidata al colpevole per ragione di servizio o di lavoro.
La pena è raddoppiata nei casi previsti dai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 531.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
[Art. 534.
Sfruttamento di prostitute. (1)
Chiunque si fa mantenere, anche in parte, da una donna, sfruttando i guadagni che essa ricava dalla sua prostituzione, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire mille a diecimila.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
[Art. 535.
Tratta di donne e di minori. (1)
Chiunque, sapendo che una persona di età minore, o una donna maggiorenne in stato di infermità o deficienza psichica, sarà, nel territorio di un altro Stato, tratta alla prostituzione, la induce a recarvisi, ovvero s’intromette per agevolarne la partenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire tremila.
La pena è raddoppiata nei casi preveduti dai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 531, ovvero se il fatto è commesso in danno di due o più persone, anche se dirette in paesi diversi.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
[Art. 536.
Tratta di donne e di minori, mediante violenza, minaccia o inganno. (1)
Chiunque, sapendo che una persona di età minore, o una donna maggiorenne, sarà, nel territorio di un altro Stato, tratta alla prostituzione, la costringe, con violenza o minaccia, a recarvisi è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire cinquemila.
Alla stessa pena soggiace chi, con inganno, determina una donna maggiorenne a recarsi nel territorio di un altro Stato, ovvero si intromette per agevolarne la partenza, sapendo che all’estero sarà tratta alla prostituzione.
Si applicano i cpvv. dell’art. 533.]
(1) Articolo abrogato dalla Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
Art. 537.
Tratta di donne e di minori commessa all’estero.
I delitti preveduti dai due articoli precedenti sono punibili anche se commessi da un cittadino in territorio estero.
Art. 538.
Misura di sicurezza.
Alla condanna per il delitto preveduto dall’articolo 531 può essere aggiunta una misura di sicurezza detentiva. La misura di sicurezza detentiva è sempre aggiunta nei casi preveduti dagli articoli 532, 533, 534, 535 e 536.
Capo III
Disposizioni comuni ai capi precedenti
[Art. 539.
Età della persona offesa. (1)
Quando i delitti preveduti in questo titolo sono commessi in danno di un minore degli anni quattordici, il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età dell’offeso.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 1, Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
Art. 540.
Rapporto di parentela.
Agli effetti della legge penale, quando il rapporto di parentela è considerato come elemento costitutivo o come circostanza aggravante o attenuante o come causa di non punibilità, la filiazione illegittima è equiparata alla filiazione legittima.
Il rapporto di filiazione illegittima è stabilito osservando i limiti di prova indicati dalla legge civile anche se per effetti diversi dall’accertamento dello stato delle persone.
[Art. 541.
Pene accessorie ed altri effetti penali. (1)
La condanna per alcuno dei delitti preveduti in questo titolo importa la perdita della patria potestà o dell’autorità maritale o l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla cura, quando la qualità di genitore, di marito, di tutore o di curatore è elemento costitutivo o circostanza aggravante.
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 521, 530, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 importa la perdita del diritto dagli alimenti e dei diritti successori verso la persona offesa.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 1, Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
[Art. 542.
Querela dell’offeso. (1)
I delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530 sono punibili a querela della persona offesa.
La querela proposta è irrevocabile.
Si procede tuttavia d’ufficio:
1) se il fatto è commesso dal genitore o dal tutore, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio;
2) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 1, Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
[Art. 543.
Diritto di querela. (1)
Quando la persona offesa muore prima che la querela sia proposta da lei o da coloro che ne hanno la rappresentanza a norma degli articoli 120 e 121, il diritto di querela spetta ai genitori e al coniuge.
Tale disposizione non si applica se la persona offesa ha rinunciato espressamente, o tacitamente al diritto di querelarsi.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 1, Legge 15 febbraio 1996, n. 66.
[Art. 544.
Causa speciale di estinzione del reato. (1)
Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.]
(1) Articolo abrogato dall’art. 1, Legge 5 agosto 1981, n. 442.
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