Anche il risarcimento del danno biologico iure ereditario va personalizzato Cassazione, sez. III, 29 novembre 2011, n. 25215 (M. C. Iannini)

ANCHE IL RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO IURE EREDITARIO VA PERSONALIZZATO

Cassazione, sez. III, 29 novembre 2011, n. 25215

Maria Cristina Iannini

(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 12/2011)

 

 

 

QUAESTIO IURIS

Nell’ambito dell’ampia tematica del danno patrimoniale e non patrimoniale, da sempre dibattuta  è la questione  riguardante il danno da uccisione di un proprio congiunto. La problematicità è correlata al fatto che qui si intrecciano una serie di profili, riguardanti, in particolare, il risarcimento del danno biologico iure ereditario, nonché il relativo criterio di liquidazione.

In linea generale, giova ricordare che la Corte Costituzionale, con una nota pronuncia (sentenza n. 372/1994), aveva seguito una concezione restrittiva del risarcimento, affermando, con riferimento al profilo iure ereditario, che il risarcimento del danno biologico patito dal defunto e, dunque, trasmissibile agli eredi, sussiste solo quando la morte non è istantanea ed intercorre un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte. Ciò sulla considerazione che in caso di morte subitanea non c’è la possibilità di percepire la lesione alla salute che faccia maturare un diritto risarcibile.

In seguito, la giurisprudenza ha cercato di tradurre in termini monetari il pregiudizio discendente da lesioni alla salute con esito mortale, puntando l’attenzione, soprattutto, alla valorizzazione del danno sofferto nell’apprezzabile lasso di tempo che intercorre tra la lesione e la morte.

Precisamente, secondo la Corte di Cassazione (si veda tra le tante, Cass. n. 11003/2003) la valutazione di questo tipo di danno va fatta considerando le peculiarità che la lesione ha sulla salute, posto che, in tale ipotesi, la compromissione dell’integrità psico-fisica è soggetta ad un aggravamento che porta inesorabilmente alla morte. Di conseguenza, non possono trovare applicazione i valori tabellari adottati di solito per la lesione del danno biologico da invalidità temporanea o permanente, validi per quei soggetti che sopravvivono all’evento dannoso, ma la liquidazione del danno terminale deve essere personalizzata e, dunque, opportunamente adeguata al caso specifico (si veda Cass. n. 21497/2009).

I termini del problema sono stati affrontati nuovamente dalla Corte di Cassazione con la recente pronuncia del 29 novembre 2011, n. 25215.

In questa occasione, i giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso presentato dai parenti di un giovane assistente capo della Polizia di Stato, che era morto il giorno dopo essere stato raggiunto da un colpo esploso accidentalmente dalla pistola di un collega e confermato la decisione della Corte d’Appello che aveva ridimensionato l’importo del risarcimento del danno biologico iure hereditatis riconosciuto ai familiari, rilevando che la morte del giovane era sopravvenuta solo dopo un giorno dall’evento lesivo.

In sostanza, per  la  Cassazione la liquidazione del danno biologico iure ereditario deve essere valutata tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, dando, così, continuità a quell’indirizzo secondo il quale la pretesa risarcitoria deve essere quantificata in relazione all’effettiva vita residua goduta dal de cuius e non già sulla base di un calcolo del tutto astratto dell’aspettativa di vita media.

Inoltre, non vi era prova dell’esistenza di un danno patrimoniale subito dai congiunti.

Sul punto, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, mancavano i presupposti di fatto sui quali fondare l’aspettativa di un aiuto economico alla famiglia. Invero, lo stipendio che il giovane percepiva era appena sufficiente per il soddisfacimento dei suoi bisogni e, quindi, non vi era alcuna certezza che egli in futuro potesse offrire un contributo economico ai familiari, né vi era prova che lo stesso intendesse continuare l’attività lavorativa dei genitori.

 

LA SOLUZIONE di Cassazione 29 novembre 2011 n. 25215

Alla luce delle suesposte argomentazioni, i giudici di legittimità precisano che:

1. Con motivazione adeguata i giudici di appello hanno riconosciuto la risarcibilità del danno biologico iure ereditario, ridimensionando il risarcimento liquidato dal primo giudice da Euro 516.457,00 ad Euro 25.000,00.

La Corte territoriale ha tenuto conto del fatto che tra l’evento lesivo e la morte era intercorso meno di un giorno ed ha fatto applicazione di un criterio equitativo che considerava la peculiarità del caso concreto, mediante la personalizzazione dei criteri tabellari utilizzati per la inabilità temporanea.

La decisione impugnata non si discosta dall’orientamento consolidato di questa Corte.

Le censure formulate sul punto sono, pertanto, destituite di ogni fondamento.

2. Per quanto riguarda il mancato riconoscimento del danno patrimoniale, i giudici di appello hanno spiegato le ragioni per le quali il motivo di appello incidentale doveva essere ritenuto inammissibile.

La Corte territoriale non si è sottratta, comunque, ad un esame del materiale probatorio acquisito (anche se tale indagine sarebbe stata del tutto superflua in ragione della inammissibilità del gravame, appena dichiarata). Ed ha rilevato che lo stipendio che il giovane riceveva era appena sufficiente per il soddisfacimento dei suoi bisogni, e che non vi era alcuna certezza che egli in futuro potesse offrire un contributo economico alla famiglia.

Sul punto, con motivazione insindacabile in questa sede, i giudici di appello hanno rilevato le argomentazioni poste a fondamento della domanda dagli originari attori si risolvevano in mere supposizioni, non suffragate da riscontri oggettivi prospettati al giudice di prime cure e modificate in grado di appello

 

 

 

Cassazione, sez. III, 29 novembre 2011, n. 25215

(Pres. Morelli – Rel. Filadoro)

 

 

Svolgimento del processo

Con sentenza del 2 aprile 8 maggio 2009 la Corte di appello di Ancona accoglieva in parte 1 appello del Ministero Interno riducendo l’importo del risarcimento del danno biologico iure hereditatis riconosciuto dal primo giudice ai genitori ed al fratello del giovane morto nell’incidente del (omissis) all’interno della caserma della polizia stradale di Ascoli Piceno (portandolo da 516.457,00 a 25.000,00 in considerazione del fatto che il giovane, assistente capo della polizia di Stato, era stato raggiunto da un colpo di pistola esploso da un collega di lavoro, era deceduto il giorno dopo il ferimento).

Rigettava l’appello incidentale dei parenti della vittima, rilevando che non vi era prova della esistenza di un danno patrimoniale dagli stessi subito.

Il giovane era in servizio di leva prolungata ed il suo inserimento definitivo nella amministrazione era subordinato ad una valutazione discrezionale insindacabile sulla idoneità dello stesso alla ulteriore frequenza del corso per l’ingresso in pianta stabile ed al superamento del corso con il conseguimento del diploma.

Non vi era prova che lo steso intendesse continuare la attività dei genitori (pur avendo frequentato un corso di orafo). I certificati medici prodotti non dimostravano la esistenza di una malattia psichica conseguente della morte del parente.

Avverso tale decisione il fratello ed i genitori di Fr.De.Ri.Al. hanno proposto ricorso per cassazione, sorretto da nove motivi, illustrati da memoria. Vi è controricorso del Ministero Interno.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. con esso si chiede se il danno non patrimoniale da perdita della vita sia danno risarcibile e trasmissibile agli eredi, ovvero se sia legittima la qualificazione di mero danno alla salute (danno biologico) ritenuto insussistente nel caso di specie dal Ministero e dalla Corte di appello.

Il secondo motivo riguarda la violazione o falsa applicazione degli articoli 2059 c.c. 185 c.p. ad avviso dei tre ricorrenti sarebbe del tutto incomprensibile il criterio di liquidazione adottato.

Il terzo motivo sottolinea la contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza del danno “iure ereditario”.

Il quarto motivo deduce la omessa motivazione in ordine alla congruità della liquidazione di 25.000,00 riferita a inabilità temporanea.

La violazione dell’art. 2909 c.c. forma oggetto del quinto motivo, nel quale si sostiene che la decisione del Tribunale su danno morale non era stata impugnata in appello, con la conseguenza che la stessa dovrebbe considerarsi passata in giudicato la condanna al pagamento della somma di Euro 77.469,00 per tale titolo. Erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che tale voce di danno coincidesse con la provvisionale liquidata in sede penale di centocinquantamilioni di lire.

Con il sesto motivo si denuncia la omessa pronuncia su inammissibilità appello per 342 cpc.

Il settimo motivo investe la questione dell’omesso riconoscimento del danno non patrimoniale derivato a genitori e fratello convivente a seguito della morte del figlio/fratello. Con esso si deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 2059 c.c. e degli articoli 112, 115, 116 c.p.c. 2697 c.c.; i parenti avevano chiesto di provare esistenza rapporto parentale, la convivenza con il congiunto e il dolore anche psichico subito in conseguenza della perdita del loro congiunto. I giudici di appello avevano negato ingresso alle relative istanze istruttorie. Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle articolate difese degli attori originari, respingendo l’appello incidentale relativo al mancato riconoscimento del danno patrimoniale, per difetto di specificità del relativo motivo. Il giovane Fr. era in servizio di leva con autorizzazione alla prolunga della ferma. Egli era in possesso di diploma da orafo e dunque in caso di mancata ammissione in ruolo nella Polizia di Stato ben avrebbe potuto lavorare in uno dei due negozi di oreficeria di famiglia. Le richieste di prova testimoniale su questo punto erano state immotivatamente respinte dalla Corte territoriale, la quale ha escluso che gli originari attori avessero dato la dimostrazione di un contributo economico e lavorativo prestato da Al..Fr. alla famiglia fino all’evento morte.

L’ultimo (nono) motivo investe la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. la richiesta di riconoscimento di un danno patrimoniale era stata respinta dai giudici di appello, i quali avevano ritenuto non sufficienti le argomentazioni svolte dagli appellanti incidentali sul punto.

In particolare, ha osservato la Corte anconetana, non era sufficiente la semplice deduzione che il giudice di primo grado avrebbe errato sul punto. A pena di inammissibilità della impugnazione, occorreva invece indicare le ragioni concrete per le quali si chiedeva il riesame anche su questo punto specifico.

I motivi dal primo al quarto possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra di loro. Deve innanzi tutto rilevarsi che i giudici di appello si sono limitati ad osservare che la decisione del primo giudice – che aveva liquidato in 77.469.00 Euro il risarcimento del danno morale spettante ai congiunti della vittima – non era stata sottoposta a specifico gravame del Ministero dell’interno.

Sicché la relativa statuizione doveva ritenersi passata in giudicato.

Tale importo, ha segnalato la stessa Corte, coincideva con quanto riconosciuto a titolo di provvisionale dal Pretore penale di Ascoli Piceno, ma non coincideva con questa.

Con motivazione adeguata i giudici di appello hanno riconosciuto la risarcibilità del danno biologico iure ereditario, ridimensionando il risarcimento liquidato dal primo giudice da Euro 516.457,00 ad Euro 25.000,00.

La Corte territoriale ha tenuto conto del fatto che tra l’evento lesivo e la morte era intercorso meno di un giorno ed ha fatto applicazione di un criterio equitativo che considerava la peculiarità del caso concreto, mediante la personalizzazione dei criteri tabellari utilizzati per la inabilità temporanea.

La decisione impugnata non si discosta dall’orientamento consolidato di questa Corte.

Le censure formulate sul punto sono, pertanto, destituite di ogni fondamento.

Per quanto riguarda il mancato riconoscimento del danno patrimoniale, i giudici di appello hanno spiegato le ragioni per le quali il motivo di appello incidentale doveva essere ritenuto inammissibile.

La Corte territoriale non si è sottratta, comunque, ad un esame del materiale probatorio acquisito (anche se tale indagine sarebbe stata del tutto superflua in ragione della inammissibilità del gravame, appena dichiarata). Ed ha rilevato che lo stipendio che il giovane riceveva era appena sufficiente per il soddisfacimento dei suoi bisogni, e che non vi era alcuna certezza che egli in futuro potesse offrire un contributo economico alla famiglia.

Sul punto, con motivazione insindacabile in questa sede, i giudici di appello hanno rilevato le argomentazioni poste a fondamento della domanda dagli originari attori si risolvevano in mere supposizioni, non suffragate da riscontri oggettivi prospettati al giudice di prime cure e modificate in grado di appello.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi, in relazione alle questioni dibattute, per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese del giudizio di cassazione

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