LA TERRITORIALIZZAZIONE DEL PATTO DI STABILITÀ PER GLI ENTI LOCALI DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 22 luglio 2011, n. 229
Dario Immordino
La territorializzazione delle regole del Patto di stabilità non consente ai legislatori delle Regioni, ivi comprese quelle ad autonomia differenziata, di modificare i termini per la trasmissione dei dati relativi alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica in misura tale da alterare lo svolgimento armonico e coordinato di tutte le procedure atte a rendere concreto l’impegno di stabilizzazione della finanza pubblica. Ciò perché la puntuale conoscenza delle condizioni finanziarie degli enti si rivela fondamentale al fine di garantire il coordinamento dei programmi e dell’andamento economico finanziario e patrimoniale di tutti i soggetti istituzionali ed un agevole consolidamento dei conti pubblici, nonché allo scopo di assicurare una vigilanza effettiva sulla copertura finanziaria garantita dei livelli essenziali delle prestazioni e, quindi, sull’esito delle politiche pubbliche In tal senso tempi non coordinati delle attività di monitoraggio possono provocare difficoltà operative e incompletezza della visione d’insieme, presupposto indispensabile per il conseguimento dell’obiettivo del mantenimento dei saldi di finanza pubblica. Motivo per cui, di fronte a simili fondamentali esigenze, la specialità finanziaria “cede” dinanzi al potere di coordinamento statale, atteso che le prerogative connesse alla differenziazione sono finalizzate ad adattare la disciplina del regime comune alle peculiarità del contesto socio-economico di riferimento di determinate realtà territoriali, ma soggiacciono comunque ai limiti connessi alle esigenze di unità dell’ordinamento giuridico. Lo ha rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 229/2011, originata dalla questione di legittimità costituzionale proposta dal Governo nazionale avverso le disposizioni con le quali la Regione Sardegna, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità regionale, consentiva agli enti locali di trasmettere all’Assessorato regionale competente le richieste di modifica degli obiettivi entro il 30 settembre di ciascun anno, e per l’anno 2010, in sede di prima applicazione, permtteva alle autonomie territoriali di trasmettere le richieste di modifica entro sette giorni dall’entrata in vigore della nuova disciplina (legge regionale 19 novembre 2010, n. 16). La declaratoria di illegittimità delle disposizioni regionali si fonda sulla constatazione che la disciplina ivi contenuta non è conforme alle disposizioni statali che fissano le scadenze entro le quali devono essere effettuate la rimodulazione e la conseguente comunicazione degli obiettivi dei singoli enti locali al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (art. 7-quater, comma 7, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 , Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 aprile 2009, n. 33). In particolare, l’asimmetria tra il termine previsto dal legislatore statale (mese di maggio di ciascuno degli anni 2009/2011) e quello consentito dalla disciplina regionale (30 settembre di ciascun anno, escluso il 2010) ostacola l’efficiente monitoraggio del patto di stabilità interno, posto a salvaguardia dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Nella motivazione della sentenza riecheggia il consolidato orientamento del Giudice delle leggi secondo cui le disposizioni statali volte a garantire il coordinamento finanziario di tutti i soggetti istituzionali devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica (sentenza n. 416 del 1995 e successivamente, anche se non con specifico riferimento alle Regioni a statuto speciale, le sentenze n. 417 del 2005 e nn. 353, 345 e 36 del 2004). E’ vero che tale obbligo deve essere contemperato e coordinato con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette Regioni, in forza dei loro statuti, ma la salvaguardia dei poteri e delle prerogative di specialità finanziaria è garantita attraverso la previsione normativa del metodo dell’accordo tra le Regioni a statuto speciale e il Ministero dell’economia e delle finanze, e non può mai assumere una consistenza tale da pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di stabilizzazione del sistema finanziario complessivo. In altri termini, mentre alle Regioni ordinarie i vincoli e le regole del Patto di stabilità funzionali a garantire il coordinamento della finanza pubblica si applicano in via diretta e senza alcuna possibilità di trattativa, la legittimità dell’applicazione delle disposizioni di coordinamento alle regioni ad autonomia differenziata è subordinata al rispetto del metodo concertativo, dato che la necessità di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall’esigenza di rispettare l’autonomia finanziaria di questi ultimi. Ciò posto, tuttavia, il principio unitario, con i connessi vincoli solidaristici, si traduce in una compressione delle prerogative speciali di autonomia finanziaria in vista del perseguimento di obiettivi comuni all’intera Nazione Il fondamento di questa prevalenza poggia sulla considerazione che in un ordinamento unitario è indispensabile il concorso di tutti i livelli di governo al perseguimento e alla realizzazione degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, soprattutto a seguito dell’ingresso del Paese nella Unione economica e monetaria a cui si ricollega, fra i tanti, l’obbligo di uniformazione a criteri generali e specifici di contenimento e razionalizzazione delle spese pubbliche. La finanza delle Regioni a statuto speciale è parte della “finanza pubblica allargata” nei cui riguardi lo Stato “aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell’esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei”, come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno. Motivo per cui anche questi enti, al pari degli altri, sono coinvolti nell’opera di risanamento della finanza pubblica, che “richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria delle regioni non può fungere da impropria giustificazione per una singolare esenzione”.Per quanto specificamente concerne la territorializzazione del Patto di stabilità i legislatori delle regioni ad autonomia differenziata sono legittimati a introdurre modifiche agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica degli enti locali imposti dal legislatore statale, attraverso i meccanismi della compensazione orizzontale e verticale, ma non possono derogare ai saldi complessivi imposti dalla legge nazionale, né ad altri principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. In altri termini le regioni, comprese quelle a statuto speciale, possono integrare le regole e modificare i vincoli del Patto, adattandoli alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti, fermi restando le disposizioni statali in materia di monitoraggio e sanzioni e l’importo dell’obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali di ciascuna regione.In merito la normativa in materia delinea due modalità di regionalizzazione: una verticale ed una orizzontale. La prima concerne la possibilità per le regioni di autorizzare gli enti locali residenti sul proprio territorio a peggiorare il saldo programmatico attraverso un aumento dei pagamenti in conto capitale, compensato da una riduzione, per lo stesso importo, dell’obiettivo programmatico della regione stessa, in termini di cassa o di competenza. La regionalizzazione “orizzontale” consente alle regioni di operare compensazioni fra gli obiettivi di province e comuni, fermi restando le disposizioni statali in materia di monitoraggio e sanzioni e l’importo dell’obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali di ciascuna regione. In sostanza attraverso il primo meccanismo la Regione può compensare la deroga agli obiettivi imposti alle amministrazioni locali mediante la riduzione dei costi a carico del proprio bilancio, in virtù della territorializzazione orizzontale la compensazione avviene attraverso la rimodulazione degli obiettivi di spesa degli altri enti locali del territorio regionale. Nei casi di rideterminazione degli obiettivi da parte delle regioni il saldo 2011 da considerare sarà, dunque, quello risultante dalla somma fra saldo obiettivo finale e la variazione determinata in base al Patto regionale, verticale e/o orizzontale. In definitiva la possibilità di territorializzare le regole di buon andamento finanziario consente ai legislatori regionali di modificare in senso migliorativo o peggiorativo gli obiettivi di Patto dei singoli comuni e province del proprio territorio (garantendo in ogni caso l’obiettivo aggregato del relativo comparto di livello regionale), e di prevedere per gli enti virtuosi maggiori punteggi nei bandi per la concessione di finanziamenti specifici, ovvero altre premialità, ma non di dilazionare i termini per la trasmissione dei dati relativi alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica in misura tale da alterare i delicati equilibri del sistema di monitoraggio e controllo dei conti pubblici. Ciò perché la competenza statale a fissare una tempistica uniforme per tutte le Regioni, circa la trasmissione di dati attinenti alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica costituisce fondamentale espressione delle esigenze di coordinamento, specie in un ambito – come quello del patto di stabilità interno – strettamente connesso alle esigenze di rispetto dei vincoli comunitari. L’assunto di fondo è evidente: la tempistica della trasmissione dei dati concernenti l’ottemperanza ai parametri del Patto di stabilità costituisce un fondamentale strumento di coordinamento finanziario, diretto a garantire alle autorità competenti la disponibilità preventiva di dati certi e completi, indispensabile premessa per la determinazione del quadro finanziario nazionale, da inserirsi a sua volta in quello europeo.
Non è pertanto accettabile che i termini per la comunicazione dei dati, che le singole Regioni, anche a statuto speciale, fissano al proprio interno, nei rapporti con gli enti locali, siano successivi a quelli stabiliti su base nazionale. Non le singole date – stabilite ed eventualmente modificate dalle leggi statali – costituiscono principi fondamentali, ma il necessario allineamento cronologico, che consenta lo svolgimento armonico e coordinato di tutte le procedure atte a rendere concreto l’impegno ad osservare il patto di stabilità.