Intermediazione finanziaria. Per gli ordini di investimento è necessaria la forma scritta? Cassazione, sez. I, 13 gennaio 2012, n. 384

INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA. PER GLI ORDINI DI INVESTIMENTO È NECESSARIA LA FORMA SCRITTA?

Cassazione, sez. I, 13 gennaio 2012, n. 384

 

La forma scritta è richiesta per la validità del c.d. contratto-quadro col quale l’intermediario si obbliga a prestare il servizio di negoziazione di strumenti finanziari in favore del cliente, ma non anche per i singoli ordini che, in base a tale contratto, vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario medesimo, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma.

Il contratto-quadro, ossia il rapporto continuativo di prestazione di servizi di intermediazione, ha natura di contratto di mandato per la negoziazione di strumenti finanziari, mentre gli ordini di acquisto dei singoli titoli da parte del cliente non costituiscono proposte di mandato aventi autonoma valenza contrattuale, ma sono istruzioni del mandante al mandatario per l’esecuzione del mandato, annoverabili nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione, la ricorrente deduce che non esiste alcuna norma – né nell’ambito del d.lgs. 1996/415, sotto il cui vigore è stato impartito l’ordine di acquisto del 5 giugno 1997, né in quello del d.lgs. 1998/58, regolante la disciplina dell’ordine impartito il 10 settembre 2001 – che stabilisca che detti momenti attuativi del contratto-quadro debbano rivestire la forma scritta ad substantiam. Al contrario, il Regolamento Consob n. 10943 del 30 settembre 1997, nel disciplinare il singolo servizio, dispone che nel contratto scritto debbano essere indicate “le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini o servizi” e il successivo Regolamento Consob n. 11522 del 1998 lascia alle parti la libertà di determinare la forma in cui devono essere impartiti i singoli ordini (art. 30, comma 2, lett. c).

 

 

Cassazione, sez. I, 13 gennaio 2012, n. 384

(Pres. Proto – Rel. Schirò)

 

Svolgimento del processo

Con sentenza del 13 febbraio 2006 il Tribunale di Treviso, in accoglimento della domanda proposta da P.M. e M.A. nei confronti della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a., con citazione notificata il 5 luglio 2005, dichiarava la nullità di due ordini di acquisto di obbliga/ioni emesse dalla Repubblica Argentina, eseguiti dalla menzionata banca per lire 280.000.000 in data 5 giugno 1997 e per Euro 38.916,83 in data 10 settembre 2001, in quanto privi della sottoscrizione degli attori e quindi di forma scritta, prevista a pena di nullità del contratto dall’art. 18 del d.lgs. n. 415 del 1996 e dall’art. 23 del d. lgs. n. 58 del 1998, e condannava l’istituto di credito convenuto a restituire agli attori medesimi le somme prelevate dal loro conto per eseguire l’acquisto delle obbligazioni, con gli interessi legali decorrenti dalla data degli, ordini a norma dell’art. 2033 c.c., dovendosi escludere la buona fede della banca.

A seguito di impugnazione della banca soccombente e nel contraddittorio con gli appellati, la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 19 novembre 2007 e in parziale riforma della decisione di primo grado, condannava la banca appellante a restituire al P. e alla M. la somma di Euro 196.960,21 con gli interessi legali dal 5 luglio 2005, data della domanda, fino al saldo, rigettando nel resto il gravame della Cassa di Risparmio appellante. A fondamento della decisione, la Corte territoriale così argomentava:

a) doveva condividersi l’orientamento espresso dal primo giudice, nel senso che le norme che disciplinano l’acquisto di titoli obbligazionari e la prestazione di servizi finanziari prevedono la necessità della forma scritta ad substantiam non solo per i cosiddetti contratti-quadro, in base ai quali l’intermediario si obbliga a prestare il servizio di investimento, ma anche per i singoli contratti di acquisto dei titoli, tenuto comunque conto che per l’acquisto delle obbligazioni effettuato il 5 giugno 1997 non era stato nemmeno prodotto in giudizio il contratto-quadro;

b) ai fini della validità o della convalida dei suddetti acquisti di obbligazioni argentine, era priva di rilevanza la lettera inviata dalla M. il 5 dicembre 2003, contenente eventualmente una confessione stragiudiziale circa la sottoscrizione dell’acquisto di bond argentini in data 10 settembre 2001, ma inidonea a sopperire alla mancanza del requisito della forma scritta, così come irrilevanti erano gli estratti conto bancari pervenuti agli acquirenti e da ritenersi da loro tacitamente approvati;

c) ininfluente era la cessazione per la banca, in applicazione di normativa interna, dell’obbligo di conservazione degli ordini scritti impartiti dai clienti dopo il decorso di cinque anni dall’estinzione del rapporto, così come prive di influenza erano le prove orali formulate dall’appellante, in quanto contrarie al disposto di cui all’art. 2725 c.c. e comunque attinenti a circostanze risultanti dai documenti prodotti;

– meritava accoglimento la doglianza relativa alla decorrenza degli interessi, erroneamente fissata dal primo giudice dalla data degli ordini in considerazione della mal a fede della banca, che nella specie doveva invece essere esclusa.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, sulla base di tre motivi la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a..

Resistono con controricorso e memoria il P. e la M., i quali propongono anche ricorso incidentale, sulla base di un motivo, a cui resiste a sua volta con controricorso la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo.

All’odierna udienza è stata disposta, a norma dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, aventi ad oggetto l’impugnazione della medesima sentenza.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità dell’atto di costituzione ex art. 111 c.p.c. di Intesa Sanpaolo Private Banking, quale successore a titolo particolare della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a., e del conferimento di nuovo mandato difensivo, effettuati con memoria in data 23 giugno 2011 m forza di procura speciale apposta a margine della memoria medesima. Infatti, nel giudizio di cassazione, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83, comma 3, c.p.c., nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del citato articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore nominato con il ricorso, non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione – dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso e non soggetto agli eventi di cui agli artt. 299 e segg. c.p.c. -il deposito di un atto redatto dal nuovo difensore su cui possa essere apposta la procura speciale (Cass. 2007/13086; 2010/23816). Non rileva nella specie il nuovo disposto dell’art. 83, comma 3, c.p.c. (modificato dall’art. 45, comma 9, lett. a), della legge n. 69 del 2009), che consente l’apposizione della procura speciale anche in calce o a margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato, ma che si applica, a norma dell’art. 58, comma 1, della citata legge, ai giudizi instaurati nella fase di merito dopo la data di entrata in vigore della legge medesima (4 luglio 2009).

2. Con il primo motivo del ricorso principale la banca ricorrente -denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 18 del d.lgs. 25 luglio 1996 n. 415 e dell’art. 23 del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, in relazione agli artt. 1350, 1352 e 1418 c.c., ed enunciando il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se l’ordine di investimento impartito nell’ambite) di un rapporto di intermediazione finanziaria debba essere impartito per iscritto a pena di nullità ovvero se, come qui sostenuto, l’ordine sia negozio a forma libera” – censura la sentenza impugnata, per avere la Corte di appello di Venezia, al pari del giudice di primo grado, ritenuto che gli artt. 18 e 23 sopra menzionati impongono la forma scritta a pena di nullità non solo del cosiddetto contratto-quadro, con il quale l’intermediano si obbliga a prestare il servizio d’investimento, ma anche dei singoli contratti di acquisto dei titoli.

Premesso che il contratto-quadro, ossia il rapporto continuativo di prestazione di servizi di intermediazione, ha natura di contratto di mandato per la negoziazione di strumenti finanziari, mentre gli ordini di acquisto dei singoli titoli da parte del cliente non costituiscono proposte di mandato aventi autonoma valenza contrattuale, ma sono istruzioni del mandante al mandatario per l’esecuzione del mandato, annoverabili nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione, la ricorrente deduce che non esiste alcuna norma – né nell’ambito del d.lgs. 1996/415, sotto il cui vigore è stato impartito l’ordine di acquisto del 5 giugno 1997, né in quello del d.lgs. 1998/58, regolante la disciplina dell’ordine impartito il 10 settembre 2001 – che stabilisca che detti momenti attuativi del contratto-quadro debbano rivestire la forma scritta ad substantiam. Al contrario, il Regolamento Consob n. 10943 del 30 settembre 1997, nel disciplinare il singolo servizio, dispone che nel contratto scritto debbano essere indicate “le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini o servizi” e il successivo Regolamento Consob n. 11522 del 1998 lascia alle parti la libertà di determinare la forma in cui devono essere impartiti i singoli ordini (art. 30, comma 2, lett. c).

La banca ricorrente soggiunge che i clienti P. -M. non hanno neppure provato che il contratto-quadro abbia introdotto una forma scritta convenzionale ex art. 1352 c.c., mentre dalla stessa banca è stato prodotto in atti il contratto per la prestazione di servizi di investimento concluso tra le parti il 19 aprile 1999, a mente del quale “gli ordini sono conferiti di norma per iscritto. Per gli ordini impartiti con altra modalità (ad es. fax, telex, home banking ecc.) essi risultano dalle relative annotazioni eseguite dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a.”.

3. Il motivo è fondato. Gli ordini di acquisto, impartiti il 5 giugno 1997 e il 10 settembre 2001, sono rispettivamente regolati, ratione temporis, dall’art. 18 del d. lgs. 23 Iugliol996, n. 415 e dall’art. 23 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, i quali dispongono che i contratti relativi ai servizi di investimento previsti nei decreti medesimi sono redatti in forma scritta, con consegna di un esemplare ai clienti, e che in caso d’inosservanza della forma prescritta il contratto è mallo, potendo tuttavia tale nullità essere fatta valere solo dal cliente (cosiddetta nullità relativa o anche nullità di protezione). Sennonché, la prestazione dei servizi d’investimento – ed in particolare di quello di negoziazione, che qui interessa – si svolge di regola secondo una sequenza che prevede la stipulazione di un contratto (il c.d. contratto-quadro) volto a disciplinare i termini dello svolgimento successivo del rapporto, al quale fanno poi seguito i singoli ordini d’investimento (o disinvestimento) impartiti dal cliente all’intermediario. È controverso in dottrina e nella giurisprudenza di merito se le citate disposizioni che assoggettano i contratti d’investimento al requisito della forma scritta, a pena di nullità, siano riferibili unicamente al contratto-quadro, o anche ai successivi atti negoziali aventi ad oggetto i singoli ordini del cliente che l’intermediario è tenuto ad eseguire.

La prima delle due indicate opzioni interpretative è però da preferire, come è reso evidente anche dalla formulazione adoperata negli artt. 30 del Regolamento Consoli, n. 10943 del 30 settembre 1997 – di poco successivo alla prima delle due operazioni di investimento qui prese in esame, effettuata il 5 giugno 1997, ma che certamente chiarisce la portata del menzionato art. 18 del d. lgs. 2006/415 – e del Regolamento Consob 1 luglio 1998, n. 11522, anteriore alla seconda operazione effettuata il 10 settembre 2001, i quali, impostando il tema dal punto di vista degli obblighi comportamentali gravanti sugli intermediari autorizzati, stabiliscono che costoro non possono prestare i propri servizi se non “sulla base di un apposito contratto scritto. Da tale espressione si ricava agevolmente come il requisito della forma scritta riguardi il c.d. contratto-quadro, che è appunto quello “sulla base” del quale l’intermediario esegue gli ordini impartiti dal cliente, e non anche il modo di formulazione degli ordini medesimi. Le modalità di tali ordini ed istruzioni, viceversa, devono essere indicate nel medesimo contratto-quadro (artt. 30, citati, comma 2), e quindi, lungi dall’essere soggette ad una qualche forma legalmente predeterminata, sono rimesse alla libera determinazione negoziale delle parti.

3.1. Ad ulteriore conferma di tale conclusione può aggiungersi che l’art. 39 della sopravvenuta direttiva n. 2006/73/CE fa obbligo agli Stati membri di subordinare la prestazione dei servizi d’investimento (diversi dalla consulenza) alla conclusione, tra l’intermediario ed un “nuovo” cliente al dettaglio, di “un accordo di base scritto su carta o altro supporto durevole, dal quale risultino i diritti e gli obblighi essenziali dei contraenti (eventualmente determinabili anche per relationem ad altri documenti o testi giuridici). Anche da tale ultima disposizione il requisito della forma scritta (o equivalente) è riferito unicamente al tipo di accordo corrispondente al contratto-quadro, ma non anche agli altri successivi atti negoziali posti in esser sulla base di esso. Infatti, detto requisito è prescritto soltanto per l’instaurazione di rapporti con nuovi clienti e ciò sta chiaramente a significare che il legislatore Europeo ha avuto riguardo al momento in cui per la prima volta s’instaura il rapporto tra intermediario e cliente, senza richiedere un analogo requisito formale per i contatti ulteriori, come quelli che si realizzano in occasione degli ordini impartiti in un momento successivo da chi la qualifica di cliente abbia già assunto. Ma, nell’adeguarsi a queste disposizioni, il legislatore italiano non ha ritenuto opportuno modificare il testo previgente dell’art. 23 del d. lgs. n. 58 del 1998 ed anche la Consob, nell’emanare il nuovo regolamento n. 16190 del 2007, vi ha introdotto disposizioni (art. 37) sotto questo profilo del tutto analoghe a quelle contenute nei citati artt. 30 dei regolamenti anteriori. Ciò conferma la circostanza che già nel vigore di tali precedenti disposizioni il requisito della forma scritta doveva ritenersi necessario unicamente per il c.d. contratto-quadro. 3.2. In tale contesto è del pari evidente come le ulteriori norme rispettivamente previste dagli artt. 29 e 60 dei citati regolamenti Consob 1997/10943 e 1998/11522, nel fare obbligo agli intermediari di registrare su nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori, da un lato servono a ribadire la piena legittimità di ordini telefonici e, per altro verso, si limitano a dettare una regola destinata a garantire ex post la ricostruibilità del contenuto di tali ordini e quindi operante sul piano della prova, ma non volta ad introdurre una prescrizione di forma ad substantiam acti.

Va perciò affermato il principio di diritto – a cui la Corte di merito non si è attenuta nella sentenza in questa sede impugnata – che la forma scritta è richiesta per la validità del c.d. contratto-quadro col quale l’intermediario si obbliga a prestare il servizio di negoziazione di strumenti finanziari in favore del cliente, ma non anche per i singoli ordini che, in base a tale contratto, vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario medesimo, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma.

3.3. La Corte di appello di Venezia, oltre a ritenere che, in difetto di forma scritta degli ordini di acquisto da parte del cliente, gli acquisti stessi erano da considerare irrimediabilmente nulli, ha verificato nella sentenza impugnata, con accertamento incidentale (pag. 11), che “per l’acquisto delle obbligazioni in data 5.6.1997 non e stato prodotto nemmeno il c.d. contratto-quadro”.

Non risulta però in atti che una simile prospettazione sia stata formulata dagli attori nel corso del giudizio di merito, o quanto meno non risulta che essa sia stata dedotta per fondarvi un’esplicita eccezione di nullità, indispensabile quando si tratti di un’ipotesi di nullità relativa, quale è quella prevista dal citato art. 18 del d.lgs. 1996/415. Al contrario, sia dal tenore della sentenza impugnata, che dall’esposizione dei fatti processuali contenuta nello stessei ricorso per cassazione si desume che la pretesa restitutoria avanzata dagli attori era fondata unicamente sul difetto di forma scritta dei singoli ordini di acquisto.

3.4. Le ulteriori considerazioni difensive svolte dalla banca nel primo motivo del proprio ricorso – in particolare con riferimento al contenuto del contratto per la prestazione di servizi di investimento concluso tra le parti il 19 aprile 1999, che la sentenza impugnata non ha posto a fondamento della propria decisione e in forza del quale solo di norma gli ordini dovrebbero essere conferiti per iscritto, potendo gli stessi essere impartiti con altra modalità (ad es. fax, telex, home banking ecc.) e risultare dalle relative annotazioni eseguite dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a., restando così consentita “assoluta libertà di forma degli ordini” del cliente – restano assorbite e comunque attengono al merito della controversia e come tali sono inammissibili in sede di legittimità.

4. In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, resta assorbito il secondo motivo dello stesso ricorso, con il quale la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1832 c.c., in relazione agli artt. 1857 e 2034 c.c., deducendo che i prezzi di acquisto dei titoli argentini sono stati addebitati su conti correnti intestati ai clienti P. e M. e successivamente estinti e che i titoli acquistati sono stati registrati negli estratti dei conti di deposito titoli regolarmente inviati al domicilio dei clienti, senza che nessuna contestazione o eccezione sia mai stata sollevata dai correntisti/investitori, neppure con l’atto di citazione introduttivo del giudizio, in relazione alle rendicontazioni periodiche inviate dalla banca.

5. È da ritenersi assorbito anche il terzo motivo del ricorso principale, con il quale la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2725 e.e, in relazione agli artt. 2724 n. 3 c.c. e 69 Reg. Consob 11522/98, deducendo che, ai sensi della citata disposizione regolamentare, l’intermediario ha l’onere di conservare la documentazione relativa agli ordini impartiti dai clienti per un periodo di cinque anni dall’estinzione del rapporto, di modo che il mancato possesso della documentazione cartacea relativa all’ordine del 5 luglio 1997, contabilizzato nel dossier estinto nel giugno 1999, costituiva una legittima situazione giuridica soggettiva, dalla quale non si potevano trarre conseguenze in pregiudizio della banca.

6. Va altresì dichiarato assorbito l’unico motivo di ricorso incidentale, con il quale i controricorrenti P. e M. denunciano vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e censurano la sentenza impugnata, per avere la Corte di appello, in accoglimento della doglianza della banca e in riforma della sentenza di primo grado, disposto, ai sensi dell’art. 2033 c.c., la decorrenza degli interessi legali sulle somme dovute in restituzione dalla data della domanda e non dalle date degli ordini di acquisto, avendo escluso che nell’operato della banca potesse ravvisarsi mal a fede, in considerazione del fatto che l’enunciazione delle norme sulla necessità della forma scritta per i servizi di investimento può aver generato difformità di interpretazioni.

7. Le argomentazioni che precedono conducono all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, restando assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale. Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata in ordine alla censura accolta. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto, in applicazione del principio di diritto enunciato al precedente paragrafo 3.2, della domanda formulata dagli attori. L’andamento complessivo del giudizio e la particolare complessità delle questioni di diritto affrontate — oggetto di non univoca interpretazione da parte della giurisprudenza di merito e della dottrina – giustificano la totale compensazione tra le parti delle spese processuali relative sia ai gradi merito che alla fase di legittimità.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da M..P.  e M.A.. Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio

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