RICETTAZIONE. COMMERCIALIZZA UN FARMACO UGUALE AL VIAGRA: DIRITTO DI BREVETTO VIOLATO
Cassazione, sez. II, 14 febbraio 2012, n. 5573
(Pres. Carmenini – Rel. Macchia)
Ritenuto in fatto
1. F..B. e L..L. hanno proposto ricorso per cassazione per mezzo dei rispettivi difensori, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 30.9.2010, che in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Modena per i reati di ricettazione come agli stessi ascritti nella rubrica accusatola, ridusse la pena inflitta al B. a mesi uno di reclusione ed Euro 100 di multa, sostituendo la pena detentiva con la pena pecuniaria corrispondente ai sensi dell’art. 53 L. 689/1981, e concesse ad entrambi il beneficio della sospensione condizionale, confermando nel resto la sentenza impugnata.
2. I reati erano stati contestati agli imputati nella qualità di titolari di farmacie, per avere entrambi acquistato quantitativi di “Sildenafil Citrato”, specialità medicinale tutelata da brevetto, presso la ditta “Agrar”, produttore diverso dalla società titolare del diritto di esclusiva, la Pfizer Inc., costituitasi parte civile. La Corte di merito ribadiva che la violazione del diritto di brevetto comportava la provenienza delittuosa del prodotto, con la conseguente integrazione del reato di cui all’art. 648 c.p..
3. Deduce, la difesa del B. :
a) con il primo motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 606 lett. b) e c) c.p.p., in relazione agli artt. 178, 179, 552, 171 e 164 c.p.p., per avere i giudici di appello disatteso l’eccezione di nullità del giudizio di primo grado in conseguenza dell’erroneo notificazione del relativo decreto al ricorrente presso il difensore di fiducia e non presso il domicilio dichiarato; si tratterebbe infatti di una nullità assoluta ed insanabile, deducibile senza preclusioni di sorta in qualunque grado del giudizio;
b) con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza e la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi delle lettere b) ed e) dell’art. 606 c.p.p., con riferimento alla ritenuta configurabilità del delitto di ricettazione. Sarebbe al riguardo arbitraria l’automatica inferenza logica dell’illecita provenienza del “Sildenafil”, dalla circostanza che la ditta Agrar non era licenziataria del prodotto, perché ciò non escluderebbe che la stessa ditta potesse disporne commercialmente in modo del tutto lecito. Il contrario non potrebbe desumersi dalla circostanza, peraltro nemmeno essa provata, che la soc. Pfizer detenesse l’esclusiva della commercializzazione del prodotto e non avesse mai concesso a terzi la licenza per distribuire il principio attivo in contestazione, né dalla pubblicità diffusa al riguardo dalla stessa società;
c) ancora la difesa censura la sentenza sotto gli stessi profili di legittimità in ordine alla valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico del reato, trascurando che il quantitativo di 50 gr. Di Sildenafil rinvenuto nella sua farmacia corrispondeva al quantitativo minimo deciso dalla soc Agrar per ogni fornitura, come risulterebbe anche dalla deposizione del teste S. , dipendente della farmacia; e trascurando altresì, che l’ordine era stato effettuato telefonicamente e avrebbe potuto essere deciso autonomamente da qualunque impiegato.
d) Il profilo del dolo è sviluppato con il quarto motivo, dove la contestazione, sotto il profilo logico giuridico, delle deduzioni contenute nella sentenza sulla necessaria consapevolezza, da parte del B. , dell’illecita, provenienza del prodotto, sulla base delle circolari della Federfarma distribuite negli esercizi farmaceutici il primo argomento essendo fondato su una circostanza rimasta non provata, e cioè che le circolari in questione fossero pervenute anche alla farmacia del ricorrente, il secondo essendo soltanto apodittico.
e) ad analoghi rilievi si esporrebbe poi la motivazione della sentenza nella parte in cui afferma che la responsabilità del B. sarebbe ravvisabile anche a titolo di omesso controllo sull’acquisto, e che egli avrebbe comunque prestato il proprio consenso alla fornitura anche se avesse avuto piena consapevolezza della situazione di illegalità in cui il prodotto veniva commercializzato.
f) Ingiustificata sarebbe alla stregua del quinto motivo, anche la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 nr. 4 c.p., per la ragione che nessun danno sarebbe riconducibile al momento dell’acquisto; la Corte territoriale avrebbe dovuto concentrare la propria attenzione esclusivamente sul valore del prodotto e sul danno direttamente riferibile all’acquisto, senza estendere le proprie valutazioni alle conseguenze “indirette” del fatto, come la creazione di un mercato parallelo illegale di distribuzione di prodotti analoghi al Viagra;
g) In punto di trattamento sanzionatorio la sentenza sarebbe infine viziata da errore di diritto e carenza e illogicità della motivazione anche in ordine alla valutazione dei generali criteri direttivi fissati dall’art. 1333 c.p., e alla contraddittoria valorizzazione della presunta intensità del dolo ai fini della negata applicabilità del minimo edittale.
4. Il ricorso proposto nell’interesse della L. è esclusivamente incentrato sul vizio di violazione di legge, dedotto ex art. 606 lett. b) c.p.p., in relazione agli artt. 1 co 3 lett. b) DPR 22.6.1979 e 648 c.p., con riguardo alla cosiddetta eccezione galenica. La Corte territoriale avrebbe sbrigativamente eluso il problema rilevando che le c.d. preparazioni “magistrali” di prodotti farmaceutici presupporrebbero che il farmacista sia in grado di preparare personalmente il prodotto, non potendo comunque acquistarlo presso soggetto diverso dal licenziatario. L’argomento è ampiamente sviluppato con considerazioni di carattere tecnico e con l’approfondimento degli aspetti normativi di interesse.
5. Ha resistito ai ricorsi la parte civile Pzifer s.r.l., depositando memoria scritta.
Considerato in diritto
1. Si deve preliminarmente rilevare che le difese hanno sottoposto all’attenzione di questa Corte argomenti meritevoli di considerazione, con la conseguenza che i ricorsi non possono ritenersi inammissibili. Ciò comporta che per il reato ascritto alla L. sia medio tempore decorso il relativo termine prescrizionale, imponendosi quindi senz’altro la relativa declaratoria.
1.1. Vanno peraltro confermate le statuizioni civili adottate anche nei confronti della L. , dovendosi per quel che qui interessa rilevare l’infondatezza delle deduzioni difensive relative alla c.d. eccezione galenica. Posto che i diritti di brevetto per invenzione industriale consistono nella facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trame profitto nel territorio dello Stato, entro i limiti e alle condizioni previste dalla legge (art. 1, comma 1, Legge – Invenzioni), occorre preliminarmente definire la portata dell’eccezione, introdotta dopo che la Corte costituzionale con sentenza n. 20 del 20.3.1978 aveva rimosso dall’ordinamento il divieto di brevetti per i medicamenti, previsto dall’art. 14 della Legge – Invenzioni.
Dopo questa sentenza costituzionale, il D.P.R. 22 giugno 1979, n. 338, art. 1, ha riformulato l’art. 1 Legge – Invenzioni, ridefinendo il contenuto del diritto di brevetto e introducendo come limiti al medesimo, e quindi escludendo dalla esclusiva brevettuale, l’attività privata non commerciale, l’attività sperimentale e la preparazione galenica.
Al riguardo, il nuovo testo stabilisce esattamente che “la facoltà esclusiva attribuita al diritto di brevetto non si estende, quale che sia l’oggetto (…) alla preparazione estemporanea, e per unità, di medicinali nelle farmacie su ricetta medica, e ai medicinali così preparati (art. 1, comma 3, lett. b) della suddetta Legge -Invenzioni). Scopo evidente della eccezione è di consentire al farmacista di preparare e vendere al paziente un medicinale brevettato con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto, per ogni caso in cui il paziente necessita appunto di un diverso dosaggio o è allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto o dai suoi licenziatari. In questi casi, il diritto patrimoniale alla privativa a favore dell’inventore è sacrificato dal legislatore alla esigenza di tutelare il diritto alla salute del paziente.
Si comprende in tal modo perché il legislatore ha posto condizioni e limiti precisi per l’integrazione della fattispecie derogatoria, richiedendo: a) la estemporaneità, nel senso che il medicinale galenico deve essere preparato dal farmacista per la specifica occasione; b) un limite quantitativo, nel senso che la preparazione deve essere fatta “per unità”; c) una garanzia sanitaria, nel senso che la preparazione galenica deve essere fatta nella farmacia dietro presentazione di ricetta medica (si parla perciò di prodotto galenico magistrale, per distinguerlo dal prodotto galenico officinale, che può essere confezionato in farmacia con o senza ricetta medica).
In assenza di queste condizioni non si da eccezione galenica e conserva tutto il suo vigore la esclusiva brevettuale (v. anche Cass. Sez. 3^, n. 46859 del 10.10.2007, P.G. e P.C. in proc. Marron, rv. 238683). Né potrebbero porsi questioni di diritto intertemporale a causa della nuova formulazione dell’eccezione galenica introdotta dall’art. 68 D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 68, (Codice della proprietà industriale), secondo la quale la esclusiva brevettuale “non si estende alla preparazione estemporanea, e per unità, di medicinali nelle farmacie su ricetta medica e ai medicinali così preparati, purché non si utilizzino principi attivi realizzati industrialmente” trattandosi non di una innovazione legislativa che punisca per la prima volta la violazione dell’esclusiva brevettuale in materia di specialità medicinali, come tale in ipotesi non applicabile ai fatti anteriormente commessi, ma di una precisazione normativa introdotta allo scopo di meglio tutelare il diritto di brevetto, considerato il proliferare dell’illegale commercio di principi attivi prodotti industrialmente” (Cass. Sez. 3^, 10/10/2007 Marton, secondo cui la nuova disciplina si limita sostanzialmente a confermare quanto già ricavabile dal dato testuale della norma precedente; vedi anche, nello stesso senso, Cass. Sez. 3^, 8.5.2008, Poli).
In conclusione, si deve osservare da una parte che la eccezione galenica magistrale, in forza dei requisiti richiesti (di estemporaneità, di quantità e di garanzia sanitaria), è confinata nell’ambito artigianale ed è esclusa dall’ambito industriale; e dall’altra parte che, proprio per la sua natura derogatoria, deve essere interpretata restrittivamente.
La giurisprudenza di legittimità è pressoché costante su questi principi (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 2, n. 667 del 16.2.2010, De Roja, citata nella sentenza di appello).
1.2 Nel confronto con tutti gli aspetti giuridico – normativi rilevanti nella specie, le deduzioni difensive peccano di eccessiva astrattezza nella riproposizione della questione, che andrebbe affrontata anche in concreto, cioè con riferimento alle circostanze che avrebbero suggerito l’utilizzazione del principio attivo per preparazioni “magistrali” adeguate alle specifiche esigenze del singolo paziente, e caratterizzate dai requisiti della estemporaneità, del limite quantitativo e della garanzia sanitaria sopra indicati, e tutti contraddetti, peraltro, nel caso in esame, dalla stessa disponibilità “preventiva” di un notevolissimo quantitativo di principio attivo (al dato della “scorta” di 200 gr. di Silfenadil fa opportuno riferimento la Corte territoriale a pag. 14 della sentenza).
2. Va invece ritenuta l’infondatezza del ricorso proposto nell’interesse del B. , in virtù delle seguenti considerazioni.
a) L’eccezione processuale della nullità del giudizio di merito per omessa notifica al ricorrente della citazione per il dibattimento di primo grado è stata correttamente risolta dalla Corte territoriale con la considerazione che la nullità derivante dalla notificazione del decreto di citazione per il giudizio presso il difensore di fiducia e non presso il domicilio eletto o dichiarato, è comunque priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma primo, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc pen., dovendosi tener conto del rapporto fiduciario tra il difensore e l’imputato, idoneo a determinare la effettiva conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 15081 del 08/04/2010). Nella specie, è pacifico che l’eccezione non sia stata proposta nel corso del giudizio di primo grado.
b) Sulla questione, logicamente prioritaria, dell’assenza di prova in atti della titolarità del diritto di esclusiva per la commercializzazione del principio attivo del Viagra in capo alla soc. Pzifer, va osservato anzitutto che essa è proposta in ricorso in modo (contraddittoriamente) incidentale, non avendo la difesa nemmeno dedotto di averla sottoposta al giudice di appello. In ogni caso, nella sentenza impugnata sono ricordate le circolari della Federfarma sulla titolarità del diritto di esclusiva, senza dire che la questione involgerebbe un evidente problema di legittimazione della soc Pzifer a costituirsi parte civile, che non risulta abbia mai formato oggetto di contestazione; facilmente rovesciabile è poi l’argomento difensivo circa la mancanza di prova che il diritto di esclusiva fosse stato effettivamente esercitato dalla Pzifer senza concessioni di licenze ad altri produttori. Se la soc Agrar avesse ottenuto diritti di commercializzazione del principio attivo del Viagra, la circostanza sarebbe stata infatti agevolmente documentabile, ciò che prova la debolezza dell’argomento ipotetico “negativo”. In questo contesto, non si presta poi a censure logico giuridiche nemmeno la valorizzazione, da parte dei giudici di merito, della specifica professionalità dell’attività di farmacista, che richiede continui controlli sui prodotti ai fini della loro commercializzazione;
c) La sentenza impugnata coglie efficacemente gli aspetti psicologici della fattispecie, rilevando, anzitutto che anche presso la farmacia del B. venivano recapitate regolarmente le circolari della Federfarma, il che implica che vi fossero inviate anche (e soprattutto) quelle relative a problemi di brevetti per specialità medicinali, ovviamente di primaria importanza per la regolarità dell’attività di vendita al pubblico; le contrarie deduzioni della difesa sono basate su semplici ipotesi, che non tengono oltretutto conto dell’incongruità di illecite iniziative personali di dipendenti che nemmeno ne avrebbero tratto profitto per sé, e non tengono conto, inoltre, della circostanza che quali che fossero state le modalità dell’ordine, la fattura non avrebbe potuto che essere indirizzata al titolare della farmacia. Sotto questo profilo, appaiono di scarsa incidenza gli argomenti dell’omesso controllo e del dolo eventuale pure proposti dalla sentenza impugnata, ma in modo soltanto subordinato.
d) Non si comprende la rilevanza dell’argomento della soglia quantitativa minima che sarebbe stata imposta dalla soc. Agrar per ogni ordinativo; a parte che l’indicazione risulterebbe da un’affermazione di un teste che la stessa difesa riconosce espressa in termini soltanto probabilistici, essa semmai rafforzerebbe la prova del dolo, già desumibile proprio dall'”importanza” della fornitura, con l’aggiunta del riferimento a modalità negoziali imposte dal fornitore, che ben difficilmente avrebbero potuto essere trattate e accettate da semplici dipendenti.
e) Vanno disattese, infine, anche le censure sul trattamento sanzionatorio. Quanto all’attenuante di cui all’art. 62 nr. 4 c.p., è condivisibile l’indirizzo espresso da Cassazione penale sez. un. 12 luglio 2007 n. 35535 Ruggiero, secondo cui ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità nel delitto di ricettazione non rileva solo il valore economico della cosa ricettata, ma anche il complesso dei danni patrimoniali oggettivamente cagionati alla, persona offesa dal reato come conseguenza diretta del fatto illecito e perciò ad esso riconducibili, la cui consistenza va apprezzata in termini oggettivi e nella globalità degli effetti. Del tutto congruamente, pertanto, la Corte territoriale ha considerato i danni derivanti alla Pzifer dall’apertura di un mercato illegale di commercializzazione del principio attivo del Viagra. Ed è rispetto a questo aspetto della condotta che va poi evidentemente apprezzato l’inciso relativo “al particolare dolo della fattispecie” che chiude le valutazioni della sentenza in punto di trattamento sanzionatorio, tanto più considerando che nel caso del B. la difesa non ha nemmeno invocato la c.d. eccezione “galenica” per contestare l’esclusivo scopo di lucro perseguito dal ricorrente. Per le considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di L.L. perché il reato è estinto per prescrizione, con la conferma delle statuizioni civili; va rigettato il ricorso di B.F. , con la condanna dello stesso ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione unitamente alla L. delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di L.L. perché il reato è estinto per prescrizione; conferma le statuizioni civili; rigetta il ricorso di B.F. , che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna entrambi i ricorrenti in solido alla rifusione in favore della parte civile Pfizer Italia s.r.l., delle spese del presente grado, che liquida, in difetto di nota di parte, in complessivi Euro 3000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A