Le informative prefettizie antimafia: natura ed aspetti applicativi problematici (D. Alastra)

 

LE INFORMATIVE PREFETTIZIE ANTIMAFIA: NATURA ED ASPETTI APPLICATIVI PROBLEMATICI

Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 12 ottobre 2010, n. 7407

Domenico S. Alastra, avvocato

(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 2/2012)

 

 

Sommario: 1. Il caso deciso. – 2. Le questioni esaminate. – 3. Applicabilità della disciplina del giudicato sostanziale ai giudizi di annullamento delle informative antimafia. – 4. Contenuto e finalità delle informative prefettizie antimafia. – 5. La decisione sulle ulteriori questioni. – 5.1. Non contraddizione tra informative antimafia di segno opposto; 5.2. Sostituzione di imprese consorziate ed effetti interdittivi delle informative antimafia. – 6. i principi di diritto affermati. – 7. Precedenti giurisprudenziali. – 8. Spunti bibliografici.

 

 

1. IL CASO DECISO

Il Comune di Lecce, al fine di realizzare una serie di interventi, tra cui la costruzione di un edificio polifunzionale, aggiudicava un contratto di project financing ad un consorzio di imprese. Successivamente, addiveniva alla stipulazione di una convenzione attuativa col medesimo consorzio e con una società di progettazione.

In seguito alla comunicazione dell’informativa interdittiva antimafia, da parte della Prefettura di Caserta, l’amministrazione comunale recedeva dalla convenzione attuativa. Tale atto di recesso veniva confermato dal Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune con propria determina, con la quale provvedeva, altresì, ad annullare in via di autotutela l’aggiudicazione definitiva del project financing al consorzio di imprese. Questo, unitamente alla società di progettazione, impugnava l’informativa antimafia, chiedendo l’annullamento dell’atto di recesso, e con ricorso per motivi aggiunti, l’annullamento della determina dirigenziale. Veniva così adito il Tar Puglia, Sezione Staccata di Lecce, il quale rigettava il ricorso con sentenza, che, successivamente impugnata, veniva confermata dalla Quinta Sezione della Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, successiva ad una ordinanza, con la quale la medesima Sezione respingeva l’istanza di sospensione della sentenza appellata.

 

2. LE QUESTIONI ESAMINATE

La Quinta Sezione del Consiglio, chiamata dagli appellanti a pronunciarsi su molteplici  questioni, ha dedicato ampio spazio in particolare a quattro di esse, ritenendo le altre logicamente assorbite.

In primo luogo, i Giudici di Palazzo Spada sono stati chiamati a decidere se possano avere efficacia di giudicato le sentenze emesse in precedenza da un giudice amministrativo diverso da quello adito in primo grado, aventi ad oggetto informative prefettizie antimafia, il cui contenuto si asserisce analogo a quella che, impugnata come atto presupposto, ha dato origine alla controversia sottoposta alla sua cognizione.

La seconda questione verte sulla possibilità di considerare veicolo di infiltrazione mafiosa – in attività della Pubblica Amministrazione – il ruolo di persona offesa dal reato, rivestito da uno dei soci delle società consorziate, cui si riferisce la informativa prefettizia, in base alla quale l’amministrazione aggiudicatrice, si sia determinata a recedere dal contratto di project financing e dalla relativa convenzione attuativa.

I consiglieri sono, poi, chiamati a stabilire se sussista contraddittorietà tra una informativa interdittiva antimafia, emessa nei confronti del consorzio di imprese, aggiudicatario del contratto di project financing, ed una successiva informativa prefettizia che concluda sulla non sussistenza del rischio di infiltrazione nei confronti di una società di progettazione, di più recente costituzione e di cui faccia parte, insieme ad altre imprese, il medesimo consorzio.

Infine, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla possibilità di eliminare gli effetti interdittivi  della informativa prefettizia antimafia, in seguito alla estromissione o sostituzione dal gruppo di imprese aggiudicatario di pubblici contratti, del soggetto indiziato di permeabilità mafiosa.

 

3. APPLICABILITÀ DELLA DISCIPLINA DEL GIUDICATO SOSTANZIALE AI GIUDIZI DI ANNULLAMENTO DELLE INFORMATIVE ANTIMAFIA

I ricorrenti richiamano due decisioni, già passate in giudicato, con le quali il Tar Campania (sent. 19.5.2009 n. 2725 e 25.8.2009, n. 4829) aveva annullato – per difetto di motivazione – due informative interdittive antimafia che avevano colpito uno dei soci delle società consorziate, ritenendo che esse dovessero spiegare efficacia di giudicato anche nella controversia instaurata davanti il Tar Puglia, giudice di I grado nel giudizio deciso con la pronuncia in commento. Ciò sul presupposto che tali informative presentassero contenuto identico a quella impugnata, e l’annullamento delle prime, travolgesse anche la più recente, emessa nei confronti del consorzio di imprese, scaturendo, tutte, dai medesimi atti istruttori.

La Sezione Quinta, confermando quanto deciso dal giudice di primo grado, riconosce che le informative oggetto delle pronunce richiamate e quella in questione, presentano tenore pressoché identico, sono state emesse nella stessa data e si riferiscono ad un unico soggetto, titolare di una delle ditte individuali, partecipante al consorzio di imprese con una quota assai rilevante (26% ), e investito della carica di Vice Presidente del consiglio direttivo con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione del Consorzio medesimo. Tuttavia – partendo dal rilievo che esse «costituiscono l’approdo di autonomi procedimenti iniziati ad istanza di diverse stazioni appaltanti, nei confronti di diversi soggetti affidatari, nell’ambito di diverse procedura di gara», come evidenziato dal diverso numero di protocollo, che identifica ogni atto – nega alle richiamate sentenze ogni efficacia diretta di giudicato sostanziale, sottoponendo l’informativa prefettizia impugnata ad una rigorosa verifica circa la sussistenza dei requisiti in presenza dei quali possa trovare applicazione l’art. 2909 Cod. Civ.

Dando per scontato che anche le sentenze dei giudici amministrativi acquistano efficacia di cosa giudicata, una volta esauriti i mezzi di gravame ordinari, ovvero in seguito al verificarsi della decadenza dal diritto di proporli, il Collegio aderisce all’orientamento – ormai prevalente in giurisprudenza – secondo cui l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato “fa stato ad ogni effetto tra le parti per l’accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso e si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto, i quali rappresentano le premesse necessarie ed il fondamento logico giuridico della pronuncia.” In altri termini, quanto accertato nella sentenza definitiva rende la realtà giuridica sostanziale conforme alla statuizione processuale, in maniera incontrovertibile e può esplicare efficacia diretta in altri giudizi solo se questi intercorrono tra le medesime parti, e se hanno ad oggetto l’accertamento della medesima posizione giuridica, fatta valere nel processo conclusosi con la decisione passata in giudicato. Conseguentemente, la statuizione contenuta nella sentenza “spiega la sua autorità non solo nell’ambito della controversia e delle ragioni fatte valere dalle parti (c.d. giudicato esplicito), ma “si estende necessariamente agli accertamenti che formano il presupposto della decisione, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico giuridico della pronuncia”[1]

Nel caso di specie, i Giudici di Palazzo Spada ritengono che le sentenze con le quali il Tribunale campano ha annullato le precedenti informative prefettizie non possano avere efficacia diretta nella controversia sottoposta alla loro cognizione, dal momento che quest’ultima intercorre tra parti dotate di autonoma e distinta soggettività giuridica e che l’accertamento della posizione controversa non esplica alcun effetto nel giudizio in corso. In particolare, l’accertamento di cui alle sentenze richiamate non coinvolge l’efficacia delle informative, basate su una pluralità di rapporti di polizia e comunicazioni di segno negativo acquisiti dall’Ufficio Territoriale di Governo di Caserta, né influisce sull’attribuzione del “bene della vita” consistente nell’affidamento del project financing, poiché malgrado un giudicato di annullamento per difetto di motivazione delle informative prefettizie, la P.A. conserva il potere di provvedere negativamente in ordine all’oggetto dell’atto annullato, revocando l’affidamento, dal momento che non sono configurabili effetti conformativi e che il ricorrente non ha alcun diritto soggettivo all’emanazione di un provvedimento positivo. In tale ipotesi l’unico obbligo posto a carico della P.A. è quello di esplicitare adeguatamente i motivi posti a base della nuova determinazione, come stabilito in numerose occasioni dalla medesima Sezione V.[2]

Inoltre, non si pone neppure la questione della sussistenza di un rapporto di causalità tra i giudicati, dal momento che l’accertamento contenuto nelle invocate pronunce verte su informative prefettizie diverse, che godono di una totale autonomia, tra cui manca un nesso di dipendenza logica e funzionale, pur poggiando su atti istruttori comuni, non incisi, peraltro, dalle statuizioni contenute nelle suddette pronunzie. Da ciò deriva che l’annullamento delle altre informative prefettizie non determina l’automatica invalidità o caducazione dell’informativa posta a base dell’impugnato recesso dal contratto di project finacing e dalla ralativa convenzione attuativa.

Dalla esclusione dell’efficacia diretta delle più volte richiamate sentenze del Tar Campania, il   Collegio ricava l’insussistenza del contrasto di giudicati, il quale, secondo parte di giurisprudenza, si realizza soltanto quando le decisioni in contraddizione intervengano tra le medesime parti, ed abbiano lo stesso oggetto, di modo che le vicende presentino “un’ontologica e strutturale concordanza degli elementi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio“.[3] Nella fattispecie in esame, infatti, stante la diversità delle parti e delle procedure di gara cui si riferiscono le informative interdittive, si è in presenza di autonomi giudizi, come dimostrato dalla circostanza che il Tribunale regionale, chiamato a pronunciarsi sulle varie informative, non abbia attribuito alle proprie statuizioni alcun effetto sui successivi giudizi, giungendo a conclusioni identiche circa le informative riferite ad uno dei partecipanti al consorzio, e modificando il proprio ragionamento nel caso dell’informativa interdittiva emessa nei confronti del Consorzio stesso.

 

4. CONTENUTO E FINALITÀ DELLE INFORMATIVE PREFETTIZIE ANTIMAFIA

Alla Sezione V, gli appellanti sottopongono, poi, la questione se l’amministrazione aggiudicatrice (nella specie, il Comune di Lecce) abbia legittimamente adottato la determinazione di recedere dal contratto di project financing e dalla relativa convenzione attuativa, in seguito ad informative prefettizie riferite ad uno dei soci delle società consorziate, senza attribuire rilievo al ruolo di persona offesa dal reato, da questi rivestito in un processo penale per tentata estorsione da parte di esponenti dei locali clan mafiosi, conclusosi – peraltro – con l’assoluzione degli imputati. A parere dei ricorrenti, infatti, la posizione di vittima del tentativo di estorsione, di per sé, non potrebbe prestarsi a divenir veicolo di infiltrazione mafiosa nell’attività svolta dall’amministrazione, e il soggetto, dunque, non potrebbe essere considerato uno strumento attraverso il quale i sodalizi criminali possano tentare di realizzare le loro finalità.

Il Collegio, confermando la decisione del giudice di primo grado sul punto, coglie l’occasione per delineare il contenuto e le finalità delle informative prefettizie antimafia, stabilendo che “in tema di pubblici appalti, finalità della disposizione di cui all’art. 4 D. Lgs. N. 490/1994 è quella di escludere dal relativo mercato l’imprenditore sospettato di legami o condizionamenti mafio­si, mantenendo un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa per con­trastare un utilizzo distorto delle risorse pubbliche“. Detta norma, coordinata con l’art. 10, D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, impone alle pubbliche amministrazioni, – prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e sub-contratti, ovvero prima di rilasciare o consentire le concessioni o erogazioni, che abbiano un valore ricompreso nelle soglie indicate nel comma 1 del medesimo art. 4 – l’obbligo di richiedere ed acquisire le cd.” informazioni antimafia”, atti di competenza del Prefetto del luogo dove hanno sede, l’amministrazione richiedente o i soggetti interessati a contrattare con la stessa. [4]

Rifacendosi a numerosi precedenti giurisprudenziali, il Collegio attribuisce a tali atti la finalità di anticipare il momento in cui la P.A. può intervenire in sede di autotutela amministrativa, al fine di evitare le possibili ingerenze della criminalità organizzata nello svolgimento dell’attività d’impresa.[5] Come evidenziato anche dalla recente giurisprudenza, si tratta di «misure cautelari di polizia, preventive e interdittive diverse e con funzione distinta dalle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale», e rientrano tra quelle aventi funzione inibitoria, irrogabili dal Prefetto – ai sensi dell’art. 84 del D. Lgs. 159/2011 – nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di polizia e di sicurezza, contro le ingerenze del crimine organizzato nelle attività economiche e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.[6] Costituiscono, pertanto, strumenti anche eccezionali di reazione, previsti dalla legislazione antimafia che mirano a salvaguardare beni di primaria e fondamentale importanza per lo Stato, quali l’ordine e la sicurezza pubblica, la libera determinazione degli organi elettivi, nonché il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, contro i pericoli di inquinamento derivanti dalla criminalità organiz­zata, purché siano commisurati alla gravità del pericolo, al rango dei valori tutelati, e alle necessità da fronteggiare. [7]

Detti provvedimenti consistono nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di contrattare con la P.A. (quali ad esempio, la sussi­stenza di provvedimenti applicativi di misure di prevenzione) nonché, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Essendo principalmente diretti a verificare se l’impresa affidataria si possa considerare affidabile, prescindono dai rilievi probatori tipici del processo penale, nonché dalla commissione di un illecito e dalla conseguente condanna, come accade, invece per le misure di sicurezza. Tuttavia – come evidenziato dai giudici, nella sentenza in commento -, non possono basarsi “sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontri, essendo necessaria l’indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche della qualificata probabilità, oggetto di un esame complessivo“.[8]

A parere della Sezione, nel caso di specie, sussiste un concreto pericolo di infiltrazione, dal momento che l’impugnata informativa prefettizia si fonda su numerosi rapporti informativi dai quali emerge una pluralità di indizi nei confronti di più soggetti, partecipanti al consorzio di imprese aggiudicatario del project financing – ivi compreso l’imprenditore, presunta vittima della tentata estorsione – sia di diretta affiliazione ai clan camorristici, sia di cointeressenza in società con soggetti imparentati con esponenti di questi ultimi. Poiché, quindi, tali rapporti hanno formato “un quadro indiziario fondato su circostanze obiettive che, indipendentemente dall’assoluzione degli imputati del tentativo di estorsione nel processo penale, possono denotare concretamente, e non per mere congetture, un rischio di coinvolgimento attraverso il tentativo di infiltrazione mafiosa tendente ad influenzare le scelte imprenditoriali“, l’amministrazione procedente si è legittimamente determinata a recedere dalla convenzione attuativa e ad annullare in via di autotutela l’aggiudicazione del project financing al consorzio e alla società di progetto ricorrenti, in tal modo valorizzando la finalità di prevenzione propria dell’informativa antimafia.

Tale quadro indiziario, non viene scalfito, a parere dei giudicanti, da una recente informativa  a contenuto liberatorio emessa nei confronti del consorzio di imprese, dalla Prefettura di Caserta, in qualità di Ufficio Territoriale di Governo (U.T.G.), dal momento che nella compagine sociale di questo non compare più l’imprenditore, presunta vittima della tentata estorsione e indiziato di cointeressenza con soggetti ritenuti vicini ai clan. né come componente dell’organo di amministrazione né come titolare dell’impresa consorziata.

 

5. LA DECISIONE SULLE ULTERIORI QUESTIONI.

Il citato quadro indiziario a carico delle imprese consorziate, oltre a legittimare l’operato dell’amministrazione aggiudicatrice nel determinarsi a recedere dai rapporti contrattuali, permettono al Collegio di risolvere le ulteriori questioni sottoposte alla sua cognizione.

 

5.1. NON CONTRADDIZIONE TRA INFORMATIVE ANTIMAFIA DI SEGNO OPPOSTO

Così, in primo luogo, i consiglieri confermano la sentenza di primo grado nella parte in cui considera irrilevante una successiva informativa prefettizia dalla quale è emersa la non sussistenza del rischio di infiltrazione nei confronti della società di progettazione, successivamente costituitasi e di cui fa parte il medesimo consorzio di imprese, aggiudicatario del contratto di project financing. In tal modo, viene rigettato il motivo col quale gli appellanti  avevano ritenuto sussistente una contraddittorietà tra quest’ultima informativa e quella impugnata, emessa con efficacia interdittiva nei confronti del solo consorzio di imprese, aggiudicatario. Infatti, la contraddittorietà tra le informative di segno opposto è esclusa perché, nel caso di specie, la società di progettazione va considerata soggetto “dotato di totale autonomia dal Consorzio ed il suo amministratore delegato è persona diversa da quelle coinvolte nei fatti denunciati all’U.T.G. di Caserta“. Poiché sono diversi i destinatari dell’atto, si è in presenza di provvedimenti diversi e non si può ritenere che le informative prefettizie successive intervengano sulla medesima fattispecie, in maniera tale da non far risultare quale sia la vera volontà della P.A.: non si verifica, cioè, la contraddittorietà tra più atti, figura sintomatica dell’eccesso di potere, come pacificamente ritenuto dalla stragrande maggioranza degli interpreti che si sono occupati di annullabilità dei provvedimenti amministrativi in presenza di vizi di legittimità.

 

5.2. SOSTITUZIONE DI IMPRESE CONSORZIATE ED EFFETTI INTERDITTIVI DELLE INFORMATIVE ANTIMAFIA

Infine, il Collegio è stato chiamato a pronunciarsi sulla possibilità di eliminare gli effetti interdittivi della informativa prefettizia antimafia, in seguito alla estromissione o sostituzione dal gruppo di imprese aggiudicatario di pubblici contratti, dell’impresa indiziata di permeabilità mafiosa, in applicazione dell’art. 12 D.P.R. n. 252/1998, coordinato con l’art. 37 commi 18 e 19 D.Lgs. n. 163/2006 che prevede la continuazione del rapporto contrattuale, qualora detta estromissione o sostituzione avvenga anteriormente alla stipulazione del contratto, o alla concessione dei lavori.[9] In particolare, il citato art. 12 prevede che, qualora vengano accertate situazioni che rendono concreto il pericolo di infiltrazioni mafiose riguardo ad una impresa, partecipante ad un’associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le conseguenze previste dall’art. 4, D. Lgs. N. 490/1994 (divieto di contrattare con la P.A., ovvero recesso dal contratto già stipulato), valgono soltanto per l’impresa stessa e non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti, purché la prima sia stata estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori, ovvero – entro 30 giorni dalla comunicazione delle informazioni del Prefetto, qualora queste pervengano successivamente a detta stipulazione o concessione.

Nel caso di specie, invece, a parere dei giudici di Palazzo Spada, l’avvenuta sostituzione dell’impresa consorziata, oggetto delle informative prefettizie non sarebbe utile allo scopo di sterilizzare il consorzio dal rischio di infiltrazione da parte dei sodalizi criminali, facendo venir meno, così, gli effetti interdittivi che l’ordinamento ricollega al provvedimento de quo. Infatti, «l’atto interdittivo colpisce non solo l’impresa consorziata, ma lo stesso Consorzio ed è motivato sulla base di circostanze sintomatiche riguardanti un soggetto (…) che nel Consorzio (e non solo nella qualità di titolare di impresa consorziata) riveste un ruolo gestionale, facendo parte dell’organo di amministrazione (consiglio direttivo) con funzione di Vice Presidente», e l’esclusione del consorziato non vale a ripristinare l’affidabilità del soggetto affidatario e porre l’amministrazione aggiudicatrice al riparo di condizionamenti criminali.

In tal modo, la Sezione, mostra di valorizzare il ruolo di misure di massima prevenzione che il legislatore ha voluto attribuire alle informative prefettizie, configurandole come strumenti di reazione flessibili e tempestivi, idonei a realizzare un sistema di controllo preventivo -amministrativo sul pericolo di infiltrazioni criminali,nel settore degli appalti pubblici.

 

6. I PRINCIPI DI DIRITTO AFFERMATI

Dalla pronuncia in commento possono essere desunti i seguenti principi di diritto.

Le sentenze di annullamento delle informative prefettizie antimafia, passate in giudicato, possono spiegare diretta efficacia di giudicato sostanziale in successivi analoghi giudizi soltanto quando questi intercorrano tra le medesime parti e se l’accertamento della posizione giuridica controversa in cui si sostanziano, esplichi effetti nel giudizio in corso, indipendentemente dalla circostanza che le informative traggano origine da una comune attività istruttoria, purché risulti evidente che esse costituiscano autonomi provvedimenti.

Ai fini dell’efficacia interdittiva, attribuita dall’ordinamento alle informative prefettizie antimafia, è irrilevante che il soggetto cui si riferiscono abbia rivestito il ruolo di persona offesa dal reato di una vicenda di presunta estorsione, da parte della criminalità organizzata, indipendentemente dalla assoluzione degli imputati, nel processo penale, purché i fatti emergenti dalle informative formino, nel loro complesso, un quadro indiziario fondato su circostanze oggettive che possono denotare il rischio concreto che la criminalità organizzata di tipo mafioso tenti di infiltrarsi all’interno di un’impresa o di un consorzio di imprese, contraente con la Pubblica Amministrazione, influenzandone le scelte imprenditoriali.

Non sussiste contraddizione tra una informativa antimafia interdittiva ed una successiva informativa di segno positivo, ove quest’ultima si riferisca a soggetti dotati di totale autonomia rispetto a quelli presi in considerazione dalla prima.

La modifica della compagine di un consorzio di imprese in seguito a sostituzione dell’impresa consorziata, oggetto delle informative interdittive, non vale ad eliminare il rischio di infiltrazione mafiosa, se dette informative contengono indizi oggettivi di permeabilità nei confronti dell’intero consorzio.

 

7. PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi: Cons. St., Sez. III, sent. 5 ottobre 2011, n. 5478; C.G.A. Sicilia, sent. 31 maggio 2011, n.407; C.G.A. Sicilia, sent. 5 gennaio 2011, n. 9.

 

8. SPUNTI BIBLIOGRAFICI

Casetta, E. Manuale di Diritto Amministrativo. Milano, 2006. pagg. 866-871.

Costagliola, A.Codice antimafia (D. Lgs. 159/2011): le informative prefettizie quali strumento di contrasto alla criminalità organizzata” pubblicato in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet, ISSN 1127-8579, il 30/09/2011 all’indirizzo:  http://www.diritto.it/docs/5087697-co­dice-antimafia-d-lgs-159-2011-le-informative-prefettizie-quali-strumento-di-contrastoalla-criminalit-orga­nizzata?page=2&source=1&tipo=news

D’Aprile, V.La normativa antimafia nei contratti pubblici” pubblicato in Nuove Frontiere del Diritto – Rivista giuridica telematica, n. 1/2012, il 12/01/2012, all’indirizzo: https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=explorer&chrome=true&srcid=0B_IxpR1msCbAZDUzY2JlYjYtMGZjNi00ZDViLWFkMDYtNjJjYTFiODhlOTEy&hl=it , pagg. 68 e ss.

Del Giudice, F. -Delpino L. Il Diritto Amministrativo. Corso completo. Napoli, 2007 pagg. 1007 e ss.

Leotta, E.I poteri certificativi del Prefetto quali strumenti di contrasto alla criminalità organizzata: inquadramento sistematico ed aspetti problematici”( Relazione alla Conferenza Nazionale: “Le nuove disposizioni penali in materia di sicurezza pubblica – strumenti e poteri di prevenzione antimafia”, organizzata dall’Osservatorio Permanente sulla Cri­minalità organizzata – Siracusa, 25 – 27 giugno 2010.). Pubblicata il 24/08/2010 sul Sito Istituzionale della Giustizia Amministrativa, all’indirizzo: http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/Leotta_Informa­tive_prefet­tizie_relazione_definitiva.pdf

 


[1] Cfr. Cons. St. Sez. IV, 26.5.2006, n. 3162, esplicitamente richiamata dalla pronuncia in commento.

[2] Cfr. Cons. St. Sez. V, 15.12.2005, n. 7125; 28.6.2004, n. 4775; 17.3.1998, n. 297.

[3] Cfr. Cons. St. Sez. IV, 15.11.2004, n. 7365; Sez. VI, 4.6.2007, n. 2953.

[4] A partire dal 13 ottobre 2011, l’art. 10 del DPR 3 giugno 1998 n.252 è confluito, con parziali modificazioni, negli artt. 90 e ss .del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di preven­zione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.” In particolare, l’art. 4, D.P.R. n. 490/1994 è ora confluito nell’art. 91, D.Lgs. n. 159/2011.

[5] Cfr.  Cons. st. sez. VI, 2.5.2007, n. 1916; 25.11.2008, n. 5780; 25.1.2010, n. 250; 28.4.2010, n. 2441

[6] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. 5 ottobre 2011, n. 5478.

[7] Sulla natura delle informative prefettizie, cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. 5 ottobre 2011, n. 5478, con nota del sottoscritto, pubblicata in Nuove Frontiere del Diritto, – Rivista giuridica telematica, n. 1/2012, il 12/01/2012 all’indirizzo: https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=explorer&chrome=true&srcid=0B_IxpR1msCbAZDUzY2JlYjYtMGZjNi00ZDViLWFkMDYtNjJjYTFiODhlOTEy&hl=it , pagg. 228 e ss.

[8] Cfr. Cons. St. Sez. VI, 17.4.2009, n. 2336.

[9] L’art. 12, D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 è stato sostituito dall’art. 95 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. Codice Antimafia).

 

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