IL DOLO DEL DELITTO DI CALUNNIA È INTEGRATO SOLO IN PRESENZA DI UNA CONDOTTA INTENZIONALMENTE VOLTA AD INCOLPARE UNA PERSONA CHE SI SA INNOCENTE
Stefano Logroscino, Avvocato
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 2/2012)
“il dolo nel delitto di calunnia si realizza quando è provato che colui che formula la falsa accusa ha agito intenzionalmente con consapevolezza e con la certezza dell’innocenza dell’incolpato. Pertanto l’intenzionalità dell’incolpazione e la sicura conoscenza dell’innocenza dell’incolpato sono due dati, che vanno tenuti concettualmente distinti e che devono entrambi ricorrere ai fini dell’elemento soggettivo del reato, il quale risulta integrato solo nel caso in cui vi sia esatta corrispondenza tra momento rappresentativo e momento volitivo.”
Con la sent. n. 3179 dell’11- 25 gennaio 2012, la Corte di Cassazione, Sezione VI penale, si è nuovamente pronunciata in relazione ai peculiari requisiti dell’elemento soggettivo necessario ad integrare il delitto di calunnia, ai sensi dell’art. 368 c.p. Ebbene, conformemente ai suoi stessi precedenti sul punto, la Corte di Cassazione, Sez. VI penale, ha ribadito che il dolo, nel delitto di calunnia, ricorre solamente nel caso in cui l’agente abbia agito con l’intenzione di incolpare taluno del compimento di un fatto che possa integrare una fattispecie criminosa, e sempre che nel fare ciò abbia avuto consapevolezza e sicurezza dell’innocenza della persona accusata. Ebbene, posto che l’esatta individuazione della condotta di reato postula l’identificazione del bene giuridico tutelato e, in particolar modo, un giudizio circa l’idoneità della condotta presa in esame a ledere o a porre in pericolo il bene in parola, si comprende agevolmente come una condotta scientemente accusatoria ma inconsapevole dell’innocenza dell’incolpato, sia di per sé inidonea a offendere l’interesse- proprio del delitto di calunnia- a che l’amministrazione della giustizia non venga fuorviata e distratta. E’ evidente, infatti, che in siffatta condotta mancherebbe totalmente la volontà di fuorviare l’amministrazione della giustizia.
Tale conclusione, inoltre, è confermata, a fortiori, da una seconda riflessione. Infatti, qualora si ritenesse integrato il dolo del delitto calunnia in presenza di una condotta meramente intenzionale e, dunque, avulsa dalla consapevolezza e certezza circa l’innocenza dell’incolpato, ciò presupporrebbe un’incongruenza tra rappresentazione (consapevolezza e certezza dell’innocenza dell’accusato) e volizione (incolpazione intenzionale dell’innocente), con conseguente violazione dell’art. 43 comma 1, c.p. che, ai fini della sussistenza del dolo, richiede contemporaneamente e congiuntamente la presenza dell’elemento rappresentativo e di quello volitivo in relazione alla realizzazione del fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice.