CASO CAMPING “LE GIARE” DI SOVERATO: PER IL DISASTRO COLPOSO POSSIBILE IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA PERDITA DELLA VITA?
Tribunale di Catanzaro, sez. II Civ., 23 febbraio 2012
1. In caso di morte che segua le lesioni fisiche dopo breve tempo, il danno c.d. tanatologico, consistente nella sofferenza patita dalla vittima che sia rimasta lucida durante l’agonia, in consapevole attesa della fine, dev’essere ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, ed il diritto al relativo risarcimento è trasmissibile agli eredi
È fatto notorio che la morte per asfissia non sopravviene immediatamente, ma consente al soggetto di rendersi conto, prima di perdere conoscenza, di ciò che sta accadendo. Una siffatta considerazione vale ancor di più nel caso che quivi ci occupa, in cui tutte le vittime sono state strappate via dall’onda di piena e sono quindi annegate
2. Le tabelle in materia di danno non patrimoniale elaborate nel 2009 dal Tribunale di Milano e recentemente aggiornate (di cui, peraltro, la Corte di Cassazione – cfr. Cass. Civ., Sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408 – predica l’estensione a tutto il territorio nazionale quale principale criterio per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale) apprestano dei parametri da utilizzare al fine di determinare il quantum risarcitorio del pregiudizio che un genitore sopporta per la perdita del figlio. Viene indicata una c.d. forchetta risarcitoria, che va da € 154.350,00 ad € 308.700,00, nell’ambito del quale il giudice dovrà muoversi per indicare una somma che tenga conto e della sofferenza psichica provata dal genitore, e dello sconvolgimento esistenziale derivato nella vita di questi per la diuturna mancanza di rapporti con il figlio.
Ritiene il giudicante che alla sofferenza psichica, intensissima ma pur sempre limitata ad un arco di tempo determinato, provata da chi coscientemente attende la propria morte debba ricondursi un valore monetario inferiore di quello riconosciuto al genitore che prova il dolore per la perdita del figlio – che è, per comune sentire, forse il più intenso dolore che si possa provare – e che dovrà sopportarne per tutta la vita l’assenza.
Sulla base di questi parametri, di cui pure il giudicante nettamente percepisce l’insufficienza, stimasi equo, nel caso di specie, determinare il danno risarcibile nella misura di € 100.000,00, in moneta attuale e già comprensiva di interessi.
3. Qualora prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di cui all’art. 1194 cod. civ. (applicabile solo alle obbligazioni di valuta, non a quelle di valore quale il credito risarcitorio per danno aquiliano), ma devalutando alla data dell’evento dannoso sia il credito risarcitorio (se liquidato in moneta attuale) che l’acconto versato; detraendo quest’ultimo dal primo e calcolando sulla differenza il danno da ritardato adempimento (c.d. interessi compensativi)
Tribunale di Catanzaro, sez. II Civ., ordinanza 23 febbraio 2012
(Giud. F. Tallaro)
Osserva e rileva
1. I fatti ed il processo penale.
1.1. All’alba del 10 settembre 2000, le acque del torrente Beltrame, in piena, travolgevano il camping Le Giare, situato nell’alveo del detto corso d’acqua, in territorio del Comune di Soverato.
All’interno della struttura ricettiva vi erano molte persone, diverse delle quali disabili.
A seguito dell’inondazione perdevano la vita 13 persone, tutte per asfissia da annegamento. Tra di esse vi erano anche, per quel che in questa sede rileva, FI e FS
1.2. Questo Tribunale, all’esito del processo penale scaturito dai fatti appena sintetizzati, riconosceva, con sentenza della Prima Sezione Penale depositata in data 14 dicembre 2006, n. 378, la penale responsabilità di VE, SC, PS e CV, colpevoli del reato di omicidio colposo plurimo (art. 589, comma III, c.p.) e disastro colposo (artt. 449 e 434 c.p.).
Essendovi stata costituzione di numerose parti civili, tra cui tutti gli odierni ricorrenti, questo Tribunale condannava i citati VE, SC, PS e CV al risarcimento dei danni in favore dei danneggiati, demandando la liquidazione del danno al giudice civile.
Accanto agli imputati di cui era stata riconosciuta la colpevolezza, venivano condannati al risarcimento del danno anche i responsabili civili citati in giudizio, e cioè la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, e l’Agenzia del Demanio, in persona del suo Direttore in carica. La responsabilità di tali soggetti veniva fatta derivare dalla ritenuta immedesimazione organica di PS e SC nell’amministrazione regionale e di CV nell’Agenzia fiscale.
Veniva, infine, concessa una provvisionale, liquidata in € 10.000,00 per GR e TA ed € 50.000,00 per FA, FG, FP, FM e FG.
1.3. Con sentenza del 27 febbraio 2008, n. 238, la Corte d’Appello di Catanzaro, dichiarato di non doversi procedere nei confronti di SC – frattanto deceduto -, assolveva VE da uno dei capi di imputazione per cui era stato condannato, rideterminava tutte le pene irrogate e confermava nel resto la sentenza di prime cure.
1.4. La Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, con sentenza del 27 marzo 2009, n. 37444, respingeva, perché inammissibili o infondati, i motivi di ricorso proposti dagli imputati. Accoglieva, viceversa, l’impugnazione proposta dall’Agenzia del Demanio, annullando la sentenza gravata limitatamente alle statuizioni relative alla civile responsabilità di detta Agenzia fiscale. In tale porzione, il processo veniva rinviato al giudice civile competente per valore in grado d’appello.
1.5. Non è stato dedotto dalle parti se il giudizio di rinvio abbia avuto luogo e quale esito abbia avuto.
2. Gli odierni procedimenti civili.
Il presente provvedimento definisce tre procedimenti, riuniti – in ragione dell’evidente connessione oggettiva e soggettiva delle cause – con distinte ordinanze pure pronunziate in data odierna. Tali separati giudizi sono stati introdotti dai familiari ed eredi di FA e FS, ai fini della quantificazione delle somme loro dovute a titolo di risarcimento del danno.
2.1.1. Nel primo procedimento, già iscritto al n. 1198/2010 R.G.A.C. cui gli altri sono stati riuniti, …. fratelli germani di FS e FA, hanno evocato in giudizio – con il rito di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c. – la Regione Calabria, chiedendo – appunto – la quantificazione dei danni patiti iure proprio e iure hereditatis, indicati nella misura complessiva di € 360.000,00, e la conseguente condanna dell’amministrazione regionale, riconosciuta responsabile civile delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal reato, al pagamento di detta somma.
2.1.2. La Regione Calabria, costituitasi, ha sul piano processuale contestato che la causa potesse essere trattata con il rito prescelto dai ricorrenti ed ha richiesto la riunione delle diverse controversie che oggi vengono infatti unitariamente decise.
Nel merito, ha affermato che il danno non può essere determinato nella misura, eccessiva, richiesta dai ricorrenti.
Ha quindi chiesto ed ottenuto l’autorizzazione a chiamare in causa VE, PS e CV, coobbligati in solido, esercitando nei loro confronti l’azione di regresso ex art. 1299, comma I, c.c. e domandando – ai fini interni – la determinazione giudiziale delle quote delle rispettive responsabilità, ai sensi dell’art. 2055, comma II, c.c.
2.1.3. VE e PS sono rimasti contumaci, mentre si è costituito il terzo chiamato CV. Anche questi ha contestato l’utilizzo del procedimento sommario e l’eccessività delle pretese risarcitorie attoree. Ha chiesto, ed ottenuto, l’autorizzazione a chiamare in causa il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di cui era dipendente al momento dei fatti, ed ha domandato di essere da questo manlevato, atteso che i fatti imputatigli a titolo di reato erano stati commessi nell’esercizio delle funzioni demandategli e nel mentre operava l’immedesimazione organica nell’amministrazione cui apparteneva.
2.1.4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito all’azione di manleva spiegata da CV, contestando la propria legittimazione passiva rispetto alla domanda proposta da ….
2.2.1. Anche FG, il quale ha introdotto il procedimento già iscritto al n. 1562/2010 R.G.A.C., era fratello germano di FS e FI. Proponendo ricorso ex art. 702-bis c.p.c., egli ha evocato in giudizio la Regione Calabria, proponendo nei confronti di questa domande isomorfe rispetto a quelle illustrate al § 2.1.1. ed indicando l’ammontare del pregiudizio subito nella misura di € 150.000,00
2.2.2. La Regione Calabria si è costituita ed ha argomentato negli stessi termini illustrati nel § 2.1.2. E’ stata, quindi, autorizzata a chiamare in causa VE, PS, CV.
2.2.3. Anche in questo secondo procedimento VE e PS sono rimasti contumaci.
CV, invece, si è costituito ed ha contestato l’utilizzo del procedimento sommario e l’eccessività delle pretese risarcitorie attoree. Ha chiesto, ed ottenuto, l’autorizzazione a chiamare in causa il Ministero dell’Economia e delle Finanze, da cui ritiene di dover essere manlevato in forza dell’art. 31 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicabile al comparto ministeriale nel quadriennio 1998/2001.
2.2.4. L’amministrazione dello Stato si è costituita e ha contestato il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda risarcitoria proposta dal ricorrente.
2.3.1. GR e TA, dal canto loro, erano rispettivamente figlia e genero di FS. Essi hanno proposto, con il rito di cui all’art. 702-bis c.p.c., il giudizio già iscritto al n. 2834/2010 R.G.A.C., nell’ambito del quale hanno agito nei confronti della Regione Calabria per ottenere, quali eredi, il risarcimento – previa liquidazione – dei danni subiti in vita da FS, nonché il ristoro dei pregiudizi da loro stessi patiti per la privazione del rapporto familiare. Tali danni sono stati quantificati complessivamente in € 400.000,00.
2.3.2. La Regione Calabria, costituitasi, si è difesa come illustrato al § 2.1.2., chiedendo ed ottenendo anche in questo caso la chiamata in causa dei soggetti già ritenuti penalmente responsabili.
2.3.3. Solo CV si è costituito, esercitando l’azione di garanzia nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per le medesime ragioni illustrate al § 2.1.3.
2.3.4. Il Ministero si è ancora una volta costituito limitandosi a discutere di legittimazione passiva quanto alla domanda proposta da GR e TA
3. La proponibilità delle domande con il rito sommario.
La Regione Calabria e CV hanno contestato, nell’ambito di tutti e tre i giudizi poi riuniti, l’utilizzabilità del procedimento sommario prescelto dai ricorrenti.
L’eccezione è priva di pregio.
Infatti, l’art. 702-ter c.p.c. stabilisce, al comma III, quanto segue: “Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’articolo 183”.
Orbene, nel caso che ci occupa non è stata necessaria alcuna istruzione: le parti non hanno articolato mezzi di prova e, regolarmente instaurato il contraddittorio, è stata immediatamente riservata la decisione.
E’ di palese evidenza, dunque, che nessun ostacolo si frappone all’utilizzo del procedimento sommario di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c.
4. Precisazioni sulle domande proposte dai ricorrenti.
4.0.1. All’esame del merito della domanda occorre premettere il rilievo che tutti i ricorrenti hanno evocato in giudizio la sola Regione Calabria, già condannata in via definitiva, seppure con pronunzia generica, al risarcimento dei danni da essi subiti iure proprio e iure hereditatis.
Poiché l’amministrazione regionale ha evocato in giudizio anche i coobbligati in solido …, al fine di agire nei loro confronti in regresso ai sensi dell’art. 1299 c.c. e 2055, comma II, c.c., occorre domandarsi preliminarmente se tale chiamata abbia avuto l’effetto di estendere anche a costoro l’azione esperita da …
4.0.2. Il dubbio sorge in ragione del consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale la costituzione del convenuto, il quale allontani da sé la responsabilità attribuendola ad un terzo, che all’uopo venga evocato in giudizio, comporta che l’originaria domanda sia automaticamente rivolta anche nei confronti del terzo chiamato (cfr., da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 7 giugno 2011, n. 12317).
4.0.3. Ma la vicenda processuale che ci occupa è invero diversa da quelle che hanno indotto la Suprema Corte a maturare l’orientamento testé compendiato. Ed infatti, i ricorrenti hanno già proposto l’azione risarcitoria nei confronti dei tre chiamati in causa, seppure nell’ambito del processo penale. E nei loro confronti hanno già ottenuto una sentenza di condanna, per quanto generica, in solido tra di loro con l’amministrazione regionale.
La scelta di evocare d’innanzi al giudice civile, ai fini della liquidazione dei pregiudizi, la sola Regione Calabria deve essere quindi interpretata come una consapevole scelta processuale, intesa a perseguire la pretesa risarcitoria nei confronti di uno solo dei soggetti la cui responsabilità è stata definitivamente accertata.
4.0.4. Il rapporto processuale costituitosi tra i ricorrenti e la Regione Calabria rimane, conseguentemente, autonomo e ben distinto da quello che si è instaurato tra l’amministrazione pubblica regionale e i tre chiamati in causa.
4.0.5. Ancora in via preliminare, è bene evidenziare che i ricorrenti, pur agendo separatamente quali eredi di FA e di FS, non hanno demandato all’Autorità giudiziaria il compito di dividere tra di loro il credito risarcitorio vantato a titolo successorio. Non occorre, dunque, che questo Tribunale si pronunzi sul punto.
4.1. Il danno subito da FA.
4.1.1. … hanno chiesto la liquidazione, iure hereditatis, dei danni subiti in vita dalla loro sorella, FA.
Quest’ultima, infatti, mentre era ospite del camping Le Giare è stata travolta dalla piena del torrente Beltrame e, conseguentemente, è morta per asfissia da annegamento.
4.1.2. I ricorrenti deducono che, negli istanti prima di morire, la loro congiunta sia stata vittima di abrasioni, lesioni escoriative, fratture di arti, lussazioni – eventi da riferire tutti a violenti urti contro superfici solide durante l’annegamento -. Ciò comporterebbe il diritto, in capo a loro, ad ottenere il risarcimento del danno alla salute subito da FA.
Non vi è, però, alcun riscontro negli atti di cause, che consistono, prevalentemente, nelle sentenza illustrate ai §§ 1.2. e 1.3., delle lesioni pure allegate.
Peraltro, anche laddove fosse veritiera l’allegazione fattuale de qua, la morte di FA sarebbe comunque sopravvenuta in un arco di tempo limitato, sì da rendere non autonomamente apprezzabili le diverse lesioni alla salute subite dalla vittima dell’inondazione.
4.1.3. Occorre, invece, riflettere sull’esistenza di un danno non patrimoniale sofferto da FA prodottosi nel corso della processione di eventi che la condusse alla morte e che sia conseguentemente risarcibile in capo agli eredi.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972) hanno riconosciuto la risarcibilità, in termini di danno morale – nell’ampia accezione ad essa datogli dalla Suprema Corte – della sofferenza psichica provata dalla persona che assista coscientemente all’approssimarsi della morte.
Con successive pronunzie delle sezioni semplici, la Corte di Cassazione ha, quindi, puntualizzato che, in caso di morte che segua le lesioni fisiche dopo breve tempo, il danno c.d. tanatologico, consistente nella sofferenza patita dalla vittima che sia rimasta lucida durante l’agonia, in consapevole attesa della fine, dev’essere ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, ed il diritto al relativo risarcimento è trasmissibile agli eredi (Cass. Civ., Sez. Lav., 7 giugno 2010, n. 13672, cui si rifà Cass. Civ., Sez. III, 20 settembre 2011, n. 19133).
4.1.4. Sulla base di tale principio di diritto, si può guardare alla fattispecie concreta che quivi rileva.
Ora, è fatto notorio che la morte per asfissia non sopravviene immediatamente, ma consente al soggetto di rendersi conto, prima di perdere conoscenza, di ciò che sta accadendo.
Una siffatta considerazione vale ancor di più nel caso che quivi ci occupa, in cui tutte le vittime sono state strappate via dall’onda di piena e sono quindi annegate (cfr. pag. 55 della sentenza penale di primo grado, in cui vengono compendiati i risultati delle indagini tecniche svolte dal consulente medico legale del pubblico ministero).
Può conseguentemente concludersi che FA sia stata consapevole di ciò che le stava accadendo, ed abbia avuto contezza della sopravveniente morte, provando così quella sofferenza che è fatto notorio che si provi d’innanzi alla morte e che ciascuno può immaginare.
E’, dunque, da liquidare, in favore degli eredi, il c.d. danno tanatologico subito da FA, per come supra interpretato.
4.1.5. Viene, quindi, in evidenza il problema – ontologicamente irrisolvibile, data la natura squisitamente morale delle realtà di cui si sta trattando – dell’attribuzione di un valore alla sofferenza provata da FA, nel momento in cui ha percepito e ha visto approssimarsi la sua tragica morte.
Pur nella certezza che qualunque soluzione non potrà essere soddisfacente, ritiene il giudicante di dover ancorare tale operazione, la quale non può che essere puramente equitativa, a dati oggettivi.
Ora, le tabelle in materia di danno non patrimoniale elaborate nel 2009 dal Tribunale di Milano e recentemente aggiornate (di cui, peraltro, la Corte di Cassazione – cfr. Cass. Civ., Sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408 – predica l’estensione a tutto il territorio nazionale quale principale criterio per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale) apprestano dei parametri da utilizzare al fine di determinare il quantum risarcitorio del pregiudizio che un genitore sopporta per la perdita del figlio. Viene indicata una c.d. forchetta risarcitoria, che va da € 154.350,00 ad € 308.700,00, nell’ambito del quale il giudice dovrà muoversi per indicare una somma che tenga conto e della sofferenza psichica provata dal genitore, e dello sconvolgimento esistenziale derivato nella vita di questi per la diuturna mancanza di rapporti con il figlio.
Ritiene il giudicante che alla sofferenza psichica, intensissima ma pur sempre limitata ad un arco di tempo determinato, provata da chi coscientemente attende la propria morte debba ricondursi un valore monetario inferiore di quello riconosciuto al genitore che prova il dolore per la perdita del figlio – che è, per comune sentire, forse il più intenso dolore che si possa provare – e che dovrà sopportarne per tutta la vita l’assenza.
Sulla base di questi parametri, di cui pure il giudicante nettamente percepisce l’insufficienza, stimasi equo, nel caso di specie, determinare il danno risarcibile nella misura di € 100.000,00, in moneta attuale e già comprensiva di interessi.
4.1.5. La Regione Calabria, dunque, dovrà versare € 100.000,00 a …, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito da FA e ad essi transitato iure successionis.
4.2. Il danno subito da FS
4.2.1. … hanno chiesto la liquidazione, iure hereditatis, dei danni subiti in vita dalla loro sorella, FS Anche GR e TA, rispettivamente figlia e genero della de cuius, domandano il medesimo risarcimento.
4.2.2. L’exitus di FS è avvenuto in tempi e con modalità identiche alla morte di FA.
Valgono, dunque, gli argomenti utilizzati nei §§ 4.1.2 – 4.1.4., sicché la liquidazione può avvenire nella medesima misura di € 100.000,00, già in moneta attuale e comprensiva di interessi.
4.2.3. La Regione Calabria, dunque, dovrà versare € 100.000,00 a …., a titolo di danno subito da FA e ad essi transitato iure successionis.
4.2.4. Sul punto, occorre ancora osservare che non è stato posto in discussione che TA, quale genero della de cuius, ne sia erede, sicché questo Tribunale non ha ragione per verificare la sussistenza di tale qualità.
4.3. Il danno subito dai familiari delle vittime.
4.3.1. Agli attori deve anche essere liquidato il danno subito, iure proprio, per la rottura del legame parentale con FA e FS.
4.3.2. Soccorrono nuovamente le citate tabelle meneghine, che individuano specifiche forchette risarcitorie per le varie tipologie di rapporto parentale (per la perdita del genitore, da € 154.350,00 ad € 308.700,00; per la morte del fratello, da € 22.340,00 € 134.040,00).
4.3.3. Al fine di determinare in concreto la somma dovuta, il giudicante rileva che i ricorrenti non hanno fornito specifici elementi idonei a valutare l’intensità del rapporto venuto meno con la morte del congiunto.
In ogni caso, risulta la consapevolezza, in capo ai ricorrenti, della tragicità e della violenza della morte subita dalle loro congiunte; dall’altro lato, vi è l’età di FA e FS al momento della morte, rispettivamente 86 e 72 anni (cfr. certificato di stato di famiglia di FS prodotto da alcuni dei ricorrenti). Il primo dato agisce nel senso dell’aumento della posta risarcitoria, lasciando intendere che vi sia stata una sofferenza maggiore nei congiunti; il secondo elemento induce alla diminuzione del ristoro dovuto, posto che la morte – data l’età delle vittime – non era un evento completamento inatteso, seppure in concreto verificatosi con modalità tragiche.
Complessivamente, il giudicante ritiene che il risarcimento debba essere determinato in un valore appartenete alla parte basse della forchetta stabilita dalle tabelle del Tribunale di Milano.
Spettano dunque:
a … € 27.500,00 per la morte di ciascuna delle sorelle, per un ammontare di € 55.000,00 ciascuno;
a … € 180.000,00 per la morte della madre FS.
Le tabelle in questa sede adottate non prevedono l’ipotesi di danno da perdita della suocera o del suocero. E’ dato di comune esperienza, comunque, che si instauri un rapporto affettivo tra una persona ed il genitori del proprio coniuge, cosicché, in mancanza di elementi di segno diverso, anche tale pregiudizio è risarcibile.
Stimasi equo determinare il quantum risarcitorio nella misura di € 13.000,00.
4.3.4. Le somme testé indicate sono liquidate all’attualità.
Su di esse, devalutate alla data dell’evento (10 settembre 2000) e quindi annualmente rivalutate, sono dovuti interessi al tasso legale, sino alla data di deposito dell’odierna ordinanza.
5. Lo scomputo della provvisionale.
Dalle somme liquidate debbono essere scomputate quelle che siano state eventualmente già corrisposte in forza della provvisionale contenuta nella sentenza di questo Tribunale, Prima Sezione Penale, depositata in data 14 dicembre 2006, n. 378.
Allo scopo, occorre seguire il procedimento di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione: “Qualora prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di cui all’art. 1194 cod. civ. (applicabile solo alle obbligazioni di valuta, non a quelle di valore quale il credito risarcitorio per danno aquiliano), ma devalutando alla data dell’evento dannoso sia il credito risarcitorio (se liquidato in moneta attuale) che l’acconto versato; detraendo quest’ultimo dal primo e calcolando sulla differenza il danno da ritardato adempimento (c.d. interessi compensativi)” (Cass. Civ., Sez. III, 21 marzo 2011, n. 6357).
Evidentemente, poiché alcune somme sono state in questa sede liquidate all’attualità e comprendendovi già gli interessi compensativi, nell’eseguire l’operazione di cui alla massima testé illustrata occorre procedere non solo alla devalutazione della somma liquidata a titolo risarcitorio, ma anche – e contestualmente – allo scomputo degli interessi compensativi in essa ricompresi.
6. La domanda proposta dalla Regione Calabria.
6.1. Occorre, a questo punto, vagliare la domanda di regresso, previa ripartizione delle responsabilità, proposta dalla Regione Calabria nei confronti di VE, PS e CV.
6.2. Deve innanzitutto affermarsi che questo giudice civile rimane vincolato da quanto definitivamente accertato in sede penale, laddove l’Ente regionale è stato condannato al risarcimento del danno in ragione della sola immedesimazione organica in seno ad esso di PS (e SC, che però è deceduto nel corso del processo penale).
Non sono riconosciute all’amministrazione regionale colpe di organizzazione, sicché la sua responsabilità nei confronti dei danneggiati dipende solo dal dettato costituzionale (in particolare, dell’art. 28, ultimo periodo, Cost.).
Se così è, ai fini interni la Regione Calabria ha regresso per intero nei confronti di VE, PS (sul regresso dell’amministrazione nei confronti dei propri dipendenti, cfr. Cass. Civ., Sez. III, 5 settembre 1985, n. 4620) e CV, che con la loro condotta penalmente rilevante hanno cagionato i danni di cui si discute.
6.3. Quanto alla ripartizione interna delle responsabilità tra i tre soggetti ritenuti penalmente responsabile delle morti oggetto del contendere, deve farsi richiamo all’art. 2055, comma II, c.c., secondo il quale la misura della responsabilità di coloro che hanno concorso a provocare un danno essere determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Tali elementi sono stati invero già considerati, ai fini della dosimetria della pena, dal giudice penale (cfr. pag. 256 della sentenza di questo Tribunale e pagg. 52 e 53 della sentenza della Corte d’Appello), il quale ha su di essi parametrato le pene base – su cui sono poi state calcolate le sanzioni effettivamente irrogate -, che sono state di anni 3 di reclusione per VE, un anno di reclusione per PS ed anni 2 di reclusione per CV (cfr. sentenza della Corte d’Appello).
Si ritiene corretto, allora, ripartire la responsabilità degli eventi in proporzione delle pene già irrogate dal giudice penale, e quindi nella misura del 50% su VE, del 16,6% su PV, del 33,4% su CV.
6.4. VE deve dunque essere condannato a rivalere la Regione Calabria del 50% delle somme che questa viene condannata a pagare a titolo di risarcimento del danno per la morte di FA e FS.
PS deve essere analogamente condannato a rivalere la Regione Calabria del 16,6% delle somme per cui è condanna.
CV dovrà riversare all’amministrazione regionale il 33,4% di quanto questa pagherà a titolo di risarcimento dei danni.
7. L’azione di garanzia proposta da CV
7.1. CV ha chiesto la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze a manlevarlo delle somme al cui pagamento venga condannato.
7.2. Nei procedimenti già iscritti ai nn. 1198/2010 e 2834/2010 R.G.A.C. l’azione di garanzia è stata giustificata in forza del rapporto di immedesimazione organica all’epoca dei fatti del C presso il Ministero chiamato in causa.
Nel procedimento già iscritto al n. 1562/2010 R.G.A.C. la domanda si basa sul contratto collettivo di lavoro all’epoca in vigore.
7.3. Le argomentazioni spese dalla difesa erariale, imperniate sul difetto di legittimazione passiva rispetto all’azione risarcitoria proposta dai ricorrenti, sono palesemente inconferenti, atteso che nessuna domanda è stata proposta da … nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per come argomentato al §§ 2.1.1., 2.2.1, 2.3.1. e 4.0.3.
7.4. In ogni caso, le prospettazioni di CV sono infondate.
7.4.1. L’art. 28 Cost. stabilisce che il funzionario pubblico sia direttamente responsabile per gli illeciti da lui commessi nell’esercizio delle sue funzioni. In tali ipotesi, nei confronti del cittadino danneggiato risponde anche allo Stato.
L’amministrazione pubblica, quindi, può agire in rivalsa verso il dipendente (Cass. Civ., Sez. III, 5 settembre 1985, n. 4620), ma non è vero anche il contrario: il funzionario, infatti, risponde per un suo illecito, e non per un illecito dell’amministrazione da cui dipende; non avrebbe alcuna giustificazione, logica ancor prima che normativa, un’azione di rivalsa da parte sua nei confronti dell’amministrazione pubblica.
7.4.2. Sull’altro versante, l’art. 31 del contratto collettivo, invocato e prodotto agli atti di causa dal C, impone all’amministrazione di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità (anche civile) dei dirigenti.
Manca l’allegazione e la prova che tale polizza sia stata stipulata. In ogni caso, ove anche la polizza fosse stata sottoscritta, il dipendente avrebbe potuto chiedere alla Compagnia assicurativa prescelta di essere indennizzato per le somme cui fosse stato condannato a pagare, e non avrebbe certo potuto rivolgere la propria pretesa anche nei confronti del Ministero d’appartenenza.
L’ultimo comma del medesimo art. 31 pone, in attesa della stipula del contratto, l’obbligo in capo al Ministero di rimborsare le spese legali affrontate dai dirigenti.
Si tratta, però, di obbligo evidentemente diverso da quello azionato in questa sede, che si riferisce invece al rimborso delle somme pagate in forza dell’azione di regresso proposta dal coobbligato in solido.
8. La regolamentazione delle spese.
Rimangono da regolare le spese di lite.
Nel rapporto processuale tra … e la Regione Calabria esse debbono essere poste a carico della parte soccombente. Poiché … sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato, la condanna va posta in favore dell’Erario.
Stesso principio della soccombenza viene applicato con riferimento al rapporto processuale tra Regione Calabria, VE, PS e CV. Al momento della decisione è recentemente entrato in vigore il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, che ha abrogato tutte le tariffe professionali, le quali dunque non possono essere applicate. La liquidazione delle competenze dovute avviene in via discrezionale, utilizzando come mero parametro di riferimento, in mancanza del d.m. previsto dall’art. 9 del testo normativo in questione, le citate e previgenti tariffe forensi.
L’inconferenza delle argomentazioni spese in giudizio dalla difesa erariale giustifica la compensazione integrale delle spese e competenze di lite tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e CV.
P.Q.M.
– condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, al pagamento, in favore di …. ed a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti in vita da FA, della somma di € 100.000,00, in moneta attuale e già comprensiva di interessi;
condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, al pagamento, in favore di … ed a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti in vita da FS, della somma di € 100.000,00, in moneta attuale e già comprensiva di interessi;
condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali, delle seguenti somme:
a FG, € 55.000,00 in moneta attuale;
a FP, € 55.000,00 in moneta attuale;
a FA, € 55.000,00 in moneta attuale;
a FM, € 55.000,00 in moneta attuale;
a FG, € 55.000,00 in moneta attuale;
a GR, € 180.000,00 in moneta attuale;
a TA, € 13.000,00 in moneta attuale;
tutte maggiorate di interessi da calcolarsi, al tasso legale, sulle somme devalutate alla data dell’evento (10 settembre 2000) e quindi annualmente rivalutate sino alla data di deposito dell’odierna ordinanza;
dispone che dalle somme in questa sede liquidate a titolo di risarcimento dei danni siano scomputate le somme eventualmente già corrisposte in forza della provvisionale contenuta nella sentenza di questo Tribunale, Prima Sezione Penale, depositata in data 14 dicembre 2006, n. 378, secondo il calcolo illustrato al § 5. Delle motivazioni;
condanna VE al pagamento, in favore della Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, del 50% delle somme che essa ha già versato o che comunque dovrà versare a titolo di risarcimento del danno per la morte di FA e FS;
condanna PS al pagamento, in favore della Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, del 16,6% delle somme che essa ha già versato o che comunque dovrà versare a titolo di risarcimento del danno per la morte di FA e FS;
condanna CV al pagamento, in favore della Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, del 33,4% delle somme che essa ha già versato o che comunque dovrà versare a titolo di risarcimento del danno per la morte di FA e FS;
rigetta la domanda di garanzia proposta da CV nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del suo Ministro in carica;
condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, alla rifusione, in favore dell’Erario e per la difesa in giudizio di …, delle competenze di lite, che si liquidano nella misura complessiva di € 9.000,00, oltre ad IVA e CPA come per legge;
condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, alla rifusione, in favore di FG, delle spese e competenze di lite, che si liquidano nella misura complessiva di € 5.532,82, di cui € 532,82 per esborsi ed € 5.000,00 per competenze, oltre ad IVA e CPA come per legge;
condanna la Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, alla rifusione, in favore di GR e TA, delle spese e competenze di lite, che si liquidano nella misura complessiva di € 6.432,82, di cui € 432,82 per esborsi ed € 6.000,00 per competenze, oltre ad IVA e CPA come per legge;
condanna VE, PS e CV, in solido tra di loro, alla rifusione, in favore della Regione Calabria, delle spese e competenze di lite, che si liquidano nella misura complessiva di € 7.184,82, di cui € 184,82 per esborsi ed € 7.000,00 per competenze, oltre ad IVA e CPA come per legge;
compensa integralmente tra CV ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del suo Ministro in carica, le spese e competenze di lite.