CONDANNATO PER DROGA ED ESPULSO, MA GRAVEMENTE MALATO. POSSIBILE BLOCCARE LA MISURA?
Cassazione, sez. I, 24 febbraio 2012, n. 7336
Le condizioni di salute possono – eventualmente – incidere sulle modalità di esecuzione della misura di sicurezza, ma non sulla loro applicabilità, ciò non essendo stato disposto da alcuna norma
Cassazione, sez. I, 24 febbraio 2012, n. 7336
(Pres. Giordano – Rel. Cavallo)
Ritenuto in fatto
1. Il tribunale di sorveglianza di Firenze, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto da S.S., avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della sede emesso in data 11 febbraio 2011, con il quale era stata respinta l’istanza di revoca della misura di sicurezza dell’espulsione dallo stato italiano disposta con sentenza del GIP del Tribunale di Firenze in data 23 marzo 2004, divenuta definitiva sul punto, e dichiarata eseguibile dal Magistrato di Sorveglianza della stessa città, con ordinanza del 15 febbraio 2010.
1.1. Nell’ordinanza, il tribunale –nel precisare che l’istanza di revoca era fondata sull’assunto che le condizioni di salute dello S. sarebbero peggiorate rispetto all’epoca in cui la misura di sicurezza dell’espulsione era stata dichiarata eseguibile (febbraio 2010) e che tale peggioramento sarebbe incompatibile con l’esecuzione della misura, sia perché le gravi patologie da cui è affetto l’appellante (malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale con neurite ottica retro bulbare) non sarebbero curabili adeguatamente nel paese d’origine del condannato (omissis) sia anche perché le stesse inciderebbero sulla stessa pericolosità sociale attuale, facendola cessare o quanto meno attenuandola – ha motivato la propria decisione di rigettare l’appello, argomentando che dalla difesa del condannato non risultavano addotti «elementi di tale portata da indurre a modificare il giudizio di pericolosità sociale posto a base dell’ordinanza impugnata e, quindi, a revocare la misura dell’espulsione (o a sostituirla con altra misura), evidenziando al riguardo: a) che il quadro patologico attuale dello S., pur serio e documentato, non appariva essersi sensibilmente ed obbiettivamente aggravato, risultando esso già sussistente al momento in cui veniva effettuato l’accertamento della pericolosità sociale, all’esito del quale veniva dichiarata eseguibile la misura di sicurezza dell’espulsione, posto che i nuovi esami di laboratorio e strumentali eseguiti in occasione di un temporaneo rientro in Italia per motivi di giustizia, pur confermando la diagnosi di sclerosi multipla e segnalando l’evolutività della malattia e la non previsione di possibilità di recupero, nel contempo non evidenziavano però «aggravamenti o concreti stadi evolutivi della malattia»; b) che la circostanza invocata dalla difesa secondo cui tale patologia non potrebbe ricevere cure adeguate presso le strutture sanitarie del paese di provenienza del condannato non era dirimente, in quanto la stessa non poteva ritenersi pacificamente accertata sulla base della documentazione prodotta, tenuto conto, in particolare, che tutti gli esami specialistici risultavano già eseguiti in una struttura ospedaliera italiana.
2. Ricorre per Cassazione il difensore dello S., il quale deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato, per violazione di legge e vizio di motivazione.
In particolare nel ricorso, con il primo motivo d’impugnazione dedotto, si evidenzia, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’illogicità dell’affermazione dei giudici del merito secondo cui le condizioni di salute del ricorrente sarebbero rimaste sostanzialmente immutate rispetto a quelle sussistenti nel febbraio 2009, avendo i giudici di appello in congruamente svalutato il dato significativo costituito dalla intervenuta conferma della diagnosi di sclerosi multipla, malattia la cui sussistenza in precedenza era ritenuta solo probabile.
Con il secondo motivo, la totale carenza di motivazione rispetto alle censure mosse con l’atto di impugnazione relativamente al giudizio di pericolosità sociale dello S. ed alla sua attualità.
Con il terzo motivo, da parte del ricorrente si deduce infine la illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge (art. 35 d. lgs. n. 286/1998), per avere i giudici di appello addossato all’istante l’onere di dimostrare che le terapie praticate nel paese di rimpatrio non sarebbero equipollenti a quelle eseguite in Italia, con ciò omettendo di valutare la documentazione allegata nella quale pure si evidenziava tale circostanza ed in particolare la necessità per l’istante di non sospendere le cure praticate in Italia.
Considerato in diritto
1. L’impugnazione proposta nell’interesse dello S. è basa su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità ovvero infondati e va per ciò rigettata.
1.1 Infondato deve ritenersi, anzitutto, il secondo motivo d’impugnazione, con il quale si denunzia, da parte del ricorrente, l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per non avere i giudici di appello fornito adeguata risposta alle deduzioni difensive svolte nell’atto di gravame, dirette ad escludere l’attuale pericolosità sociale dello S. a ragione dell’aggravamento delle condizioni di salute del predetto, affetto da grave patologia genetica (la malattia di Leber).
Ed invero tale censura, oltre a non considerare adeguatamente che anche nel procedimento di sorveglianza vige il generale principio di integrabilità delle motivazioni dei provvedimenti di contenuto conforme, prescinde, altresì, da un dato preliminare di assoluto rilievo nel presente giudizio, e cioè che l’attualità della pericolosità sociale dello S., condannato in via definitiva per partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico illegale di droga, già aveva formato oggetto di definitivo accertamento con l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Firenze in data 15 febbraio 2010, la quale, se pure autonomamente impugnata dall’interessato, non risulta sia stata, in effetti, mai annullata, tant’è che nella premessa del ricorso, si afferma, significativamente, che al misura di sicurezza dell’espulsione sia stata anche eseguita il 25 marzo 2010, mediante accompagnamento all’aeroporto di Bologna, laddove il rientro in Italia del condannato si ricollega ad un evento eccezionale, e cioè la concessione al predetto di un visto di soli quattro giorni per ragioni di giustizia (la necessità di presenziare ad una non meglio precisata udienza del 21 settembre 2010).
Orbene, non venendo direttamente in discussione nel presente giudizio la questione della pericolosità sociale dello S. quanto piuttosto l’asserita cessazione della stessa a ragione di un aggravamento delle sue condizioni di salute, dato questo posto a sostegno della richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza disattesa dal Magistrato di sorveglianza, nessun profilo di illegittimità è allora fondatamente ravvisabile nell’ordinanza impugnata per avere il Tribunale correttamente precisato come fosse specifico onere dell’appellante dimostrare l’effettivo aggravamento delle sue condizioni di salute rispetto all’epoca in cui la misura di sicurezza era stata dichiarata eseguibile (febbraio 2010) e, quel che più conta, che tale aggravamento avrebbe comportato realmente una cessazione di pericolosità sociale o comunque un suo significativo attenuamento.
1.2 Così definito l’esatto thema decidendum del presente procedimento, si rivelano infondate anche le ulteriori deduzioni difensive prospettate in ricorso, ove si consideri, quanto all’affermazione dei giudici di merito secondo cui risulterebbe indimostrato un effettivo e significativo aggravamento delle condizioni di salute, che tale giudizio, lungi dal rivelarsi manifestamente illogico, risulta collegato al rilievo, in fatto, che già nel settembre 2009 era stata diagnosticata all’istante una «probabile sclerosi multipla» ed una grave neurite ottica all’occhio sinistro, e che tali seppur gravi patologie, da ultimo definitivamente diagnosticate, non avevano comunque comportato, allo stato, delle significative limitazioni dell’attività dello S., se lo stesso, il 22 gennaio 2011, risultava esser stato coinvolto in un incidente stradale mentre si trovava alla guida di un autoveicolo.
1.3 Analogamente, il giudizio di persistente attualità della pericolosità sociale, risulta ricollegato dai giudici di merito ad elementi di valutazione – l’uso strumentale di un visto temporaneo concesso per motivi giudiziari; l’illegittimo trattenimento sul territorio dello Stato anche dopo la sua scadenza, di cui il ricorrente non dimostra un effettivo travisamento.
1.4 Quanto poi all’assunto secondo cui le pur gravi patologie da cui lo S. sarebbe affetto non sarebbero curabili in (omissis), nessun concreto elemento viene offerto dal ricorrente per confutare l’affermazione dei giudici di merito secondo cui la documentazione allegata attesterebbe, in definitiva, solo la gravità della malattia da cui l’istante è affetto, di carattere genetico, ma non anche che nel paese di origine, una volta acquisita una diagnosi certa grazie agli esami a cui l’istante si è sottoposto in Italia, allo stesso non possano essere praticate delle cure adeguate, fermo restando che lo stesso ricorrente deduce che la ricerca scientifica non ha ancora definito un valido e risolutivo protocollo di cure.
1.5 Con riferimento al terzo motivo d’impugnazione va altresì evidenziato, che a prescindere dalla mancata individuazione in ricorso delle ragioni per cui l’istante, sebbene già espulso dallo Stato ed ivi rientrato solo temporaneamente e per motivi giudiziari, possa fondatamente pretendere di permanere in Italia, paese in cui ha commesso un reato e dal quale è stato espulso, pur in assenza di un permesso di soggiorno, per sottoporsi a cure mediche che potrebbero, in ogni caso, venirgli utilmente praticate, se non in (omissis), anche in altri paesi europei od extraeuropei, sta di fatto che, anche ritenendo applicabile alla fattispecie di cui trattasi (espulsione come misura di sicurezza) l’invocato divieto di espulsione temporanea dello straniero per motivi di salute, previsto nell’art. 35 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, sta di fatto che lo stesso è comunque correlato ad una condizione di necessità d’intervento sanitario necessario per apprestare gli interventi essenziali “quoad vitam”, area nella quale non possono ricomprendersi quei trattamenti di mantenimento e di controllo che, se pur necessari per assicurare una “spes vitae” per il paziente, fuoriescono dall’intervento sanitario indifferibile ed urgente e in ordine ai quali può essere richiesto, eventualmente, un permesso di soggiorno per motivi di salute (in termini, Cass., Sez. 1 civile, sentenza n. 7615 del 04/04/2011, Rv. 617422).
In ogni caso e per completezza di esposizione, va rilevato che, venendo in discussione nel presente giudizio l’applicabilità di una misura di sicurezza non detentiva, quale l’espulsione dal territorio dello Stato, per altro già eseguita, non si ravvisano ragioni significative per disattendere il principio più volte affermato in passato da questa Corte, secondo cui «le condizioni di salute possono – eventualmente – incidere sulle modalità di esecuzione della misura di sicurezza, ma non sulla loro applicabilità, ciò non essendo stato disposto da alcuna norma» (in tal senso ex multis, sez. 1, sentenza n. 3999 del 13/10/1992, dep. 23/11/1992, Rv. 192890, imp. Undierni).
2. Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali