CANALI DI SCOLO PIENI DI ERBACCE, STRADA INVASA DALL’ACQUA. IL NEO DIRIGENTE DELLA PROVINCIA RESPONSABILE PER L’INCIDENTE MORTALE
Cassazione, sez. IV, 8 marzo 2012, n. 9175
Nel caso in cui un incidente stradale sia stato causato dalla insufficiente od omessa manutenzione della sede viaria da parte dell’ente pubblico a ciò preposto, il soggetto incaricato del relativo servizio risponde penalmente delle lesioni colpose conseguite al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto … la responsabilità dell’addetto alla manutenzione può essere esclusa solamente quando la condotta dell’utente della strada si configuri come evento eccezionale e abnorme, non altrimenti prevedibile nè evitabile
Cassazione, sez. IV, 8 marzo 2012, n. 9175
(Pres. Marzano – Rel. Izzo)
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16/4/2009 il Tribunale di Latina condannava D.M.M. alla pena di mesi 4 di reclusione (pena estinta per indulto) per il delitto di omicidio colposo in danno di P.M. (acc. in Cisterna di Latina il 30/12/2003). L’imputato veniva inoltre condannato al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidare in separato giudizio, riconoscendo un concorso di colpa della vittima del 40%, inoltre liquidando una provvisionale di € 20.000 = per ciascuna parte civile.
All’imputato veniva addebitato che, in qualità di dirigente responsabile della Amministrazione Provinciale di Latina, non aveva esercitata i dovuti controlli sull’arteria stradale provinciale Velletri-Anzio, in particolare sulla pulizia dei fossi adiacenti la carreggiata. Tale omissione determinava l’accumulo di acqua piovana, fuoriuscita dai fossi, sulla sede stradale che determinava lo sbandamento dell’auto Chrysler condotta dal P. che invadeva la corsia di marcia opposta, andando a collidere contro un furgone blindato proveniente in senso inverso. Nel sinistro il P. perdeva la vita a causa delle gravi lesioni patite.
2. Con sentenza del 6\10\2010 la Corte di Appello di Roma confermava la pronuncia di condanna, convertendo la pena detentiva nella multa di € 4.560 = e riconoscendo i benefici di legge. Osservava la Corte che:
– l’incidente era avvenuto alle ore 13.30 del 30\12\2003 sulla strada provinciale Nettuno-Velletri, in un tratto rettilineo;
– dagli accertamenti tecnici svolti era emerso che sulla sede stradale si era accumulata acqua piovana che non riusciva a fluire nei canali laterali a causa dell’ostruzione costituita da vegetazione non rimossa;
– il controllo dell’efficienza dei canali spettava alla Provincia quale proprietaria della strada e per essa all’imputato, responsabile del settore;
– benché il D.M. avesse assunto la carica solo due mesi prima (il 8\10\2003), la condotta alternativa lecita era esigibile, quantomeno per l’avvio di un controllo e monitoraggio delle strade e la segnalazione di pericoli;
– data la posizione di garanzia dell’imputato, la sua omissione era stata causa dell’incidente unitamente alla negligente condotta di guida della vittima, che al momento del sinistro circolava ad una velocità prossima ai 117 km\h e quindi superiore di circa 30 km\h al limite consentito in zona.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando:
3.1. la violazione di legge ed il difetto di motivazione, in quanto la corte di merito, riproponendo la motivazione del Tribunale, non aveva risposto a specifiche censure mosse con l’atto di appello. In particolare non aveva tenuto conto che l’esondazione era dovuta alla manomissione del sistema idraulico effettuato dal concessionario del passo carrabile e sotto al quale si erano accumulati i detriti; inoltre la posizione di garanzia spettava al cantoniere di zona ed ai preposti ai singoli tratti di strada;
3.2. la violazione di legge per avere la corte di merito concesso la sospensione condizionale della pena, anche dopo avere convertito la pena, mentre disposizione più favorevole sarebbe stato l’indulto.
Considerato in diritto
3. I motivi dii censura sono infondati e pertanto il ricorso deve essere rigettato.
3.1. In ordine alla affermata penale responsabilità dell’imputato, va rilevato che il giudice di merito ha chiarito che effettivamente in prossimità del luogo del sinistro era presente un passo carraio di accesso ad una proprietà privata e che sotto tale passo era presente un tubo che doveva consentire la continuazione del deflusso delle acque piovane lungo il canale di scolo sul margine della carreggiata. Tale deflusso era però ostruito da vegetazione incolta che si era accumulata. La costruzione di tale passo carraio era stata autorizzata il 2\2\1975 dalla Provincia di Latina. Nella autorizzazione era stato previsto un diametro del tubo di passaggio dell’acqua di 60 cm. In realtà nel corso degli accertamenti era emerso che in sede di costruzione il diametro effettivo era stato ridotto a cm. 40. Ha osservato il giudice di merito però che la pozzanghera determinatasi sulla carreggiata non era da ascrivere esclusivamente alla ostruzione del tubo, ma anche dalla mancata manutenzione del corso del fossato di scolo che ben prima del ponticello risultava ostruito da vegetazione e detriti che non lasciavano fluire in modo normale le acque accumulatesi, che, pertanto, si riversavano anche sulla sede stradale.
Ne ha dedotto il giudice di merito, con coerente e logica motivazione, che di tale manchevolezza, in chiaro nesso causale con il sinistro verificatosi, doveva rispondere l’imputato, in ragione della sua qualità, considerato che gravava sulla Provincia di Latina l’obbligo della manutenzione della strada.
Va ricordato che questa Corte di legittimità ha statuito che “Nel caso in cui un incidente stradale sia stato causato dalla insufficiente od omessa manutenzione della sede viaria da parte dell’ente pubblico a ciò preposto, il soggetto incaricato del relativo servizio risponde penalmente delle lesioni colpose conseguite al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto la responsabilità dell’addetto alla manutenzione può essere esclusa solamente quando la condotta dell’utente della strada si configuri come evento eccezionale e abnorme, non altrimenti prevedibile nè evitabile” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 21040 dei 01/04/2008 Ud. (dep. 27/05/2008), Rv. 240218).
Nel caso di specie a carico dell’imputato, quale dirigente responsabile del settore della Provincia di Latina, gravava l’obbligo di controllare la manutenzione della strada e che situazioni di dissesto non fossero causa di pericolo. La negligente condotta omissiva del D.M., pertanto, coerentemente è stata ritenuta in nesso di causalità con l’evento verificatosi, unitamente alla imprudente condotta di guida della vittima.
Né può dirsi che la presenza in organico di cantonieri escluda la responsabilità del dirigente, in quanto su quest’ultimo gravava un obbligo di controllo che radicava in suo capo una posizione di garanzia.
Per quanto detto, i motivi di censura sono infondati.
3.2. Quanto alla lamentata violazione di legge, per avere la Corte distrettuale sostituito all’indulto la sospensione condizionale della pena (dopo avere convertito in multa la pena pecuniaria), va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato di recente che “Con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 36837 del 15/07/2010) Ud. (dep. 15/10/2010 ) Rv. 247940; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 21454 del 19/02/2008 Ud. (dep. 28/05/2008), Rv. 23988.2).
Inoltre, nel riconoscere i doppi benefici, la corte di merito ha accolto uno specifico motivo di appello formulato dal difensore dell’imputato con l’atto di impugnazione dei 12\10\2009, in cui esplicitamente è stata invocata, con motivi subordinati, la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, nonché la sospensione condizionale e la non menzione.
Pertanto anche tale censura è infondata.
Al rigetto segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Le spese in favore delle parti civili si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio che complessivamente liquida in € 2.600,00 =, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nelle misure di legge.