NORMA PENALE IN BIANCO: TIPICITÀ E TASSATIVITÀ NECESSARIAMENTE DA RISPETTARE
Cassazione, sez. I, 8 marzo 2012, n. 9157
L’art. 650 c.p. è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela.
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 650 c.p. è necessario che:
a) l’inosservanza riguardi un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia;
b) l’inosservanza attenga ad un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione;
c) il provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui.
Il giudice deve, inoltre, valutare se il provvedimento corrisponde effettivamente alla funzione legale tipica assegnatagli dall’ordinamento e se, per la sua formulazione, sia – in rapporto alla particolare situazione che si intende tutelare – eseguibile nei tempi e nelle modalità descritte
Cassazione, sez. I, 8 marzo 2012, n. 9157
(Pres. Chieffi – Rel. Cassano)
Ritenuto in fatto
1. Il 18 gennaio 2011 il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, in composizione monocratica, dichiarava S.D.S.C. colpevole della contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p., a lui contestato per essersi reso inottemperante all’ordine legalmente dato dal Comune di Procida con ordinanza del Sindaco del 2.8.2004 n. 151 per motivi di igiene, e lo condannava alla pena di duecento Euro di ammenda.
2.Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l’imputato, il quale denuncia erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta legalità dell’ordine impartito dal Sindaco di Procida, in realtà emesso in assenza dei presupposti richiesi dalla legge. In subordine chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Osserva in diritto
Il ricorso è fondato.
1. In presenza di norme penali che sanzionano l’inottemperanza a un ordine della pubblica amministrazione, il giudice penale deve verificare la legittimità del provvedimento amministrativo presupposto del reato, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello formale, con riferimento a tutti e tre i vizi tipici che possono determinare l’illegittimità degli atti amministrativi, e cioè violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere.
2. L’art. 650 c.p. è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela (Sez. I, 14.2.2000, n. 01711; Sez. I, 3.3.2000, n. 2653).
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 650 c.p. è necessario che:
a) l’inosservanza riguardi un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia;
b) l’inosservanza attenga ad un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione;
c) il provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene sia adottato nell’interesse della collettività e non di privati individui.
Il giudice deve, inoltre, valutare se il provvedimento corrisponde effettivamente alla funzione legale tipica assegnatagli dall’ordinamento e se, per la sua formulazione, sia – in rapporto alla particolare situazione che si intende tutelare – eseguibile nei tempi e nelle modalità descritte.
2. L’ordinanza “contingibile ed urgente” che, ai sensi dell’art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il sindaco può emanare in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica o a tutela dell’ambiente, a carattere esclusivamente locale, deve avere come requisito di legittimità formale una motivazione che dia conto dei presupposti concreti previsti dalla legge: necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l’ambiente, che, in ragione della situazione di emergenza, non potrebbero essere protetti in modo altrettanto adeguato, ricorrendo alla via ordinaria (Sez. I, 20.10.2010, n. 39830; Sez. I, 16.10. 2007, n 15881).
3. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto ha omesso di valutare il tenore dell’ordine impartito dal Sindaco di Procida per ragioni di “igiene”, articolato in due parti. Nella prima, veniva richiamato il contenuto della relazione redatta il 21 luglio 2004 dal Comando dei Vigili Urbani – intervenuti su richiesta dei vicini dell’imputato – del seguente tenore: “il fondo è incolto e presenta rovi e arbusti che creano disagi alle unità immobiliari di proprietà di O.C. e N.E. , nonché pericoli per eventuali fenomeni di combustione o altri eventi nocivi”. Nella seconda l’ordinanza concludeva testualmente: “occorre intervenire a tutela della salute pubblica e privata”.
Sulla base di questi elementi è evidente che non sussistevano i presupposti di adozione dell’ordinanza contingibile e urgente, mancando qualsiasi obiettiva indicazione delle ragioni di igiene, poste a tutela della collettività e non di singoli soggetti interessati quali, nel caso di specie, i confinanti, che non consentivano di ricorrere alla via ordinaria e imponevano una pronta tutela degli interessi pubblici a fronte di una condizione di mera trascuratezza di un fondo con vegetazione.
L’illegalità dell’ordine, costituente il presupposto del reato, si riflette sulla configurabilità dello stesso. Per tutte queste ragioni s’impone, quindi, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.