TRUFFA. GLI ARTIFICI E RAGGIRI NEL REALIZZARE OPERE PUBBLICHE DEVONO ESSERE CHIARAMENTE ACCERTATI!
Cassazione, sez. V, 16 marzo 2012, n. 10464
Luca D’Apollo
Nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale deve essere causata dagli artifizi e dai raggiri posti in essere dall’agente, che, attraverso di essi trae in inganno il soggetto passivo, che viene così indotto alla disposizione patrimoniale.
Nel caso di specie òa formula utilizzata, alquanto contorta, si presta a più di una interpretazione.
Secondo il Collegio: “se con essa si è valuto significare che i fondi, in origine legittimamente stanziati, sono stati stornati “mediante il ricorso … all’approvazione di varianti”, dovrebbe esser chiarito se tali varianti siano state ottenute con comportamenti truffaldini (artifizi e raggiri e – naturalmente – occorrerebbe specificare in cosa siano consistiti); bisognerebbe poi che fosse anche chiarito per qual motivo le cessioni di parte dei fondi privati sono state ritenute fittizie, atteso che, per quel che è dato comprendere, l’ampliamento delle strade è avvenuto proprio utilizzando tali strisce di terreno (dunque le cessioni sarebbero effettive); infine, dovrebbe essere precisato in che cosa è consistita la illecita locupletazione dei privati, atteso che, una volta ampliata la strada, non sembra illogico che i fondi con essa confinanti siano stati muniti di varchi e, se necessario, delimitati da muri di sostegno”.
“È inoltre evidente che pecca di genericità un addebito col quale si accusa taluno di aver costituito “un sistema” illegale, se non si specifica attraverso quali modalità, quali passaggi, quali scansioni e – principalmente – quali azioni, tale “sistema” operi”.
Cassazione, sez. V, 16 marzo 2012, n. 10464
(Pres. Ferrua – Rel. Fumo)
Rilevato in fatto
Il TdR di Napoli, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha confermato il decreto di sequestro preventivo per equivalente della somma di Euro 343.543, eseguito in danno di I.F.S. e S.L. , responsabile unico del procedimento, il primo, segretario comunale di (omissis) , il secondo, con riferimento al delitto di truffa, così provvisoriamente contestato: “per avere posto in essere artifizi e raggiri, consistenti nel modificare artatamente i progetti definitivi (già approvati) delle opere pubbliche da realizzarsi, mediante il ricorso sistematico all’approvazione di varianti in corso d’opera, consistenti inoltre nello stipulare fittizi atti di cessione volontaria dei suoli, al fine di indurre in errore i responsabili degli enti preposti all’erogazione dei fondi pubblici richiesti per l’esecuzione delle opere pubbliche, di fatto consistite in ampliamenti delle strade, muri di sostegno in cemento armato o i nuovi varchi di accesso, realizzati su suoli privati, così determinando, per i proprietari di detti suoli, un ingiusto vantaggio patrimoniale, con evidente danno per gli enti erogatori dei rispettivi finanziamenti”.
I predetti sono anche indagati con riferimento ad altre ipotesi delittuose, cui, tuttavia non si riferisce la misura cautelare.
Ricorrono per cassazione i difensori dei due indagati, con censure in parte comuni. Nell’interesse di I. , si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 640 cpv n. 1, 323, 640 quater, 322 ter, 240 cp, 321, 125 comma III cpp. Premesso che, tra quelli contestati, il delitto di truffa è l’unico che ammette il sequestro per equivalente, si osserva che gli artifizi e i raggiri non possono collocarsi in un momento temporale successivo alla induzione in errore, in quanto di detta induzione essi devono essere la causa. Posto di fronte a tale problema (poiché lo stanziamento dei fondi precede di anni la realizzazione dei lavori), il TdR ha tentato di “aggirarlo” con una motivazione fantasiosa, sostenendo che la condotta truffaldina non consiste nella richiesta dei finanziamenti pubblici, da destinare alla realizzazione delle opere, ma soltanto nell’elaborazione di un sistema che aveva consentito di realizzare tali opere ottenendo – da parte dei privati – la fittizia cessione volontaria di piccole strisce di terreno di loro proprietà, dietro la promessa di migliorie, realizzate, in realtà, con soldi pubblici.
Le migliorie avrebbero dovuto, secondo il TdR, essere realizzate a loro spese dai proprietari dei fondi e non con denaro in realtà stanziato per l’ampliamento delle due strade sulle quali i fondi privati si affacciano. Insomma, secondo il Collegio cautelare, la cessione delle strisce di terreno da parte dei privati sarebbe conseguente all’ottenimento delle risorse finanziarie pubbliche. Lo stesso TdR ammette, invero, che lo stazionamento è di gran lunga anteriore agli atti che addebita agli indagati, risalendo all’anno 2004. Al proposito, va ricordato che I. fu nominato responsabile dei due procedimenti (ognuno con riferimento a una strada del comune di (omissis) rispettivamente nel 2005 e nel 2006.
A tutto voler concedere, dunque, nella ipotizzata condotta a carico del ricorrente si potrebbe ravvisare il delitto di abuso di ufficio, ma non certo quello di truffa. Con seconda censura, si deduce violazione dell’art. 125 comma III cpp per avere il TdR omesso del tutto di motivare in ordine alle deduzioni difensive relative al quantum del profitto sequestrabile. A fronte del corrispettivo determinato con certezza per la esecuzione delle opere, è stato sequestrato un importo superiore. La questione è stata oggetto di specifica censura, sulla quale il Collegio cautelare non ha fornito replica alcuna, il che integra violazione di legge per difetto assoluto di motivazione.
Nell’interesse di S. , dopo una lunga premessa (9 pagine), nella quale il difensore trascrive il contenuto del ricorso al TdR e il contenuto della memoria depositata all’udienza di discussione, si deduce manifesta illogicità della motivazione e insussistenza del fumus commissi delicti (dunque violazione di legge), svolgendo argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle articolate nel ricorso di I. per quel che riguarda la struttura e le cadenze temporali del delitto di truffa. Si assume quindi che gli atti di cessione di porzioni di terreno dei fondi confinanti con le strade non sono fittizi, ma reali, si assume che il delitto di truffa deve consistere in una condotta ben determinata (artifizi, raggiri, induzione in errore, disposizione patrimoniale da parte del deceptus) e che, dunque, non si può fare riferimento alla generica “elaborazione di un sistema”, come pretende il TdR. Bisognerebbe quantomeno provare che l’agente abbia partecipato alla elaborazione del sistema predetto. Oltretutto, il “sistema” consiste nella emanazione di legittimi atti amministrativi da parte di un organo (la giunta municipale) dotato dei relativi poteri. Inoltre, i giudicanti hanno mostrato di aver ignorato la certificazione del direttore dei lavori, prodotta agli atti, e gli altri provvedimenti amministrativi, dai quali emerge che i lavori di sistemazione e messa in sicurezza di almeno una delle due strade non incidono su aree private.
Per quanto specificamente riguarda la figura e la funzione del S. , si deduce l’inosservanza della normativa di cui al D.Lsvo 261/2000 art. 97. Ritenere la condotta del S. utile alla commissione di artifizi e raggiri per la sottoscrizione di alcune scritture (il S. operò in sostituzione di un funzionario assente) e sostenere che il predetto “in qualità di segretario comunale… quale addetto al rispetto della legalità, aveva invece rogato gli atti di cessione volontaria che la pubblica accusa ritiene essere falsile un’affermazione assurda e incomprensibile. Il segretario comunale è tenuto, al rispetto della legge e per gli atti da lui compiuti, nei limiti del disposto del ricordato articolo 97. Il ricorrente non ha rogato gli atti di cessione, ma ha solo sostituito un funzionario nella sottoscrizione della scrittura di cessione gratuita di area, da formalizzare successivamente con scrittura definitiva.
Considerato in diritto
La prima censura, sostanzialmente comune ai due ricorrenti, è fondata: le altre restano assorbite.
È innanzitutto esatto che, nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale deve essere causata dagli artifizi e dai raggiri posti in essere dall’agente, che, attraverso di essi trae in inganno il soggetto passivo, che viene così indotto alla disposizione patrimoniale.
Ebbene, il provvisorio capo di imputazione, così come strutturato, non lascia chiaramente intendere quale sia la condotta addebitata ai due indagati.
La formula utilizzata, alquanto contorta, si presta a più di una interpretazione.
Invero, se con essa si è valuto significare che i fondi, in origine legittimamente stanziati, sono stati stornati “mediante il ricorso … all’approvazione di varianti”, dovrebbe esser chiarito se tali varianti siano state ottenute con comportamenti truffaldini (artifizi e raggiri e – naturalmente – occorrerebbe specificare in cosa siano consistiti); bisognerebbe poi che fosse anche chiarito per qual motivo le cessioni di parte dei fondi privati sono state ritenute fittizie, atteso che, per quel che è dato comprendere, l’ampliamento delle strade è avvenuto proprio utilizzando tali strisce di terreno (dunque le cessioni sarebbero effettive); infine, dovrebbe essere precisato in che cosa è consistita la illecita locupletazione dei privati, atteso che, una volta ampliata la strada, non sembra illogico che i fondi con essa confinanti siano stati muniti di varchi e, se necessario, delimitati da muri di sostegno.
È inoltre evidente che pecca di genericità un addebito col quale si accusa taluno di aver costituito “un sistema” illegale, se non si specifica attraverso quali modalità, quali passaggi, quali scansioni e – principalmente – quali azioni, tale “sistema” operi.
Si impone, per le ragioni sopra esposte, annullamento con rinvio al medesimo Tribunale.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.