APPALTO E VIZI DELL’OPERA. LA DITTA APPALTATRICE ED IL DIRETTORE DEI LAVORI RISPONDONO IN VIA SOLIDALE
Cassazione, sez. III, 20 marzo 2012, n. 4398
(Pres. Segreto – Rel. Amatucci)
Svolgimento del processo
1.- Con distinti decreti ingiuntivi l’appaltatrice L.A. (titolare dell’impresa corrente sotto la ditta Gruppo M.C.M. ed il direttore dei lavori per il committente, ing. R.L. , richiesero al committente Condominio di (OMISSIS) il pagamento, rispettivamente, di 35.150.000 a saldo del corrispettivo dell’appalto di lavori di manutenzione straordinaria dello stabile condominiale e di L. 11.439.705 a saldo del corrispettivo ancora dovuto ed ulteriore rispetto alla somma di L. 12.589.215 già versata.
Il Condominio propose opposizione avverso entrambe le ingiunzioni (n. 882/98 e 1416/98): con la prima chiese la revoca del decreto e, in riconvenzione, la condanna dell’opposta al risarcimento dei danni (L. 45.000.000) per vizi dell’opera, chiamando in causa anche il R. quale responsabile in solido con l’appaltatrice; con la seconda domandò la revoca del decreto ingiuntivo e, del pari, la condanna del R. al pagamento della somma di L. 45.000.000 per aver omesso i dovuti controlli sulle opere non eseguite a regola d’arte e per aver sottoscritto il verbale di esatta esecuzione dei lavori, taluni dei quali neppure eseguiti.
I convenuti resistettero.
Riunite le cause con ordinanza del 4.6.1999 ed espletata l’istruttoria, con sentenza n. 621/2006 il Tribunale di Cagliari rigettò l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a favore del R. (del quale riconobbe il diritto al compenso per gli ulteriori elaborati predisposti), revocò quello emesso a favore del Condominio e, compensati per il resto i relativi crediti, condannò l’appaltatrice al pagamento di Euro 3.635,30, oltre accessori.
2.- La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Cagliari che, con sentenza n. 70/2010, accertato nella misura di circa Euro 30.000 il credito del condominio e compensati i crediti dello stesso con quelli dell’appaltatrice, la ha condannata, in solido col direttore dei lavori R. , a pagare al Condominio la differenza di Euro 21.504,9, oltre agli accessori; ha inoltre revocato il decreto ingiuntivo n. 1416/1998 emesso dal Pretore di Cagliari a favore di L..R. .
Quanto alle spese del doppio grado, ha condannato l’appaltatrice ed il R. in solido a rimborsare al Condominio i tre quarti di quelle affrontate per l’opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dall’appaltatrice ed il R. al rimborso di quelle relative all’opposizione al decreto dal medesimo richiesto, distintamente liquidandole.
3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione R.L. , affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso il Condominio, che propone ricorso incidentale fondato su due motivi, avversati con controricorso da Condominio.
L’intimata A..L. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorso principale di L..R. .
1.- Col primo motivo, sono denunciate violazione e falsa applicazione degli artt. 1667, 1669 e 2236 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto il direttore dei lavori solidalmente responsabile per i vizi dell’opera addebitabili esclusivamente all’impresa appaltatrice.
1.1.- Il motivo è inammissibile per essere fondato su un presupposto di fatto insussistente.
La Corte d’appello, alle pagine 11 e 12 della sentenza impugnata, ha infatti rilevato che nella specie la colpa del direttore dei lavori si è realizzata in fase di controllo (o omesso controllo) circa la rimozione dell’intonaco preesistente, effettuato in modo difforme dagli accordi; inoltre la responsabilità del professionista si rinviene nell’aver indicato nel certificato di regolare esecuzione il compenso spettante per le lavorazioni maggiormente onerose, che però non erano state realizzate. Si è infatti chiarito che la responsabilità del professionista consiste anche nel non aver controllato l’ottemperanza da parte dell’appaltatore agli accordi relativi all’impiego di determinati materiali (Cass. sez. 2 n. 10728/08).
Ha dunque ritenuto che i vizi fossero addebitabili anche al direttore dei lavori e non “esclusivamente” all’appaltatrice ed ha fato applicazione del principio assolutamente consolidato enunciato dalla sentenza richiamata secondo il quale, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultati ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”; rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; pertanto, non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e di riferirne al committente; in particolare l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati.
2.- Col secondo motivo è denunciato ogni possibile vizio della motivazione della sentenza impugnata (che si assume anche contraddittoria dopo averla indicata come omessa) in punto di ravvisata responsabilità del direttore dei lavori per i vizi accertati con la consulenza tecnica d’ufficio.
Vi si sostiene che la Corte d’appello “si limita ad affermare l’esistenza di una generica condotta colposa, consistente nella mancata vigilanza sull’attività d’impresa, senza specificare in che modo detta colpa si sostanzi in concreto”.
2.1.- La censura è infondata.
La Corte territoriale ha accolto il motivo d’appello relativo alla responsabilità del professionista col quale il Condominio aveva affermato che essa consistesse nel non aver controllato che la rimozione dell’intonaco preesistente avvenisse secondo gli accordi e nell’aver liquidato, nel certificato di regolare esecuzione – il compenso spettante per le lavorazioni più onerose, nonostante esse non fossero state eseguite. La responsabilità del direttore dei lavori sarebbe consistita anche nel non aver sorvegliato l’esecuzione a regola d’arte dell’intonacatura, causa delle lesioni riscontrate dal ctu e sarebbe anche connessa ai ritardi nell’esecuzione degli interventi….” (così la sentenza, a pag. 7).
È dunque assolutamente chiaro quel che s’è imputato al direttore dei lavori, anche alla luce dell’espletata c.t.u., dalla quale il ricorrente assolutamente prescinde nell’illustrazione del motivo.
3.- Co terzo motivo, è ancora denunciato ogni possibile tipo di vizio della motivazione per non essere stata valutata la sussistenza di un accordo modificativo del capitolato del contratto di appalto.
3.1.- Il motivo è inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza.
Il ricorrente imputa alla Corte d’appello di non essersi pronunciata neppure per superare quanto affermato nella sentenza di primo grado in ordine alla riferibilità ad accordi verbali modificativi di alcune asserite difformità “contrassegnate ai punti 5, 6 e 7”, ma non rappresenta alla Corte di cassazione né il senso del riferimento ai punti 5, 6 e 7, né il loro contenuto, né quello degli accordi verbali modificativi.
La Corte di legittimità non è dunque posta in condizione di comprendere la portata della censura, il suo significato e la sua decisività.
4.- Col quarto motivo la motivazione è indicata come contraddittoria laddove s’è ritenuto che per le opere extra contratto l’operato del progettista e del direttore dei lavori non dovesse essere retribuito a causa dell’esistenza di un accordo precedente che prevedeva già un compenso a corpo.
4.1.- In realtà la Corte d’appello, a pag. 12 della sentenza, ha affermato: l’ing. R. non ha dedotto né tanto meno dimostrato quali fossero le attività sulle quali era stato raggiunto l’accordo con il committente e, soprattutto, non ha dimostrato di averne posto in essere delle nuove ed ulteriori non comprese nell’originario incarico professionale.
Il ricorrente non dice dove lo avesse invece dedotto, come lo avesse dimostrato e in che cosa specificamente tali attività fossero consistite.
Anche questo motivo è dunque inammissibile per difetto di autosufficienza.
5.- Col quinto motivo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 5, n. 4, del d.m. 8.4.2004, n. 127 per aver proceduto, ai fini della condanna alle spese, ad una duplicazione delle stesse a carico del R. pur in presenza di cause riunite sin dal 4.6.1999.
5.1.- Il motivo è fondato nella parte in cui concerne l’attività svolta dal medesimo avvocato del Condominio a partire dal momento della riunione disposto con ordinanza del 1999 (la sentenza è del 2006).
L’art. 5, n. 4, del d.m. n. 127/2004, prevede infatti che l’aumento del 20% dell’onorario per ogni parte oltre la prima si applichi anche quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assista e difenda un parte contro più parti quando la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto.
È, appunto, il caso di specie.
La Corte d’appello ha dunque errato laddove ha riconosciuto al Condominio onorari autonomi per l’intero processo a carico del R. in ordine ad entrambe le cause, anche per l’attività espletata dopo la riunione.
Cassata sul punto la sentenza impugnata, può assumersi la decisione di merito ex art. 384 c.p.c., limitando la condanna autonoma del R. alle spese (di cui al quarto ed ultimo capo della sentenza impugnata), ulteriore rispetto a quella del secondo capo, ad Euro 1.600 per diritti ed onorari e ad Euro 125 per spese quanto al primo grado, e ad Euro 550 per diritti ed onorari ed Euro 80 per spese quanto al secondo grado, oltre agli accessori di legge.
6.- Col sesto motivo il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia (e di ogni possibile tipo di vizio della motivazione della motivazione della sentenza) da parte della Corte d’appello sulla domanda subordinata del R. al pagamento degli onorari professionali, riconosciuti come pattuiti in L. 15.000.000 e versati solo per L. 12.589.215.
6.1.- Premesso che non è configurabile vizio di motivazione quando addirittura si deduca un’omessa pronuncia, essendo ovvio che non sia motivato ciò su cui un giudice non si sia pronunciato, la censura di cui all’art. 112 c.p.c. è manifestamente fondata.
Può anche qui provvedersi ex art. 384 c.p.c., determinando nella differenza tra i due importi, maggiorata degli interessi dalla data di consegna dei lavori, il minor debito del direttore dei lavori.
Il ricorso incidentale del Condominio.
7.- Col primo motivo è denunciato ogni possibile tipo di vizio della motivazione in relazione al conteggio dei crediti del Condominio committente, con particolare riferimento alla mancata inclusione a credito delle somme riconosciute nella sentenza di primo grado ed all’indebita detrazione della somma di Euro 7.368,40, costituente un credito e non un debito del condominio.
7.1.- Il motivo, inammissibile nella parte in cui si prospetta un errore di calcolo o percettivo per essere esso emendabile solo col mezzo della correzione o della revocazione e non con il ricorso per cassazione, è per il resto infondato, avendo la corte d’appello determinato il dovuto in esito alla valutazione delle complessive posizioni delle parti, che non possono essere certo partitamente riesaminate, riconsiderate e controllate dal giudice della nomofilachia.
8.- Con il secondo motivo la sentenza è censurata per omessa pronuncia (artt. 112, 345 e 346 c.p.c.) sulla domanda di restituzione delle somme pagate dal Condominio (Euro 14.039,30, giusta nota dell’avv. Pisano del 2.5.2006) a seguito della sentenza di primo grado, onde evitare l’esecuzione, come documentato e non contestato in appello.
8.1.- La censura è fondata.
La Corte territoriale non ha provveduto sulla domanda, addirittura esplicitamente proposta in appello, come risulta dal punto 3 delle conclusioni riportate nella sentenza impugnata.
L’obiezione del R. , secondo il quale essa era improponibile in quanto non proposta in primo grado, è logicamente incomprensibile, in quanto presuppone che una domanda di restituzione possa essere formulata prima della sentenza in esecuzione della quale il pagamento è effettuato.
Anche sul punto può provvedersi ex art. 384 c.p.c., riconoscendo gli interessi dalla data della domanda, trattandosi di accipiens in buona fede.
Conclusioni.
9.- Vanno accolti il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettate tutte le altre censure, provvedendosi ex art. 384 c.p.c. come detto nei precedenti paragrafi.
La reciproca soccombenza induce alla compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione pronunciando sui ricorsi riuniti, accoglie il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, rigetta tutti gli altri motivi, cassa in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, così provvede, ferme le ulteriori statuizioni della sentenza impugnata:
– determina nel minore importo di Euro 1.600 per diritti ed onorari e di Euro 125 per spese quanto al primo grado, e di Euro 550 per diritti ed onorari e di Euro 80 per spese quanto al secondo grado, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, con gli interessi dalle date delle rispettive sentenze, il minor debito di L..R. rispetto a quello indicato nell’ultimo capo della sentenza;
– condanna il Condominio a pagare al R. l’equivalente in Euro di L. 2.410.785, oltre agli interessi legali dalla data di consegna dei lavori da parte dell’appaltatrice;
– condanna il R. a restituire al Condominio la somma di Euro 14.039,30, oltre agli interessi dalla data della domanda in appello;
– compensa le spese del giudizio di cassazione.