È nullo il matrimonio contratto solo perché lei aspetta un bambino? Cassazione, Sez. I, 30 marzo 2012, n. 5175 (G. Rossi)

 

È NULLO IL MATRIMONIO CONTRATTO SOLO PERCHÉ LEI ASPETTA UN BAMBINO?

Cassazione, Sez. I, 30 marzo 2012, n. 5175

Gianna Rossi

 

 

Il Canone 1101 del Codice di diritto canonico stabilisce che il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio, ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente. Nel caso di specie, l’elemento e la proprietà essenziale del matrimonio tra due coniugi è l’esclusione del vincolo dell’indissolubilità del matrimonio, così detta “riserva mentale”. I due coniugi si sono sposati solo perché lei aspettava un bambino e il marito aveva contratto matrimonio, ma “simulando”, ovvero con un contrasto tra la volontà di contrarre un matrimonio “sacramento” e in quanto tale indissolubile e la volontà manifestata esteriormente con il fatidico “Si”.

Che il matrimonio fosse nullo non v’è dubbio e, infatti, è stato dichiarato tale nei tre gradi previsti per la declaratoria di nullità matrimoniale, Tribunale ecclesiastico diocesano, Tribunale Regionale e Tribunale della Segnatura apostolica. Si arriva alla delibazione. La Corte di Appello di Napoli dichiara l’esecutività

della sentenza ecclesiastica, ma la moglie promuove ricorso per Cassazione, avverso tale pronuncia. Con la Sentenza n. 5175/2012, la Suprema Corte rigetta il ricorso. Infatti, il giudice del merito si è correttamente attenuto ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui «in sede di delibazione della sentenza di nullità matrimoniale emessa dal giudice ecclesiastico per esclusione del vincolo dell’ indissolubilità “ex parte viri”, il giudice italiano è vincolato ai fatti accertati nella pronuncia, non essendogli concesso né un riesame del merito né il rinnovo dell’istruttoria con acquisizione di nuovi materiali probatori. Tuttavia, essendo diversa la natura dei giudizi, quello ecclesiastico teso a accertare la “voluntas simulandi” unilaterale di un coniuge e quello italiano incentrato sulla necessità di verificare il profilo di conoscenza o conoscibilità di tale riserva, al giudice italiano non è precluso di provvedere a un’autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio secondo le regole del processo civile, eventualmente disattendendo gli obiettivi elementi di conoscenza documentati negli atti del giudizio ecclesiastico».

Nel caso di specie, con adeguata e logica motivazione, è stato accertato, tra l’altro, che la durata breve, solo dieci mesi, della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie è stata caratterizzata da incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a diversità caratteriali e di educazione, nonché alla carenza di affetto che dovrebbe sussistere tra due coniugi, elementi tutti tali da rendere intollerabile la prosecuzione, della convivenza. La scelta matrimoniale era stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso, il concepimento del figlio, anche da parte della futura madre e non, invece, dall’intento della medesima di vivere con il coniuge per tutta la vita. Ciò costituisce un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte della moglie, della riserva mentale di del coniuge. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

 

 

Cassazione, Sez. I, 30 marzo 2012, n. 5175

(Pres. Vitrone – Rel. Didone)

 

Ritenuto in fatto e in diritto

1. – Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha dichiarato l’esecutività, ai sensi dell’art. 8 n. 2 della legge 121/85, della sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano del 12- 3-2008, ratificata dal Tribunale di Appello del Vicariato di Roma in data 22-10-2008 e resa esecutiva con decreto in data 19-2-2009 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto da F. C. con M.A. a causa dell’esclusione dell’indissolubilità del matrimonio medesimo da parte delI’ attore, ai sensi del canone 1101 parag. 2 c.d.c.

2.- Contro la decisione della corte di merito la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a

tre motivi, resiste con controricorso l’intimato, il quale ha – tra l’altro – dedotto la non integrità del contraddittorio.

3. – Il ricorso risulta ritualmente notificato al P. M. presso la Corte di appello.

3.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «nullità della sentenza per difetto della

sua sottoscrizione, ex art . 132 c.p.c – art. 119 Disp. Att c.p.c.».

3. 1. 1. – Il motivo è manifestamente infondato perché la sentenza risulta regolarmente sottoscritta dall’estensore e dal presidente mentre nessun rilievo può essere attribuito all’incompleta indicazione della data di svolgimento della camera di consiglio una volta che il provvedimento

risulta ritualmente depositato in cancelleria con l’indicazione del deposito in data 15.9.2010.

3. 2. – Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per difetto di valutazione delle prove» e con il terzo motivo denuncia «erronea, incongruente e contraddittoria motivazione circa punti, decisivi della controversia – art 360, 5 c.p.c.».

3.2.1.- Le censure sono inammissibili perché la corte del merito si è correttamente attenuta ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui «in sede di delibazione della sentenza di nullità matrimoniale emessa dal giudice ecclesiastico per esclusione del

vincolo dell’ indissolubilità “ex parte viri”, il giudice italiano è vincolato ai fatti accertati in quella

pronuncia, non essendogli concesso né un riesame del merito né il rinnovo dell’istruttoria con acquisizione di nuovi materiali probatori; tuttavia, essendo diversa la natura dei giudizi, quello ecclesiastico teso ad accertare la “voluntas simulandi” unilaterale di un coniuge e quello italiano incentrato sulla necessità di verificare il profilo di conoscenza o conoscibilità di tale riserva, al giudice italiano non è precluso di provvedere ad un’autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio secondo le regole del processo civile, eventualmente disattendendo

gli obiettivi elementi di conoscenza documentati negli atti del giudizio ecclesiastico» (Sez. 1, Sentenza n. 2467 del 01/02/2008).

Con adeguata e logica motivazione, per ciò stesso incensurabile in questa sede la corte di merito ha accertato tra l’altro che «la durata breve (di appena dieci mesi) della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della convenuta e caratterizzata da incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a differenze caratteriali e di educazione ed a carenza di affetto sponsale, tali da renderne intollerabile la prosecuzione,

come accertato nel giudizio di separazione tra i coniugi, conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli in data 14-7-2009, in assenza di alcun tentativo serio di conciliazione da parte dei medesimi ed, in particolare, della M. nel mentre conferma il fatto che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso (il concepimento del figlio), anche da parte della convenuta e non, invece, dall’intento della medesima di vivere con il C. per tutta la vita, costituisce un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte sua, della riserva

mentale di quest’ ultimo».

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

 

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre le spese generali e accessori come per legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’ art. 52 d .lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

 

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