Nel giudizio di merito ci si può trovare di fronte lo stesso giudice che ha disposto le misure cautelari? Cassazione, sez. V, 30 marzo 2012, n. 12127

 

NEL GIUDIZIO DI MERITO CI SI PUÒ TROVARE DI FRONTE LO STESSO GIUDICE CHE HA DISPOSTO LE MISURE CAUTELARI?

Cassazione, sez. V, 30 marzo 2012, n. 12127

 

È insussistente il presupposto non manifesta infondatezza, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p. nella parte in cui non prevede tra le cause di incompatibilità la partecipazione al giudizio del giudice già componente del tribunale del riesame che aveva provveduto su una misura cautelare reale disposta nei confronti dell’imputato

 

 

Cassazione, sez. V, 30 marzo 2012, n. 12127

(Pres. Oldi – Rel. Bruno)

 

Svolgimento del processo

Z.S. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Massa, dei reati di seguito indicati:

A) (4/08 Dib) ai sensi degli artt. 81 cpv. 660, 61 n. 1 c.p. perché, con più azioni esecutive della medesima risoluzione, inviando numerosissime comunicazioni a mezzo telefax e a mezzo posta, in alcuni casi anche corredate da fotografie di F.T. , all’Agenzia di Massa del Monte dei Paschi di Siena (luogo di lavoro di F.L. , padre di F.T. ), all’esercizio commerciale che gestisce il punto di vendita Vodafone (luogo di lavoro di F.T. ) all’Ufficio Amministrazione dell’A.S.L. n. X di Massa Carrara (luogo di lavoro di D.M.L. (fidanzata di F.T. ), ai residenti nel condominio ove abita la famiglia F. , nonché a numerosissime persone e ambienti frequentati dalla famiglia F. , ed inoltre effettuando numerosissime telefonate a tutti i predetti destinatari ed all’abitazione di D.G. (padre di D.M.L. ), molestava F.L. , F.T. , D.M.L. , T.A. e gli altri destinatari delle indebite comunicazioni, con l’aggravante di avere commesso il fatto per motivi abbietti consistenti nella volontà denigratoria e diffamatoria della condotta e nella protrazione per lunghissimo tempo idei fatti contestati.

B) (4/09 Dib) ai sensi degli artt. 81, 594, 595, commi 1 e 2, 61 n. 2 c.p., perché con le condotte di cui al precedente capo B) dell’imputazione, e quindi mediante comunicazioni dirette sia a F.T. che ad altre numerosissime persone, attribuendo a F.T. tendenze e condotte omosessuali, l’uso, la detenzione abituale e lo spaccio di cocaina, l’avvenuta contrazione di malattie quali l’HIV, offendeva l’onore e la reputazione di F.T. , nonché di F.L. , padre di T. , di D.M.L. , fidanzata, di Fu.An. , madre, in virtù dei loro legami con F.T. , con le aggravanti di avere commesso il reato attribuendo alla vittima fatti determinati, e per motivi abbietti.

C) (4/09 Dib) ai sensi degli artt. 81 cpv, 612 c.p. perché, con una comunicazione postale diretta alla famiglia V. , residente nel condominio ove abita F.T. , minacciava a quest’ultimo un ingiusto danno prospettando la imminenza di una punizione in conseguenza di uno “sgarro” collegato con l’attività di spacciatore di cocaina attribuita allo stesso F. .

D) (4/09 Dib) ai sensi degli artt. 81 cpv, 582, 61 n. 1 c.p. perché con, con le condotte sopra descritte, e quindi sottoponendo F.T. e D.M.L. al continuo stillicidio delle comunicazioni diffamatorie descritte al capo B) dell’imputazione, cagionava a F.T. ed a D.M.L. lesioni personali consistenti in sindrome ansioso-depressiva reattiva con ricorrenti episodi di panico per il primo ed in sindrome ansioso-depressiva reattiva con frequenti attacchi di panico, con episodi di insonnia e di crisi cefaloalgiche in soggetto in gravidanza per la seconda, con l’aggravante di avere commesso il fatto per motivi abbietti.

E) (4/09 Dib) ai sensi dell’art. 648 c.p. perché alfine di trame profitto, acquistava e comunque riceveva da terzi un computer portatile di marca Acer sottratto dall’abitazione di F.T. ed oggetto (con altri beni) della denuncia di furto sporta da F.L. alla Questura di Massa Carrara.

I) (242/07 Dib) ai sensi dell’art. 660 c.p., perché effettuando numerose telefonate mute ed inviando messaggi all’utenza di D.G. , per petulanza o per altro biasimevole motivo, recava al predetto molestie e disturbo.

C1) (525/07 Dib) ai sensi dell’art. 660 c.p. perché, per petulanza o per altro biasimevole motivo, recava molestie telefoniche ai danni di F.T. , consistite nel fare delle telefonate con pernacchie e nel mandare fax con frasi offensive durante l’orario di apertura del negozio di telefonia in (omissis) .

H) (676/07 Dib) ai sensi dell’art. 660 c.p. perché per petulanza o per altro biasimevole motivo, recava molestie telefoniche ai danni di T.A. , consistite nel fare delle telefonate con pernacchie e nel mandare fax con frasi offensive durante l’apertura dell’anzidetto negozio di telefonia in XXXXX.

Con sentenza del 5 giugno 2009, il Tribunale assolveva l’imputato dal reato di lesioni personali in danni di F.T. con formula per insussistenza del fatto; lo dichiarava, invece, colpevole di identico reato in danno di D.M.L. e degli altri reati ascrittigli e, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni uno mesi sei di reclusione nonché al risarcimento dei danno in favore delle persone offese, costituite parti civili oltre consequenziali statuizioni e benefici di legge, subordinandone l’efficacia all’avvenuto pagamento da parte dell’imputato delle somme liquidate a titolo di risarcimento entro 60 gg. dal passaggio in giudicato della presente.

Avverso la pronuncia anzidetto il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

 

Motivi della decisione

 

1. – Il primo motivo di ricorso denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) ed erronea applicazione dell’art. 34 comma 2 c.p.p..

Il secondo motivo deduce violazione per erronea applicazione dell’art. 582 c.p. ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. b).

Il terzo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) per erronea applicazione dell’art. 81 comma 1 c.p. in relazione all’art. 1 c.p., con riferimento al disposto aumento della pena base di mesi uno di reclusione per il reato di minacce, punito solo con la pena pecuniaria fino ad Euro 51 di multa. Il quarto motivo deduce violazione di legge per erronea interpretazione dell’art. 599 c.p., ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b), con riferimento al diniego dell’esimente in questione relativamente ai reati di ingiuria e diffamazione.

Il quinto motivo denuncia mancanza o contraddittorietà di motivazione con riferimento al rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale.

3. – Il primo motivo è privo di fondamento, posto che non esiste l’eccepito difetto motivazionale. Ed invero, il giudice a quo, nel ritenere insussistente il presupposto della non manifesta infondatezza, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p. – nella parte in cui non prevede tra le cause di incompatibilità la partecipazione al giudizio del giudice già componente del tribunale del riesame che aveva provveduto su una misura cautelare reale disposta nei confronti dell’imputato, ha fatto pur generico richiamo alla giurisprudenza del giudice delle leggi. È risaputo, al riguardo, che con sentenza 12.3.1997, n. 66 la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la detta questione sull’assorbente rilievo che, nell’adozione o nella conferma delle misure cautelari reali manca quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, basata sui gravi indizi di colpevolezza, che potrebbe rendere, o far apparire, condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, così da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo. Più di recente, affrontando analoga questione, il Giudice delle leggi, con ordinanza del 7.4.2004, n. 181, ne ha ribadito la manifesta infondatezza, pur precisando che un’eventuale valutazione sul merito dell’accusa compiuto in tale sede, all’interno dello stesso procedimento, deve essere accertato in concreto e devono in tal caso trovare applicazione, ove ne sussistano i presupposti, gli istituti dell’astensione o della ricusazione, posto che, alla luce della sentenza n. 113 del 2000, deve ritenersi, ai fini dell’obbligo di astensione, che le gravi ragioni di convenienza di cui all’art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen. riguardino non soltanto situazioni private del giudice, ma anche l’attività giurisdizionale comunque svolta in precedenza. Ipotesi di indebita anticipazione di giudizio nel merito risulta si sia verificata in concreto, a parte poi che, a tutto concedere, l’inosservanza delle norme in tema di astensione non è causa di nullità e che, comunque, non risulta che nei confronti del giudice estensore della sentenza, che aveva composto il tribunale del riesame, sia stata presentata istanza di ricusazione.

Il secondo motivo, che dubita della correttezza della ritenuta sussistenza del reato di lesioni personali, con riferimento a M.L. , è pur esso infondato, posto che i giudici di merito hanno ritenuto idonea la prova offerta mediante certificazione sanitaria, attestante il disturbo mentale patito dalla persona offesa a cagione della condotta illecita dello Z. , non potendosi dubitare che anche l’anzidetto disturbo, pacificamente riscontrato, rientrasse nell’ampia nozione di malattia di cui all’art. 582 c.p. (ricomprensiva di qualsivoglia alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata o di lieve entità; cfr., tra le altre, Cass. Sez. 5, n. 32763 del 29.9.2010).

Il quarto motivo si colloca alle soglie dell’inammissibilità, in quanto sulla base di apprezzamento di merito, tale in quanto adeguatamente motivato, il giudice a quo ha escluso che, nel caso di specie, fosse ravvisabile l’esimente di cui all’art. 688 c., con riguardo ai reati di di ingiuria e diffamazione.

Il quinto motivo è destituito di fondamento, posto che è ineccepibile la motivazione in forza della quale il giudice di appello ha rigettato la riproposta questione di incompetenza, sulla base del riferimento all’epoca di commissione dei reati commessi a Firenze e, soprattutto, del fatto che gli stessi fossero connessi con reati più gravi, posti in essere in diversa sede territoriale.

È fondata invece, la terza censura, relativa al regime sanzionatorio, con particolare riferimento all’erronea applicazione dell’istituto della continuazione. Ed invero, nel computo degli aumenti applicati per la continuazione il giudice a quo ha applicato, un in passaggio intermedio, l’aumento di pena di un mese per il reato di cui all’art. 612 c.p., senza considerare che per il reato di minaccia semplice, come nel caso di specie, la pena prevista è la multa sino ad Euro 51.

4. – L’errore nella determinazione comporta illegalità della pena inflitta, che è causa di annullamento in parte qua della sentenza impugnata, che va dunque dichiarato come da dispositivo, con rinvio al competente giudice di merito per la rideterminazione della pena.

Per il resto il ricorso deve essere rigettato.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova per nuovo esame.

 

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