RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA. IL CGARS IMPONE L’EROGAZIONE DI UN CONTRIBUTO ATTENUATO, MA NON C’È SCONFINAMENTO NELLA SFERA RISERVATA ALLA P.A
Cassazione, sez. Unite Civile, 16 aprile 2012, n. 5942
Che la eventuale sostituzione da parte del giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituisca ipotesi di “sconfinamento” vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A. quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronunzia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto, è approdo indiscutibile nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite (S.U. 137 del 1999, 19604 del 2003, 28263 del 2005, 9443 e 23302 del 2011, 2312 del 2012) al quale il Collegio intendere dare piena continuità.
Si osserva però che nella specie la “sostituzione” non è affatto denunziato essere avvenuta nel momento valutativo della opportunità della decisione di assegnare il contributo ma essa è ascritta direttamente alla indebita determinazione equitativa, indebita perché dimidiata, della sanzione risarcitoria specifica (finanziamento attribuito nella metà, per effetto del concorso di colpa del creditore).
Cassazione, sez. Unite Civile, 16 aprile 2012, n. 5942
(Pres. Preden – Rel. Macioce)
Svolgimento del processo
Il TAR per la Sicilia con sentenza 5.2.2010 accolse l’impugnativa proposta dalla soc. Amodeo Saverio & e. nei confronti di un provvedimento regionale – il decreto 5 del 24.7.2008 – che le attribuiva un finanziamento (concesso per opere di adeguamento di edilizia rurale) recante un termine di inizio lavori entro 60 giorni dalla notifica, avvenuta il 24.9.2008, e di ultimazione lavori al 30.9.2008; l’impugnazione della società Amodeo era diretta all’annullamento degli atti ed al risarcimento dei danni. Ad avviso del primo giudice amministrativo, sia che il termine decorresse dalla notifica e fosse pertanto di una sola settimana (dato che il ritardo nella concessione aveva espropriato il concessionario del termine originario di dodici mesi), sia che detto termine dovesse decorrere dalla presa d’atto del provvedimento di finanziamento (31.7.2008), e fosse pertanto pari a due mesi, il comportamento dell’Amministrazione appariva assolutamente irragionevole, vieppiù considerando che il ricorso gerarchico della società avverso la sua esclusione dal procedimento, era stato accolto sin dall’1.8.2007. Il TAR ha anche ritenuto che la successiva proroga del termine di ultimazione al 15.3.2009 fosse comunque assunta in violazione della circolare che prevedeva dodici mesi per la realizzazione di opere edili e fosse sintomatico di una condotta contraria ai principii di efficacia e buona fede anche perché la scadenza del termine di rendicontazione era fissata al 30.4.2009. Il TAR ha pertanto annullato gli atti conclamando il pieno ripristino della potestà amministrativa di adottare il provvedimento attributivo del bene della vita e per tal assorbente ragione, comportante la diretta attribuzione del chiesto bene della vita, ha negato la invocata tutela risarcitoria. L’Amministrazione con decreto 31.3.2010 concesse in esecuzione della decisione il finanziamento dando termine di un anno dalla erogazione ma, proposto appello dalla Regione-Assessorato Regionale ed Ispettorato Provinciale di Trapani, la erogazione venne interinalmente sospesa dal giudice di appello ed il beneficio conseguentemente revocato. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana ha quindi accolto parzialmente l’appello con sentenza 25.1.2011 nella quale, dopo aver richiamato e condiviso le valutazioni del primo giudice sulla illegittimità delle originarie e prorogate scadenze condizionanti il diritto alla erogazione del finanziamento : 1) ha qualificato la sentenza del TAR come impositiva di un risarcimento in forma specifica (la riedizione dell’atto concessorio del contributo); 2) ha evidenziato che la società era però concorrente (art. 1227 c.c.) – con la propria inerzia e negligenza – nella determinazione del danno; 3) ha quindi stimato equa la riduzione al 50% e 4) premesso che non era stata impugnata dalla società la pronunzia determinativa di un ristoro in forma specifica, ha pertanto dimezzato l’onere finanziario posto a carico della Regione determinando un contributo pari alla metà del dovuto. Per la cassazione di tale sentenza è insorta la società con atto del 22.7.2011 contenente due motivi che denunziano eccesso di potere ai danni della P.A. per “sostituzione” provvedimentale (primo motivo) e rifiuto della giurisdizione per dimidiamento del bene della vita (secondo motivo). Resistono le Amministrazioni della Regione con il patrocinio Erariale che ha notificato controricorso. La società ricorrente ha depositato memoria finale.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il ricorso non meriti condivisione. Il primo motivo del ricorso sollecita una verifica da parte di queste Sezioni Unite sulla affermata intrusione del sindacato del giudice amministrativo nell’area riservata alla P.A., avendo detto giudice, secondo la ricorrente, con l’inopinata dimidiazione del contributo – pur se perpetrata con il richiamo alla potestà valutativa di una attribuzione risarcitoria commisurata al danno effettivo – indebitamente invaso la sfera riservata alla Amministrazione.
Che la eventuale sostituzione da parte del giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituisca ipotesi di “sconfinamento” vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A. quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronunzia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto, è approdo indiscutibile nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite (S.U. 137 del 1999, 19604 del 2003, 28263 del 2005, 9443 e 23302 del 2011, 2312 del 2012) al quale il Collegio intendere dare piena continuità.
Si osserva però che nella specie la “sostituzione” non è affatto denunziato essere avvenuta nel momento valutativo della opportunità della decisione di assegnare il contributo ma essa è ascritta direttamente alla indebita determinazione equitativa, indebita perché dimidiata, della sanzione risarcitoria specifica (finanziamento attribuito nella metà, per effetto del concorso di colpa del creditore).
Ed allora emerge palese la non configurabilità della affermata “sostituzione”. La sentenza impugnata è invero assai chiara: il Consiglio di Giustizia Amministrativa, prendendo le mosse dalla assenza di appello incidentale della soc. Amodeo sul capo della decisione che, se le attribuiva il contributo stesso – inteso come attribuzione risarcitoria in forma specifica – le negava la invocata riparazione per equivalente, si è ritenuto vincolato da tale statuizione e, quindi, astretto dalla cornice “provvedimentale” che il primo giudice aveva ritenuto idonea ad assicurare la richiesta tutela. Nondimeno, facendosi carico delle deduzioni dell’appellante Assessorato in ordine al ruolo svolto dalla soc. Amodeo nella “..genesi del danno e nella causazione del danno lamentato..”, il Consiglio, lungi dall’assumerle a base di una decisione che escludesse la illegittimità degli atti contestati, ha convalidato la valutazione di illegittimità fatta dal primo giudice e la decisione di adottare a tutela della Amodeo una sanzione riparatoria, ma ha “utilizzato” quelle deduzioni nel ben diverso quadro della valutazione del concorso di colpa del danneggiato (consentito dall’art. 1227 c.c.) pervenendo ad una attenuazione del risarcimento che di tal concorso si facesse carico. Sol che, essendo astretto dal citato giudicato a somministrare la tutela in forma specifica, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha deciso di imporre la erogazione di un contributo “attenuato”.
L’approdo per il quale all’impugnante atti di erogazione di un contributo sottoposti ad una “condizione impossibile” viene accordata una tutela ridotta rispetto alle attese può aver ingenerato nella beneficiaria dissenso in relazione alla imprevedibilità dell’esito giurisdizionale, ma non avrebbe dovuto ingenerare il sospetto che il giudice abbia indebitamente imposto una effettiva “contribuzione dimezzata” né quindi autorizzare il ricorso ex art. 362 c. 1 c.p.c..
E tale sospetto non avrebbe avuto ragion d’essere ove si fosse considerato che al richiedente la tutela risarcitoria per equivalente è stata somministrata una tutela specifica intera dal primo giudice e dimezzata in sede di appello, in base ad operazioni logiche ed interpretative che, rigorosamente interne alla giurisdizione invocata e la cui correttezza non è dato a questa Corte sindacare (da ultimo S.U. 4769 del 2012), non miravano affatto a sostituire il provvedimento ma solo ad accordare la (ritenuta) giusta riparazione per la sua illegittimità.
Quanto alla censura, posta nel secondo motivo, afferente al preteso rifiuto di giurisdizione per avere il Giudice adito accordato, al richiedente tutela risarcitoria, nulla più che una “tutela ridotta”, essa appare di assoluta inconsistenza posto che il Collegio non può che ribadire, al seguito del costante orientamento di queste Sezioni Unite (da ultimo con le decisioni 15240 e 10870 del 2011) come appartenga alla area del sindacabile “rifiuto” della propria giurisdizione solo quel diniego di tutela da parte del giudice amministrativo che si radichi nell’affermazione della esistenza di un ostacolo generale alla conoscibilità della domanda nel mentre si sottrae a detta sindacabilità quel diniego che discenda direttamente ed immediatamente dalla lettura delle norme invocate a sostegno della pretesa. E poiché nella specie è da tale attività di vantazione della fattispecie che è scaturita la decisione del Consiglio, ne discende la assoluta implausibilità della invocazione della ipotesi introdotta con la nota decisione 30254 del 2008 di questa Corte.
Il rigetto del ricorso comporta che le spese della controricorrente gravino sulla soccombente società.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a versare all’Assessorato controricorrente le spese di lite che determina in Euro 7.000 oltre a spese prenotate a debito.