PEDANA DEL BAR CHE INVADE IL SUOLO PUBBLICO: NECESSARIO IL DOLO SPECIFICO DEI GESTORI
Cassazione, sez. II, 3 maggio 2012, n. 16340
- La giurisprudenza in materia del reato ex art. 633 c.p., anche di questa sezione, è concorde nel ritenere che la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione; la norma di cui all’art. 633 c.p.,infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato.
- Per la configurazione del reato, infatti, è necessario che l’invasione sia arbitraria che avvenga dunque in assenza di autorizzazione o di consenso da parte del soggetto titolare del potere di godimento, mentre entrambi i requisiti erano stati ottenuti nel caso di specie dalla madre dante causa dei due soggetti indagati, cosicché il semplice “subentro” [degli indagati] conduzione dell’attività commerciale nel possesso della pedana già da tempo ivi installata non rappresenta comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico.
- La sola consapevolezza dell’illegittimità dell’occupazione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all’art. 633 c.p., caratterizzato dalla finalità di occupare l’immobile o di trame altrimenti profitto. non potendosi, in particolare confondere – nel caso di beni demaniali, come nella specie – l’elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l’illecito amministrativo dell’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico
Cassazione, sez. II, 3 maggio 2012, n. 16340
(Pres. Cosentino – Rel. Gentile)
Considerato in fatto
1.1 Il Gip presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, nell’ambito del. procedimento penale a carico di C. S. e C. G. indagati per il reato ex artt. 110, 933, 639 bis c.p., per avere invaso il suolo pubblico, costituito dalla porzione di marciapiede e di parte della sede stradale prospicienti il loro esercizio commerciale, adibito a bar, mediante l’apposizione di una pedana in legno e ferro di mq. 27 con paravento, due ombrelloni, tavolini e sedie.
1.2) Il Tribunale per il riesame di Messina, con ordinanza del 27 07.2011. respingeva il gravame osservando, in sintesi: – che la precedente concessione del suolo pubblico era intestata a persona diversa e: -che i manufatti sistemati sul suolo pubblico ostacolavano il transito pedonale, sicché il tratto ascritto era astrattamente sussumibile nell’ipotesi di reato contestata;
2.0) Ricorrono per cassazione i due indagati, deducendo:
Motivi ex art. 606, 1° co., lett. b) e) c.p.p.
2.1) – In primo luogo i ricorrenti censurano la decisione impugnata per omessa individuazione degli elementi costitutivi del reato ipotizzato ed omessa applicazione degli artt. 51 e 59 c.p., avendo il Tribunale omesso di considerare:
– che la pedana in questione era stata collocata sul luogo dalla loro madre a seguito di rilascio di regolare concessione permanente del suolo comunale;
-che i ricorrenti non avevano compiuto alcuna invasione ma si erano limitati a subentrare nell’attività commerciale della genitrice e nel possesso dello spazio pubblico in questione;
– che mancava pertanto l’elemento soggettivo del reato, cosa diversa dall’illecito amministrativo conseguente ed l’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico.
– che i ricorrenti avevano maturato la convinzione circa il loro diritto a mantenere l’occupazione del suolo iniziata dalla madre, anche perché avevano notiziato il Comune del subentro nell’attività commerciale;
Chiedono l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
3.0) – I motivi di ricorso sono fondati.
3.1) – La giurisprudenza in materia del reato ex art. 633 c.p., anche di questa sezione, è concorde nel ritenere che la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione; la norma di cui all’art. 633 c.p.,infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato (Cassazione penale, sez. II, 02/12/2009, n. 49567 –conforme Cassazione penale, sez. II, 01/12/2005, n. 2337).
Per la configurazione del reato, infatti, è necessario che l’invasione sia arbitraria che avvenga dunque in assenza di autorizzazione o di consenso da parte del soggetto titolare del potere di godimento, mentre entrambi i requisiti erano stati ottenuti nel caso di specie dalla madre dante causa dei due soggetti indagati, cosicché il semplice “subentro” dei fratelli C. nella conduzione dell’attività commerciale nel possesso della pedana già da tempo ivi installata non rappresenta comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico.
Non risulta dal testo del provvedimento impugnato che i ricorrenti abbiano mai inteso negare la proprietà pubblica del suolo occupato ed il mancato tempestivo pagamento della relativa tassa di occupazione può rilevare ai fini amministrativi o civilistici, ma non è sufficiente ad integrare il comportamento menzionato dall’art. 633 c.p.
Del resto, è stato anche affermato da questa sezione della Corte che la sola consapevolezza dell’illegittimità dell’occupazione di un altrui bene immobile non vale, di per sé, a rendere configurabile il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all’art. 633 c.p., caratterizzato dalla finalità di occupare l’immobile o di trame altrimenti profitto. non potendosi, in particolare confondere – nel caso di beni demaniali, come nella specie – l’elemento soggettivo richiesto per la fattispecie criminosa con quello sufficiente per l’illecito amministrativo dell’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico (sent. n. 14799 del24/01/2003- 28/03/2003, ric. Ruffino, rv. 226432).
Il comportamento degli indagati, pertanto, per quanto non conforme a diritto, non forniva la prova del dolo specifico necessario alla configurazione della fattispecie criminosa.
il ricorso risulta pertanto fondato, dovendosi disporre l’annullamento, senza rinvio, dell’ordinanza impugnata per mancanza del “fumus” sufficiente a configurare, sia pure in via astratta il reato contestato; a tale decisione consegue l’annullamento anche del provvedimento di sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il provvedimento di sequestro.