Conto intestato al condominio per la gestione amministrativa: può aprirlo l’amministratore senza autorizzazione dell’assemblea? Cassazione, sez. I, 10 maggio 2012, n. 7162

 

CONTO INTESTATO AL CONDOMINIO PER LA GESTIONE AMMINISTRATIVA: PUÒ APRIRLO L’AMMINISTRATORE SENZA AUTORIZZAZIONE DELL’ASSEMBLEA?

Cassazione, sez. I, 10 maggio 2012, n. 7162

 

L’apertura del conto corrente non richiede specifiche autorizzazioni assembleari, ciò che invece richiederebbe sicuramente l’apertura di una linea di credito bancaria. Va peraltro precisato che, negli ordinari contratti di conto corrente formulati e proposti dall’ABI, è prevista la possibilità di uno scoperto, necessariamente produttivo di interessi passivi.

 

 

Cassazione, sez. I, 10 maggio 2012, n. 7162

 (Pres. Carnevale – Rel. Dogliotti)

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, il Condominio di (OMISSIS) , in persona dell’amministratore, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, emesso dal Presidente del Tribunale di Milano a favore della Banca Popolare Commercio e Industria, Soc. Coop. a r.l., per l’importo di lire 67.586.914 per saldo negativo di conto corrente. Proponeva altresì domanda di manleva nei confronti di S.C.G. , già amministratore del condomino stesso.

Costituitosi il contraddittorio, la Banca chiedeva rigettarsi la domanda e proponeva in subordine azione di manleva nei confronti del S. ; questi chiedeva rigettarsi la domanda del condominio, dichiararsi inammissibile quella della Banca, e chiamarsi in causa la S.p.A. Assicurazioni Generali, per esserne garantito; costituitasi, la S.p.A. Assicurazione Generali chiedeva rigettarsi le domande nei suoi confronti.

Con sentenza in data 17 giugno – 4 luglio 2006, il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande del condominio, revocava il decreto ingiuntivo, rigettando ogni altra domanda.

Proponeva appello la Banca Popolare e Industria S.p.A., successore della Banca convenuta. Costituitosi il contraddittorio, il condominio ne chiedeva il rigetto, proponendo appello incidentale condizionato, circa la manleva nei confronti del S. ; la S.p.A. Assicurazioni Generali parimenti proponeva appello incidentale condizionato, chiedendo rigettarsi la domanda di manleva del S. ; questi chiedeva rigettarsi l’appello della Banca e quello incidentale del condominio; proponeva a sua volta appello incidentale, chiedendo la condanna del Condominio al pagamento a suo favore della somma di Euro 20.138,76. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 4.11.2009 – 7.4.2010, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava cessata la materia del contendere tra la S.p.A. Assicurazioni Generali e la Banca; confermava il decreto ingiuntivo e rigettava l’opposizione.

Ricorre per cassazione il Condominio.

Resistono con controricorso la Banca, la S.p.a. Assicurazioni Generali, nonché il S. , che pure propone ricorso incidentale.

Resiste con controricorso al ricorso incidentale il condominio.

Motivi della decisione

Preliminarmente, appaiono infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale, sollevate, in controricorso, dalla Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A. Da un lato, infatti, la censura circa l’insufficienza di motivazione (non evidentemente l’assenza), può coesistere con quella di illogicità, dall’altro, la stessa controricorrente, quanto all’asserita violazione dell’art. 360 bis c.p.c., non da indicazione alcuna sugli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, che il ricorrente principale avrebbe contrastato, limitandosi a richiamare pronunce isolate e non del tutto pertinenti (Cass., n. 1046/1974, sui poteri dell’amministratore; Cass., n. 1640/1997 sul contratto d’appalto). È fondata, invece, l’eccezione di inammissibilità per tardività, sollevata dal S. nella memoria per l’udienza (la questione, ovviamente, è rilevabile d’ufficio) circa il controricorso di S.p.A. Assicurazioni Generali nei suoi confronti: la notifica del ricorso principale reca la data del 21 luglio 2010; quella del controricorso e del ricorso incidentale, del 18 ottobre 2010; il controricorso di S.p.A. Assicurazioni Generali è stato notificato in data 27 settembre 2011.

Venendo all’esame del ricorso principale, con il primo motivo, il Condominio di (OMISSIS) lamenta violazione degli artt. 1130, 1131, 1388, 1393, 1398, 1708, 1711 c.c. e vizio di motivazione, circa il potere e la responsabilità dell’amministratore nell’apertura di un conto corrente e nella successiva apertura di una linea di credito da parte della Banca. Con il secondo, violazione degli artt. 2697 c.c., 106, 111 c.p.c., nonché omissione di motivazione, circa la manleva nei confronti del S. e la sua condanna alla restituzione della somma di Lire 46.068.012. I motivi vanno rigettati, in quanto infondati. È da ritenere che, secondo, del resto, orientamenti diffusi nell’ambito della dottrina e della giurisprudenza di merito (sul punto, questa Corte non ancora avuto modo di pronunciarsi specificamente), l’amministratore condominiale possa aprire un conto corrente contenente i contributi alle spese condominiali. È vero che, come precisa il ricorrente principale, l’amministratore rappresenta il condominio nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c.. Egli ha l’obbligo, ai sensi del primo comma, n. 3, di erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni. Nell’ambito di tali poteri, l’amministratore gode di ampia autonomia, e può sicuramente anticipare fondi per effettuare pagamenti a favore di terzi (al riguardo, v. Cass., n. 1046/1974) (ad es., se alcuni condomini siano inadempienti). Egli sarebbe ritenuto responsabile se non richiedesse in tempo i contributi ai condomini, e da ciò derivasse un danno al condominio.

Anche se non si può affermare, come pure talora è stato fatto, che addirittura la mancata apertura di un conto corrente separato rispetto al patrimonio personale dell’amministratore, costituirebbe irregolarità tale da comportarne la revoca del mandato, si può sostenere che, pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo, l’amministratore è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al condominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale od eventualmente quello di altri differenti condomini, da lui amministrati. Vi è pure un’esigenza di trasparenza e di informazione, in modo che ciascun condonimo possa costantemente verificare la destinazione dei propri esborsi e la chiarezza e facile comprensibilità dell’intera gestione condominiale.

L’apertura del conto corrente non richiede dunque specifiche autorizzazioni assembleari, ciò che invece richiederebbe sicuramente l’apertura di una linea di credito bancaria. Va peraltro precisato che, negli ordinari contratti di conto corrente formulati e proposti dall’ABI, è prevista la possibilità di uno scoperto, necessariamente produttivo di interessi passivi.

D’altra parte, come ha chiarito il Giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, l’amministratore, all’assemblea condominiale del 25-01-1996 (superandosi evidentemente l’errore materiale della sentenza impugnata, dove si fa riferimento al 25-11-1996) propose l’apertura di un conto corrente, senza incontrare opposizione. E i condomini erano ben consapevoli del successivo scoperto del conto corrente – continua il Giudice a quo – come emerge dai verbali delle due assemblee straordinarie del 16 luglio e 25 novembre 1997, convocate dall’amministratore, proprio con riferimento a tale “scoperto”: in quella sede, veniva deliberata la copertura delle spese correnti, per evitare l’accumularsi di interessi passivi sul conto corrente condominiale, e si precisava che alcuni condomini avevano provveduto, con il versamento di fondi, a sanare, ancorché parzialmente, la situazione di scoperto.

È da ritenere pertanto, sulla base di quanto finora osservato che l’apertura del conto corrente e lo “scoperto” bancario fossero immediatamente opponibili al condominio.

Quanto al secondo motivo, il Giudice a quo ha rigettato la domanda di manleva e di restituzione di somme, proposte dal condomino, nei confronti del S. . Si lamenta, sotto quest’ultimo profilo, omessa motivazione, là dove invece la motivazione stessa susssiste ed è adeguata e non illogica. La Corte di Merito chiarisce che le somme destinate al conto corrente e trattenute dal S. erano tutte provenienti da debiti contratti e da anticipi effettuati per la gestione del patrimonio condominiale: l’amministratore non ha usato il conto corrente per fini personali, ma ha effettuato prelievi per far fronte alle esigenze condominiali (e talora per recuperare – come emerge, seppur per implicito, dalla sentenza impugnata – propri anticipi).

In sostanza, il condominio finisce, al riguardo, per introdurre profili di fatto, in contrasto con quanto indicato nella sentenza, insuscettibili di controllo in questa sede. Ancora, il ricorso del condominio si palesa a tratti non autosufficiente, perché non si indicano specificamente le vicende del conto corrente e le partite di dare ed avere.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso principale. Quanto al ricorso incidentale del S. , con un unico motivo, egli lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 184 c.p.c., nonché errata valutazione delle risultanze e delle istanze istruttorie, relativamente al credito vantato verso il condominio per una parte degli anticipi effettuati.

Per giurisprudenza ampiamente consolidata (tra le altre, Cass. n. 13375/09), la valutazione delle risultanze e delle istanze istruttorie spetta al Giudice di Merito, e non può essere oggetto di controllo in questa sede se sorretta da congrua motivazione.

Con motivazione essenziale, ma adeguata e non illogica, la sentenza impugnata, richiamando argomentazioni del primo Giudice, precisa che non è stato provato in alcun modo il credito del S. e che risultano ininfluenti le prove richieste, mentre la C.T.U. proposta sarebbe meramente esplicativa: sarebbe stato indispensabile – secondo il Giudice a quo – la presentazione di uno specifico rendiconto, con riferimento alla formazione del passivo e agli eventuali crediti del S. stesso.

Va dunque rigettato, in quanto infondato, il ricorso incidentale.

Le spese seguono la soccombenza del Condominio nei confronti della Banca, rimanendo compensate tutte le altre posizioni.

 

P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese tra il Condominio di (OMISSIS) , S.C.G. e Assicurazioni Generali S.p.A.; condanna il predetto Condominio al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti della Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A., che liquida in Euro 2.500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

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