PRIVILEGIO IMMOBILIARE INVIM: QUALE TUTELA PER IL TERZO ACQUIRENTE?
Cassazione, Sezione V, sent. 20 ottobre 2011, n. 21717
Flavio Ficara
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 4/2012)
QUESTIO IURIS
Il problema della tutela del terzo acquirente di un immobile oggetto di privilegio fiscale (nella specie del privilegio INVIM) pone l’interprete nella difficile posizione di dover bilanciare il diritto dell’Amministrazione finanziaria a recuperare il credito tributario attraverso l’esecuzione immobiliare e quello del terzo acquirente a tutelare il proprio patrimonio.
Nel complesso normativo dei privilegi fiscali non si rintraccia una norma che riconosca espressamente al terzo il diritto di intervenire o proporre un giudizio contro il creditore privilegiato, pertanto la soluzione giurisprudenziale che è stata data al problema, è dipesa in larga parte dalla qualificazione giuridica riconosciuta al terzo acquirente rispetto al debito d’imposta. Escluso che si potesse qualificare come debitore principale o solidalmente obbligato all’imposta, l’orientamento maggioritario della Cassazione ha riconosciuto il terzo acquirente come soggetto “non estraneo al rapporto tributario”, attribuendo di conseguenza alle commissioni tributarie la giurisdizione sulle controversie in tema di privilegi promosse dal terzo acquirente e dirette a contestare non solo l’esistenza, esigibilità o misura del tributo, ma anche quelle per contestare, più limitatamente, l’esistenza del privilegio o la sua estensione o la sua legittimità[1]. Anche la Corte Costituzionale si è posta sulla stessa lunghezza d’onda, precisando che il terzo acquirente non fosse qualificabile come debitore d’imposta, ma che allo stesso dovesse estendersi la tutela riconosciuta all’acquirente dell’immobile gravato da ipoteca dall’art. 2859 c.c. onde consentirgli di intervenire volontariamente o su istanza di parte nel giudizio promosso avverso l’accertamento dal debitore d’imposta e di opporre in sede di espropriazione – nel caso in cui non abbia partecipato al giudizio – le eccezioni non sollevate dal debitore, supplendo, in tal modo, all’inerzia di quest’ultimo[2]. Ancora l’orientamento è stato ribadito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 31 del 29 gennaio 2001 resa in sede di regolamento di giurisdizione dove è stato affermato che il terzo “pur non essendo debitore d’imposta in senso stretto, ma una sorta di responsabile senza debito, non può essere ritenuto estraneo al rapporto obbligatorio tributario” e di conseguenza le relative controversie sono di competenza del giudice tributario[3]. In questo modo si è superata l’opinione dottrinaria tradizionale che escludeva qualsiasi legittimazione del terzo nella fase contenziosa del rapporto, ostando il carattere rigidamente formale del processo tributario[4].
In definitiva quindi l’acquirente del bene gravato del privilegio rimane estraneo alla procedura di accertamento e di liquidazione del tributo, ma conserva il diritto a intervenire nel giudizio già in corso, ovvero di sollevare, in sede di giudizio da lui promosso per contrastare l’espropriazione avviata dall’Amministrazione nei suoi confronti, tutte le eccezioni opponibili e non opposte dal venditore al fine di supplire alla sua inerzia.
La sentenza in commento della Corte di Cassazione conferma questi principi consolidati e ne trae le conseguenze fino al punto di estendere al terzo acquirente benefici che la legge aveva espressamente previsto solo per il debitore tributario. Il quesito posto all’attenzione dei giudici di legittimità riguardava la possibilità per l’acquirente di un immobile gravato da privilegio INVIM di beneficiare della riscossione graduale dell’imposta concessa dall’art. 54 del D.P.R. n. 634 del 1972. La ricorrente Agenzia delle Entrate sosteneva che sul piano soggettivo al terzo non potesse riconoscersi tale beneficio poiché la regola generale della sospensione dell’esecuzione ex. art. 54 D.P.R. 634/1972 fosse stata derogata dalla norma speciale di cui all’art. 28 del D.P.R. n. 643 del 1972 che consentiva all’Amministrazione di aggredire direttamente il patrimonio del terzo senza la preventiva escussione del debitore d’imposta principale, e che inoltre, sul piano oggettivo, nel caso di specie si trattava di imposta principale e non complementare, quindi non riscuotibile gradualmente.
Rigettando le censure dell’Agenzia i giudici di legittimità hanno affermato che il caso di specie riguardava per certo un’imposta complementare, essendo stata la stessa liquidata a seguito di un procedimento accertativo dell’ufficio in rettifica dei valori dichiarati dal contribuente, e soprattutto che il rapporto di specialità fra le norme sostenuto dalla ricorrente non può avere la conseguenza di vanificare la effettività della tutela del terzo acquirente che il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità e costituzionale hanno fino ad oggi elaborato. Infatti – si legge ancora nella decisione – i poteri accordati al creditore, in quanto strettamente legati alla causa tributaria del credito, non possono essere esercitati a prescindere dalla peculiare disciplina che regola la riscossione e l’azione esecutiva dettata in materia tributaria, sussistendo uno stretto legame di dipendenza funzionale fra il privilegio speciale e le vicende del credito d’imposta garantito. Aderendo alla tesi dell’Agenzia si finirebbe quindi per creare un trattamento ingiustamente diverso fra il contribuente ed il terzo acquirente in relazione alla riscossione graduale, che è stata istituita al fine di stabilire una proporzione fra la realizzazione coattiva del credito e la progressiva incontestabilità del suo ammontare nei diversi gradi di giudizio.
In altre parole, la Corte ha ritenuto che la ratio ispiratrice della riscossione graduale per l’imposta INVIM non avesse alcun legame con la qualità del soggetto esecutato – debitore o terzo acquirente – e che invece l’opinione contraria sarebbe stata gravemente lesiva della tutela che l’amplissima produzione giurisprudenziale ha pressoché unanimemente accordato fino ad oggi al terzo acquirente.
Ma sebbene ampia, la tutela accordata al terzo in analogia con l’art. 2859 c.c. è valida però solo per le ipotesi in cui l’accertamento sia successivo all’acquisto del bene o alla sua trascrizione; in caso contrario, e cioè rispetto agli accertamenti aventi data anteriore, l’esigenza di tutela del terzo cede alle ragioni del credito dell’Amministrazione, rimanendo quindi preclusa, una volta formatosi il giudicato, la proponibilità di ogni ulteriore eccezione. Al terzo acquirente restano parimenti precluse, in ogni caso, la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di accertamento[5], vista la sua posizione di non debitore dell’imposta e la conseguente carenza di interesse attuale e concreto all’esercizio dell’azione giurisdizionale, e quella di avvalersi del beneficio della preventiva escussione del debitore tributario, al di fuori delle ipotesi legislative che glielo consentono, poiché tale possibilità è prevista da norme aventi carattere eccezionale e come tali insuscettibili d’interpretazione analogica[6].
La SOLUZIONE di Cassazione, Sez. V, 20 ottobre 2011, n. 21717
Per Cassazione Cassazione, Sez. V, 20 ottobre 2011, n. 21717, il terzo acquirente di un immobile gravato da privilegio fiscale per l’imposta INVIM gode della stessa tutela del debitore d’imposta originario e può valersi della riscossione graduata ex art. 54, D.P.R. n. 634 del 1972.
Afferma il collegio che:
1. In applicazione dei principi indicati la posizione del terzo acquirente dell’immobile assoggettato a privilegio INVIM non coincide con quella di debitore principale (non essendo soggetto passivo di imposta) e neppure con quella di condebitore in solido nelle due forme di coobbligato di imposta nei cui confronti si verificato il medesimo presupposto, o di responsabile di imposta in relazione a presupposto verificatosi nei confronti di altri soggetti (dilettando ex art. 1292 c.c. nel caso di specie, l’elemento della medesima prestazione alla quale sarebbe tenuto insieme al contribuente), limitandosi piuttosto a quella di soggetto tenuto alla garanzia patrimoniale – limitata al valore del bene – per debito altrui, [ed è necessario] recuperare la tutela del diritto acquistato dal terzo – altrimenti esposto ad eventuali condotte abusive del contribuente – anche nei confronti della Amministrazione finanziaria procedente, dovendo consentirsi a tale soggetto la facoltà di opporsi alla azione esecutiva, non soltanto deducendo vizi propri della stessa, ma anche vizi inerenti la formazione del titolo, potendo pertanto formulare avanti il Giudice tributario le medesime eccezioni di invalidità degli atti del procedimento tributario spettanti al contribuente;
2. La asserita “specialità” della disciplina normativa della pretesa esecutiva attribuita alla Amministrazione finanziaria, rispetto a quella che regola la pretesa tributaria azionata nei confronti dell’alienante – debitore d’imposta, non può operare in modo tale da contraddire alla effettività della tutela riconosciuta al terzo acquirente, avuto riguardo alla funzione che sono chiamati ad assolvere i poteri accordati dalla legge al ceditore privilegiato in considerazione della “causa del credito” e dunque della speciale “qualità tributaria” del diritto di credito al quale il privilegio speciale accede;
3. La tesi [opposta] conduce, peraltro, ad un’applicazione illogica e contraria alla stessa “ratio legis” della norma in esame, laddove viene ingiustificatamente a disciplinare in modo diverso la riscossione del medesimo credito di imposta secondo che sia fatto valere nei confronti del contribuente o del terzo-acquirente l’immobile: le disposizioni del D.P.R. n. 634 del 1972, art. 54, comma 1 che prevedono, durante il giudizio nel quale si controverte sulla debenza del tributo, la sospensione della riscossione e la gradazione della riscossione dell’importo accertato per imposte “complementari” o “suppletive” “secundum eventum litis”, rispondono, infatti, alla esigenza di istituire una relazione di proporzionalità tra la realizzazione coattiva del credito e la progressiva incontestabilità di tale diritto – nella sua esatta dimensione quantitativa – nei diversi gradi di giudizio, fino a pervenire al giudicato.
APPROFONDIMENTO
Cassazione SS.UU. 28 gennaio 2011, n. 2064
Bibliografia
Corte Costituzionale, sent. 15 ottobre 1999 n. 386, in Corr. Giur., 1999, fasc. 12, p. 1476, con nota di PETRELLI.
Cass. SS.UU., sent. 29 gennaio 2001, n. 31, in Riv. Es. Forz., 2002, n. 2, p. 265, con nota di COMOGLIO.
PAVONE, Esercizio contro il terzo proprietario del privilegio speciale immobiliare che assiste i tributi indiretti sugli affari, in Dir. Prat. trib., 1987, I, 1293.
Comm. Trib. Centr, sez. XX, 24 aprile 1982, n. 1265, in Rass. Trib., 1984, 4, 166, con nota di TOSI.
Cass., sent. 25 febbraio 1997, n. 1710, in Rass. Trib., 1997, 3, 718 ss.
Cass. SS.UU. 8 maggio 1997 n. 4021, in Il Fisco, 1997, 7156.
C. Trib. Centr. 10 settembre 1998 n. 4321, in Il Fisco, 1998, p. 14819, con nota di CAPUTO.
[1] Ex plurimis: Cass. SS.UU. 28 ottobre 1995 n. 11302, in Corr. trib., 1996, p. 345.
[2] Corte Costituzionale, sent. 15 ottobre 1999 n. 386, in Corr. Giur., 1999, fasc. 12, p. 1476, con nota di PETRELLI.
[3] Cass. SS.UU., sentenza 29 gennaio 2001, n. 31, in Riv. Es. Forz., 2002, n. 2, p. 265, con nota di COMOGLIO.
[4] PAVONE, Esercizio contro il terzo proprietario del privilegio speciale immobiliare che assiste i tributi indiretti sugli affari, in Dir. Prat. trib., 1987, I, 1293.
[5] Cass. civ., sez. V, 28 marzo 2003, n. 4723 in banca dati UTET. In dottrina PAVONE, op. cit., p. 1292.
In senso contrario un risalente orientamento di merito: v. Comm. Trib. Centr, sez. XX, 24/04/1982, n. 1265, in Rass. Trib., 1984, 4, 166, con nota di TOSI. L’Autore aderiva alla decisione della Commissione poiché il terzo acquirente, pur rimanendo estraneo al rapporto d’imposta, non aveva altro rimedio giuridico per contestare l’esecuzione dell’Amministrazione finanziaria che impugnare l’avviso di accertamento.
[6] Cass., I, 25/02/1997, n. 1710, in Rass. Trib., 1997, 3, 718 ss.; Cass. SS.UU. 8/05/1997 n. 4021, in Il Fisco, 1997, 7156; C. Trib. Centr. 10/9/1998 n. 4321, in Il Fisco, 1998, p. 14819