Azione di reintegrazione e cognizione della turbativa. Da quando decorre il termine di decadenza? Cassazione, sez. II, 6 giugno 2012, n. 9123

 

AZIONE DI REINTEGRAZIONE E COGNIZIONE DELLA TURBATIVA. DA QUANDO DECORRE IL TERMINE DI DECADENZA?

Cassazione, sez. II, 6 giugno 2012, n. 9123

 

Ai sensi dell’art. 1168 c.c. l’esperibilità dell’azione di spoglio è soggetta al termine di un anno (decorrente dalla data del sofferto spoglio o, se questo è clandestine, dalla scoperta dello spoglio), che, essendo perentorio, deve essere osservato a pena di decadenza. Ne consegue che la tempestività costituisce un presupposto dello spoglio necessario all’esercizio dell’azione che, se posto in discussione dal convenuto con l’eccezione di decadenza, dev’essere provato dall’attore (nella fattispecie peraltro lo spoglio non poteva essere ritenuto clandestino: a tal fine è necessario non tanto che il possessore abbia ignorato il fatto, ma soprattutto che egli si sia trovato nella impossibilità di averne cognizione)

 

 

Cassazione, sez. II, 6 giugno 2012, n. 9123

(Pres. Felicetti – Rel. Bursese)

 

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 1.4.1998 ex art. 703 c.p.c. S.G. , M..P. , A..G. e SC.Be.Di. , adivano l’allora Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno chiedendo la reintegrazione o manutenzione nel possesso di una servitù di uso pubblico di passaggio pedonale e con veicoli, esercitato dalla collettività dei cittadini su una strada sterrata in territorio del comune di (OMISSIS) , che partendo dalla stradale n. XX, dopo avere costeggiato una cava di proprietà del convenuto Pe.Ro. , conduceva alle sponde del lago demaniale di (OMISSIS) . Precisavano i ricorrenti che tale strada era da loro – come da altri – utilizzata da tempo immemorabile, per raggiungere tale lago dove esercitavano la pesca, essendo in possesso di regolare licenza e di aver notato intorno alla metà del mese di aprile del precedente anno, la presenza di un enorme macigno, posto di traverso alla strada, che impediva l’acceso carrabile e ostacolava quello pedonale. Secondo i ricorrenti tale masso proveniva dalla vicina cava di Ro..Pe. , il quale peraltro non aveva negato di essere l’autore del fatto, sostenendo di essere proprietario della strada. Quest’ultimo, costituendosi in giudizio, pur negando l’esistenza di qualsiasi servitù di uso pubblico sulla strada in questione, eccepiva innanzitutto l’inammissibilità o improcedibilità dell’azione promossa di ricorrenti, in quanto non esercitata entro l’anno dal preteso sofferto spoglio, come richiesto dall’art. 1168 c.c., atteso che il masso era stato collocato sulla strada nel (OMISSIS) .

Espletate le sommarie informazioni, il giudice adito, disponeva la reintegra dei ricorrenti nel possesso del passaggio sulla strada in questione; l’ordinanza quindi, all’esito del giudizio di merito, veniva confermata dai Tribunale di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, con sentenza n. 6/2002, che riteneva assolta dagli attori la prova di essere venuti a conoscenza dell’impedimento entro l’anno dall’invocata tutela. La sentenza veniva appellata dal Pe. , e l’adita Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 1986/05 depositato in data il 4.8.2005, in accoglimento della proposta impugnazione, dichiarava inammissibile il ricorso possessorio proposto dai ricorrenti, valutando negativamente le dichiarazioni dei testi escussi e così statuendo che essi non avevano fornito la prova di aver agito entro l’anno dalla scoperto dell’impedimento posto dal Pe. al passaggio delle auto sulla strada in parola.

Avverso la predetta pronuncia, ricorrono per cassazione gli odierni ricorrenti sulla base di un unico mezzo; l’intimato resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con l’unico motivo i ricorrenti denunziano la violazione dell’art. 132 co. 1 n. 4 c.p.c. “per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia riguardante l’esame e la valutazione delle prove testimoniali”. La censura si riferisce alla ritenuta incapacità di testimoniare dei testi in quanto appartenenti alla comunità di persone astrattamente titolari del diritto di uso civico vantato dai ricorrenti, nonché alla negativa valutazione delle dichiarazione dei due testi escussi (V. e Sa. ), ai fini della prova delle tempestività della proposizione del ricorso ex art. 1168 c.c..

La doglianza è infondata, non essendo configurabile la prospettata violazione di legge. Invero occorre innanzitutto precisare che la corte territoriale ha ritenuto alcuni testi non tanto incapaci di testimoniare perché facenti parte della comunità degli utenti della strada, quanto inattendibili e comunque ne ha ritenuto vaga e non determinante la loro deposizione.

In secondo luogo la sentenza ha fatto retta applicazione dell’art. 1168 c.c. e del principio secondo cui l’esperibilità dell’azione di spoglio è soggetta al termine di un anno (decorrente dalla data del sofferto spoglio o, se questo è clandestine, dalla scoperta dello spoglio), che, essendo perentorio, deve essere osservato a pena di decadenza. Ne consegue che la tempestività costituisce un presupposto dello spoglio necessario all’esercizio dell’azione che, se posto in discussione dal convenuto con l’eccezione di decadenza, dev’essere provato dall’attore (nella fattispecie peraltro lo spoglio non poteva essere ritenuto clandestino: a tal fine è necessario non tanto che il possessore abbia ignorato il fatto, ma soprattutto che egli si sia trovato nella impossibilità di averne cognizione: Cass. n. 1131 del 04/02/1998).

Non è neppure ravvisabile il denunziato vizio motivazionale, attraverso il quale in realtà si tenta inammisibilmente di far passare in sede di legittimità una lettura delle risultanze processuali diversa da quella effettuata dal giudice di merito. Al riguardo la motivazione della decisione impugnata appare congrua ed immune da vizi logici e giuridici e può ben essere condivisa.

Conclusivamente dev’essere rigettato il ricorso de quo; le spese processuali seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

la Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in complessive Euro 2.700,00, di cui Euro 2.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

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