LA RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE DEL NOTAIO
Cassazione, sez. unite, 31 luglio 2012, n. 13617
Mauro Giarrizzo
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 9/2012)
Cassazione, sez. unite, 31 luglio 2012, n. 13617
Mauro Giarrizzo
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 9/2012)
La sentenza che si commenta, la n. 13617 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, ha il pregio di esaltare la procedura civile. Sentenza che si condivide solo in parte, avendo potuto i Giudici di Legittimità maggiormente orientare gli interpreti del diritto.
I Giudici di Legittimità e l’interpretazione costituzionalmente orientata di una delle tante leggi dello Stato Italiano che è frutto del pensiero dei Giuristi del Regno d’Italia. Legge che, pur essendo completa per i suoi aspetti strutturali, è sempre frutto di un pensiero storico che dovrebbe essere posto a riposo per limiti di età.
Non che i fini giuristi dei primi del novecento non furono abili ed esperti nell’essere lungimiranti, ma certo è che oggi occorrerebbe una disposizione di legge frutto del pensiero dei Giuristi della Repubblica Italiana.
Si è tanto parlato di voler riformare molti settori, e si sta arrivando a scardinare tempi di potere che non vogliono essere privati delle tante loro rendite. Rendite che oggi giorno si scontrano con una economia che certamente non è tra le migliori e che sicuramente anche le professioni protette, (oggi regolamentate) hanno contribuito a creare.
La sentenza decide sul caso di un notaio che non ha adempiuto ai dovere disposti dalla legge notarile .
Un notaio del Consiglio Notarile di Brescia, con decisione del 24 maggio 2010 della Co.re.di. (Commissione amministrativa regionale di disciplina) della Lombardia, era stato incolpato per aver violato:1) l’art. 47 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 (Legge Notarile), come modificato dal D. lgs. 1 agosto 2006 n, 249, per avere omesso di indagare la volontà delle parti e di curare, sotto la propria direzione e responsabilità, la compilazione integrale dell’atto; 2) l’art. 58, punto 6 della medesima legge notarile, per non aver dato lettura dell’atto alle parti, con conseguente violazione dell’art. 28 della legge notarile; 3) l’art. 147 punto a) della legge notarile, per aver compromesso con la propria condotta e nell’esercizio delle proprie funzioni, la propria dignità e reputazione, nonché il decoro e prestigio della classe notarile.
Il detto Notaio fu prosciolto dei primi due addebiti e incolpato del terzo. Il procedimento era stato promosso dal Consiglio Notarile di Brescia in seguito a un esposto del Consumatore, il quale aveva segnalato: – di aver avuto intenzione di trasferire un mutuo dall’istituto di credito da cui l’aveva ottenuto a un altro; – di essersi rivolto a questo scopo allo studio del notaio, e di aver avuto contatto soltanto con impiegati, che gli avevano presentato un preventivo per 600,00 Euro; – di aver visto il notaio soltanto al momento della firma dell’atto; – di aver ricevuto allora la richiesta di 2.000,00 Euro; – di non avere avuto con sé tale maggiore somma; – di aver dovuto lasciare al notaio, a garanzia del pagamento, la propria carta di identità.
Prima di commentare la sentenza nel merito, vorrei soffermarmi sull’importanza della professionalità di un libero professionista, riconosciuto , ad opera di un’iscrizione presso un Ordine.
Professionalità che sicuramente non deriva dalla semplice iscrizione ad un Ordine. Occorre porsi una domanda: ma la professione regolamentata serve? E la detta professione regolamentata garantisce all’utente finale, tante volte consumatore e parte debole del contratto, la professionalità della categoria?
Non è detto, e la sentenza in commento ci da ragione, che i liberi professionisti regolamentati siano sempre eccellenti. Tante volte resta il dubbio se essi siano in grado di poter veramente consigliare i consumatori!
Dubbio, che si rafforza anche grazie al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, rubricato:<< Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148>>, che all’art. 2, (Accesso ed esercizio dell’attivita’ professionale), comma 3, dispone:<< Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attivita’ anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni sull’esercizio delle funzioni notarili.>>
La scure, dunque, non si applica a tutte le professioni regolamentate. Restano sempre salvi i soggetti che detengono, (e conservano), il potere.
La Corte di Legittimità, quindi, nell’espletare il proprio compito, si è voluta soffermare, per poi entrare nel merito, visto che il codice di rito descrive i comportamenti e cioè: <<…ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. >>
La riflessione che si sta per affrontare, e che non è in sintonia con la decisione in commento, è la seguente:
Il diritto amministrativo, e la legge sul procedimento amministrativo , descrive i passaggi che le Pubbliche Amministrazioni devono fare per non incorrere in un procedimento illegittimo.
Mentre i TAR e il Consiglio di Stato, decidono e cercano di creare giurisprudenza anche sull’avvio del procedimento, contro le amministrazioni che omettono ogni principio di partecipazione del cittadino, la sentenza in commento, forse, anzi sicuramente, ha voluto cancellare, d’un tratto, ciò che la lenta e parsimoniosa giustizia amministrativa, ha confermato. Ora, sappiamo tutti bene che la Cassazione è anche giudice nomofilattico. A dire della sentenza in commento, quindi, si apre lo spiraglio pericoloso per le tante pubbliche amministrazioni che non amano la partecipazione dei cittadini al giusto procedimento amministrativo.
Perché, dunque, la Cassazione ha avallato il mancato avvio del procedimento quale atto non necessario.
Così si legge nella motivazione della sentenza :<<Nella specie, in effetti, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatti essendo incontroverso che il Presidente del Consiglio notarile di Brescia, ricevuto l’esposto di F.S. e sentito costui, senza dare alcuna previa comunicazione ai Dott. F..S. , ha investito il Consiglio stesso del promovimento del procedimento disciplinare. In ciò non può essere ravvisata una violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, il quale limita il proprio ambito di operatività, escludendone il caso dell’esistenza di “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”: esigenze che nella materia di cui qui si tratta sono legislativamente presupposte dall’art. 153 della legge 89/1913, come sostituito dall’art. 39 del decreto legislativo 249/2006, il quale dispone che “il procedimento è promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante”. Decidendo nel merito, pertanto, deve essere rigettato il motivo del reclamo proposto dal Dott. F..S. avvero la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina per la Lombardia, relativamente alla dedotta violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.>>
Occorre, confrontare l’articolo 153, legge notarile con l’art. 7 legge 241/90 e capire perché o quali cause possono escludere la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Statuisce l’art. 153, legge notarile, così come sostituito dall’art. 39 del Decreto Legislativo 1 agosto 2006, n. 249, quanto segue: << 2. Il procedimento e’ promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante>>.
L’art. 7 legge 241/90 descrive le condotte che le Pubbliche Amministrazioni devono seguire in merito all’apertura di un procedimento amministrativo. In esso si prescrive: << 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari .>>.
Stante il combinato disposto delle due norme, non si ravvisa alcuna ragione per non aver comunicato l’avvio del procedimento al notaio. Avvio che non bloccava l’iter che poi sfociò nella censura.
Il fatto giuridico della violazione di norme relative alla legge 89/1913 era ormai commesso. I presupposti per l’azione disciplinare erano consolidati da fatti narrati nell’esposto del consumatore. Non è che se si fosse avviato la comunicazione dell’avvio del procedimento, poteva cambiare qualcosa. La celerità dei fatti non potevano che essere supportati dalla mancata esposizione del Presidente del Consiglio Notarile di Brescia alla censura del notaio ricorrente, e che successivamente la Corte ha dovuto motivare. Motivazione che, in astratto, pur restando in linea con la descrizione della norma, non convince lo scrivente a potersi capacitare che in una società basata sul diritto non si possa avere la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Ne, la comunicazione di avvio del procedimento, avrebbe potuto far perdere tempo al Consiglio Notarile di Brescia, visto che successivamente il detto notaio fu censurato.
L’avvio del procedimento non è altro che una civiltà giuridica che tante volte si dimentica per negligenza imprudenza e imperizia.
I Giudici di Legittimità e l’interpretazione costituzionalmente orientata di una delle tante leggi dello Stato Italiano che è frutto del pensiero dei Giuristi del Regno d’Italia. Legge che, pur essendo completa per i suoi aspetti strutturali, è sempre frutto di un pensiero storico che dovrebbe essere posto a riposo per limiti di età.
Non che i fini giuristi dei primi del novecento non furono abili ed esperti nell’essere lungimiranti, ma certo è che oggi occorrerebbe una disposizione di legge frutto del pensiero dei Giuristi della Repubblica Italiana.
Si è tanto parlato di voler riformare molti settori, e si sta arrivando a scardinare tempi di potere che non vogliono essere privati delle tante loro rendite. Rendite che oggi giorno si scontrano con una economia che certamente non è tra le migliori e che sicuramente anche le professioni protette, (oggi regolamentate) hanno contribuito a creare.
La sentenza decide sul caso di un notaio che non ha adempiuto ai dovere disposti dalla legge notarile .
Un notaio del Consiglio Notarile di Brescia, con decisione del 24 maggio 2010 della Co.re.di. (Commissione amministrativa regionale di disciplina) della Lombardia, era stato incolpato per aver violato:1) l’art. 47 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 (Legge Notarile), come modificato dal D. lgs. 1 agosto 2006 n, 249, per avere omesso di indagare la volontà delle parti e di curare, sotto la propria direzione e responsabilità, la compilazione integrale dell’atto; 2) l’art. 58, punto 6 della medesima legge notarile, per non aver dato lettura dell’atto alle parti, con conseguente violazione dell’art. 28 della legge notarile; 3) l’art. 147 punto a) della legge notarile, per aver compromesso con la propria condotta e nell’esercizio delle proprie funzioni, la propria dignità e reputazione, nonché il decoro e prestigio della classe notarile.
Il detto Notaio fu prosciolto dei primi due addebiti e incolpato del terzo. Il procedimento era stato promosso dal Consiglio Notarile di Brescia in seguito a un esposto del Consumatore, il quale aveva segnalato: – di aver avuto intenzione di trasferire un mutuo dall’istituto di credito da cui l’aveva ottenuto a un altro; – di essersi rivolto a questo scopo allo studio del notaio, e di aver avuto contatto soltanto con impiegati, che gli avevano presentato un preventivo per 600,00 Euro; – di aver visto il notaio soltanto al momento della firma dell’atto; – di aver ricevuto allora la richiesta di 2.000,00 Euro; – di non avere avuto con sé tale maggiore somma; – di aver dovuto lasciare al notaio, a garanzia del pagamento, la propria carta di identità.
Prima di commentare la sentenza nel merito, vorrei soffermarmi sull’importanza della professionalità di un libero professionista, riconosciuto , ad opera di un’iscrizione presso un Ordine.
Professionalità che sicuramente non deriva dalla semplice iscrizione ad un Ordine. Occorre porsi una domanda: ma la professione regolamentata serve? E la detta professione regolamentata garantisce all’utente finale, tante volte consumatore e parte debole del contratto, la professionalità della categoria?
Non è detto, e la sentenza in commento ci da ragione, che i liberi professionisti regolamentati siano sempre eccellenti. Tante volte resta il dubbio se essi siano in grado di poter veramente consigliare i consumatori!
Dubbio, che si rafforza anche grazie al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, rubricato:<< Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148>>, che all’art. 2, (Accesso ed esercizio dell’attivita’ professionale), comma 3, dispone:<< Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attivita’ anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. E’ fatta salva l’applicazione delle disposizioni sull’esercizio delle funzioni notarili.>>
La scure, dunque, non si applica a tutte le professioni regolamentate. Restano sempre salvi i soggetti che detengono, (e conservano), il potere.
La Corte di Legittimità, quindi, nell’espletare il proprio compito, si è voluta soffermare, per poi entrare nel merito, visto che il codice di rito descrive i comportamenti e cioè: <<…ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. >>
La riflessione che si sta per affrontare, e che non è in sintonia con la decisione in commento, è la seguente:
Il diritto amministrativo, e la legge sul procedimento amministrativo , descrive i passaggi che le Pubbliche Amministrazioni devono fare per non incorrere in un procedimento illegittimo.
Mentre i TAR e il Consiglio di Stato, decidono e cercano di creare giurisprudenza anche sull’avvio del procedimento, contro le amministrazioni che omettono ogni principio di partecipazione del cittadino, la sentenza in commento, forse, anzi sicuramente, ha voluto cancellare, d’un tratto, ciò che la lenta e parsimoniosa giustizia amministrativa, ha confermato. Ora, sappiamo tutti bene che la Cassazione è anche giudice nomofilattico. A dire della sentenza in commento, quindi, si apre lo spiraglio pericoloso per le tante pubbliche amministrazioni che non amano la partecipazione dei cittadini al giusto procedimento amministrativo.
Perché, dunque, la Cassazione ha avallato il mancato avvio del procedimento quale atto non necessario.
Così si legge nella motivazione della sentenza :<<Nella specie, in effetti, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatti essendo incontroverso che il Presidente del Consiglio notarile di Brescia, ricevuto l’esposto di F.S. e sentito costui, senza dare alcuna previa comunicazione ai Dott. F..S. , ha investito il Consiglio stesso del promovimento del procedimento disciplinare. In ciò non può essere ravvisata una violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, il quale limita il proprio ambito di operatività, escludendone il caso dell’esistenza di “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”: esigenze che nella materia di cui qui si tratta sono legislativamente presupposte dall’art. 153 della legge 89/1913, come sostituito dall’art. 39 del decreto legislativo 249/2006, il quale dispone che “il procedimento è promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante”. Decidendo nel merito, pertanto, deve essere rigettato il motivo del reclamo proposto dal Dott. F..S. avvero la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina per la Lombardia, relativamente alla dedotta violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.>>
Occorre, confrontare l’articolo 153, legge notarile con l’art. 7 legge 241/90 e capire perché o quali cause possono escludere la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Statuisce l’art. 153, legge notarile, così come sostituito dall’art. 39 del Decreto Legislativo 1 agosto 2006, n. 249, quanto segue: << 2. Il procedimento e’ promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante>>.
L’art. 7 legge 241/90 descrive le condotte che le Pubbliche Amministrazioni devono seguire in merito all’apertura di un procedimento amministrativo. In esso si prescrive: << 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari .>>.
Stante il combinato disposto delle due norme, non si ravvisa alcuna ragione per non aver comunicato l’avvio del procedimento al notaio. Avvio che non bloccava l’iter che poi sfociò nella censura.
Il fatto giuridico della violazione di norme relative alla legge 89/1913 era ormai commesso. I presupposti per l’azione disciplinare erano consolidati da fatti narrati nell’esposto del consumatore. Non è che se si fosse avviato la comunicazione dell’avvio del procedimento, poteva cambiare qualcosa. La celerità dei fatti non potevano che essere supportati dalla mancata esposizione del Presidente del Consiglio Notarile di Brescia alla censura del notaio ricorrente, e che successivamente la Corte ha dovuto motivare. Motivazione che, in astratto, pur restando in linea con la descrizione della norma, non convince lo scrivente a potersi capacitare che in una società basata sul diritto non si possa avere la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Ne, la comunicazione di avvio del procedimento, avrebbe potuto far perdere tempo al Consiglio Notarile di Brescia, visto che successivamente il detto notaio fu censurato.
L’avvio del procedimento non è altro che una civiltà giuridica che tante volte si dimentica per negligenza imprudenza e imperizia.