Di confinata prospettiva paiono le superate restrizioni, ostativamente indicative del fondamento costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.), sull’istituto delle investigazioni preventive: oltre all’operatività (diversamente) legittimante dell’art. 2 Cost. (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”), soccorrono l’altrettanta discrezionalità legislativa: in grado di estendere le investigazioni della difesa ugualmente ad un momento ante-procedimentale; anche se il più alto fondante teorico-giuridico è rinvenibile nel portato dell’art. 3 Cost. (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economia e sociale del Paese.”), e nell’uguaglianza processuale diversamente calibrata su soggetti non simili.[18] Da par suo la Consulta ha ribadito che <<il principio del contraddittorio nel momento genetico della prova rappresenta precipuamente – nella volontà del legislatore costituente – uno strumento di salvaguardia “del rispetto delle prerogative dell’imputato” (in questi termini si veda le sentenza n. 29 del 2009)>>.[19] Per specularità, ogni disposizione sancente il diritto alla difesa è fonte legittimante d’investigazioni difensive.[20]
Il riferimento al polisemico procedimento ex art. 24 Cost., sostiene la massima dilatazione situazional-stadiale, senza respingere l’estensibilità a forme di avviamento anche preprocedimentali attivabili col conferimento del mandato preventivo, e sfociabili nel procedimento ordinario.[21] Rammentando l’elocutio della migliore dottrina costituzionalistica, dall’art. 24 I cpv. della Cost. s’inferisce <<il divieto di qualunque legge che possa compromettere la difesa giudiziaria delle parti: indipendentemente dalla circostanza che si tratti di un processo già iniziato, ovvero di un procedimento futuro ed eventuale…il diritto costituzionale di difesa mira a tutelare l’attuale o potenziale imputato in tutti i suoi rapporti con l’autorità>>.[22] Condizione nomo-scolpita nel(dal) contenuto normativo dell’art. 111 Cost. (“…Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.”): atteso il richiamo al tempo e alle condizioni necessarie per preparare idonea difesa.[23] Il derivato è teoreticamente assuntibile con l’intratestualismo filologico, ché lo strumentalizza come dizionario costituzionale: impiego della Costituzione come dispositivo nomo-linguisticamente preordinato a significare la spazialità normativa delle fonti sotto-ordinate, siccome che solo la Costituzione è in grado di offrire un utilizzo reiterato di fasci espressivi, utile per la comprensività innanzitutto lessicologica dell’espressione scrutata. Non solo, l’intratestualismo permette alla Costituzione di funzionare ugualmente al modo d’una particolare traccia d’armonia: in grado di porre nelle condizioni l’interprete di connettere clausole separate per esaminarle, poiché usanti parole/frasi uguali/molto simili. In sintesi: <<l’intratestualismo che considera la Costituzione alla stregua di un dizionario ci dice quel che la Costituzione dovrebbe significare; l’intratestualismo che intende la Costituzione come libro delle regole ci dice quel che essa deve significare>>.[24] Ed evidentemente nell’obiettivo di concretare la risultanza emergente dal corpus costituzionale, la Consulta ha statuito che le garanzie difensive sono operanti anche se assente l’iscrizione della notitia criminis.[25] In fini, sostando sul praticismo operativo, <<Dal punto di vista sostanziale, occorre considerare che ad una persona può derivare un pregiudizio irrimediabile per il solo fatto che sia presentata una denuncia o che un altro imputato abbia fatto una chiamata in correità. Da ciò deriva la necessità che il difensore dell’interessato proceda ad indagini per sostenere la propria versione dei fatti>>.[26] Tanto da far rilevare che il diritto di difesa ha assunto una conformazione soggettiva a rilevante essenza processualistica, sia nella legislazione che nella prodromica elaborazione dottrinale.[27] La nomologica consecutio è quella di permettere al difensore, sin dalla fase preprocedimentale, l’utilizzo della strumentazione tecnica regolata in via di principio nella dedicata parte del tessuto codicistico: concessiva della possibilità di raccogliere fattivamente gli elementi utili a provare la non colpevolezza del proprio assistito, nelle forme indicate dal legislatore.[28]
Appuntando la risibilità delle posizioni tendenzialmente releganti a fattore meramente divulgativo le investigazioni preventive ergo procedimentalmente inapprezzabili, il sostegno all’istituto è razionalmente decifrabile nel subìto recepimento dell’avvolgente progressismo della tecnica, ormai avviato in un inarrestabile processo globalizzatore di sistema:[29] <<…la volontà in cui consiste l’agire tecnologico trova davanti a sé uno spazio senza ostacoli, dunque infinito; e di fronte a questo spazio senza resistenze assolute cade ogni remora della tecnica, che si configura pertanto come volontà di accrescere all’infinito la propria capacità di realizzare scopi>>.[30] Il diritto di difesa <<è un diritto verso lo Stato a che questo si astenga da interventi>>:[31] osteggiare questo percorso – mediante letture miopi: tendenti a restringere le possibilità investigative (anche) in sede preventiva −, importerebbe un vano soggiorno su istanze illiberalmente arcaiche; dacché la tecnica ha in sé una irresistibile normatività per riuscire nel superamento. A ragione, la precaria negativante risultanza è ancora in itinere: <<Il processo penale non si è ancora assestato. La Corte costituzionale e il legislatore sono spesso intervenuti e continuano a intervenire sulla disciplina processuale, tanto che è ormai sempre più difficile individuare, al di là delle singole disposizioni che rapidamente si succedono, un quadro sistematico chiaro>>.[32] Con l’avvertita implicazione, almeno per questa parte e originando da <<un’esigenza reale>>,[33] che nella fase preprocedimentale <<L’uso dei mezzi tecnici di rappresentazione e, prima ancora, di registrazione di dati oggettivi e di altre fonti documentali, seppure con insopprimibile disparità di poteri, rispetto a quelli dell’inquirente, può offrire al difensore valide occasioni di contributo alla ricerca della verità processuale>>.[34] Il patrocinatore, invero, può compiere attività d’indagine come l’individuazione fotografica o di cose materiali, gli identikit, i photo-fit e l’immagine grafica, che sono tutte tecniche d’identificazione; nonché i pedinamenti (magari tramite investigatori privati).[35]
Privi di apprezzabilità risultano poi i sospetti d’incostituzionalità forgiati sull’estratta disparità asseritamente sfavorevole alla figura del p.m.: quest’organo si trova in una condizione ovviamente privilegiata rispetto al difensore, vista l’intera pluri-collaudata rete di risorse tecnico-umane a disposizione, e i penetranti poteri esercitabili.[36] Anzi, l’attuale previsione dell’esercitabilità ante procedimento dell’attività difensiva, persegue lo scopo – nella ricercata stabilità di sistema perorata dalla tecnica − di avvicinare la posizione difensivo-probatoria del soggetto accusato riguardo alla multiforme temprata dalla pubblica accusa,[37] contribuendo ad arricchire il materiale probatoriamente utile per il giudicante.[38] A riprova, l’intentio auctoris codex fu chiara: la dir. n. 3 della l. delega n. 81/1987 prevedeva il raggiungimento della <<”partecipazione dell’accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento”,>> nonché <<la ‘facoltà’ delle parti private, dei difensori e della persona offesa di “indicare elementi di prova e di presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento”>>[39] − al fine di realizzare gli scopi della Costituzione.[40] È in questo senso, che le apprese norme politico-giuridiche alla volontà della tecnica <<aggiungono la concretezza del nuovo volto che esse vanno assumendo; e tolgono l’astrattezza che a tale volontà verrebbe a competere qualora esse non ci fossero>>.[41]
Sulla strutturazione lessicologica dell’art. 391-nonies c.p.p. (‘Attività investigativa preventiva’), s’è avanzata la realizzata inettitudine previsionale del legislatore – seppur sull’invincolante loco rubricale − nella scelta aggettivazione preventiva in luogo della più appropriabile preparatoria: quest’ultima funzionale all’attuazione di finalità difensive di un qualsiasi soggetto interessato ad un possibile procedimento penale, oppure preliminare: essendovi ravvisabile la finalità dell’istituto nella ricerca degli elementi suscettibili di possibili sviluppi successivi.[42] In realtà, il principio della completezza delle indagini esige una legittimatio ex art. 111 Cost.,[43] estesa in tutte le fasi influenti sulla sostanzialità difensiva del privato, nella possibilità di attuare iniziative probatorie di segno difensivo, probatoriamente equiparate a quelle raccolte dalla pubblica accusa.[44]
Le doti del costrutto logico delle investigazione preprocedimentali, possono essere apprezzabilmente cernite attraverso la categoria della c.d. contraddizione (da non confondersi con la contraddittorietà): essa concede di appurare nella esplorata condizione vissuta da un istituto, la sua consonanza con i correlativi entro il sistema contenente, al fine di assodare l’assenza di una causata instabilità.[45] Ed al riguardo non possono residuare dubbi sull’armonica costituzionalità della figura delle investigazioni difensive, in che modo ricomprensiva di quelle pre e post-procedimentali, inferibile sulla base dell’argomento strutturale, generato sulla fedele funzionalizzazione dei principî costituzionali per mezzo della legislazione ordinaria sulla completezza di difesa, attualizzati con gli artt. 391-nonies, e il complementare 327-bis c.p.p.[46] − <<la disciplina delle indagini difensive, introdotta con detta legge n. 397 del 2000 (una delle leggi dichiaratamente attuative della riforma dell’art. 111 Cost.), si è proposta proprio con lo scopo di conseguire un minore squilibrio tra le posizioni della parte pubblica e dell’indagato-imputato, delineando una tendenziale pari valenza delle indagini di entrambi>>,[47] nonché del loro prodotto probatorio.[48] In pertinenza, giunge acconcia la realtà ribadita recentissimamente dal custode della Carta costituzionale: <<la giurisprudenza di questa Corte ha desunto dall’art. 3 Cost. un canone di «razionalità» della legge svincolato da una normativa di raffronto, rintracciato nell’«esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità» (sentenza n. 421 del 1991) ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l’eventuale manifesta irrazionalità o iniquità delle conseguenze della stessa (sentenze n. 46 del 1993, n. 81 del 1992)>>.[49] Dacché, i derivati del principio del giusto processo, della colpevolezza, dell’uguaglianza delle parti processuali, convergono coi postulati del difendersi ricercando sulla finalità di realizzare compiutamente lo scopo del diritto penale sino alla fase rieducativa: percepire un complesso vuol dire percepire che le sue parti costitutive stanno in questa certa relazione l’una con l’altra.[50] Il fenomeno del nobile servilismo delle ausiliarie norme ordinarie rispetto alle primarie prescrizioni costituzionali è ancor meglio decifrabile: <<I) In primo luogo, le norme giuridiche prime trovano, nelle norme giuridiche seconde, un prolungamento: le norme inferite [normes inférées] a partire dalle norme prime costituiscono il prolungamento (diretto o indiretto) di esse. II) In secondo luogo, le norme giuridiche prime trovano, nelle norme giuridiche seconde, un complemento: le norme poste in virtù dell’obbligo o del permesso di legiferare completano le norme prime. Tuttavia, l’operazione di inferenza [opération d’inférence] interviene sia nel primo sia nel secondo caso>>.[51]
Il diritto di provare la non colpevolezza ha, per tal guisa, esigito una decompressione linguistico-culturale in via di assestamento sull’estensione del diritto di difesa nel procedimento penale, verso una sua percorsa attuazione tramite una riformulazione della figura del difensore: superando i limiti glottologici sin qui provincializzanti il contributo difensivo, e la spazialità del procedimento penale.[52] A tal fine, l’incessante coltivazione di questo retroterra culturale,[53] non può abdicare bensì deve ostinarsi a trarre dall’apporto accademico: <<Nell’immensa dell’odierna ‘sapientia’, parzialmente ancora indeterminata in via tecnica, l’apporto dei giuristi teorici è anche e forse soprattutto quello di proporre formule semplici, con rigore controllate, nelle quali si dissolvano le ambiguità che la vita di relazione crea inevitabilmente. Ai giuristi pratici dell’applicazione spetta ‘tipologicamente’ il compito più complesso di conciliare le formule giuridiche con le realtà della vita, assai di frequente dubbiose, sfuggenti e sempre, almeno in parte, mutevoli anche per la ‘callidità’ umana>>.[54]