AZIONE ORDINARIA E D’INDENNIZZO DIRETTO: POSSIBILE IL CUMULO?
Antonio Spallieri, avvocato del foro di S. Maria C.V.
Giudice di Pace di Maddaloni, 4 febbraio 2013
Sentenza destinata a far discutere. Contrariamente all’avviso contenuto in una recente sentenza del Tribunale di Milano, il giudice di pace maddalonese esclude che possano cumularsi, nella fase stragiudiziale – ferma la facoltatività della procedura d’indennizzo diretto sancita dalla nota sentenza della Consulta – l’azione ordinaria e d’indennizzo diretto di risarcimento del danno da sinistro stradale. Perviene alla decisione attraverso la disamina letterale dell’art. 145 cod. ass., a parere del giudice non oggetto di scrutinio della Corte Costituzionale e perciò imperativo circa gli atti prodromici alla proposizione della domanda giudiziale. In breve , secondo il giudicante, sin dalla richiesta di risarcimento l’azione del danneggiato dev’essere caratterizzata da uberrima bona fides consistente, anzitutto, nella rappresentazione chiara e senza equivoci del sistema di risarcimento prescelto, pena l’impossibilità per il giudice, che deve anzitutto interrogarsi sulla proponibilità della domanda, di stabilire in capo a quale degli assicuratori intimati (per competenza alla compagnia di controparte, nell’azione ordinaria, o per conoscenza alla propria compagnia, nell’indennizzo diretto) è vanamente trascorso lo spatium deliberandi.
Giudice di Pace di Maddaloni, 4 febbraio 2013
(dott. Alfonso di Nuzzo)
FATTO E DIRITTO
1) La presente sentenza è stesa senza l’esposizione dello “svolgimento del processo”, ovvero ai sensi
del secondo comma dell’art. 132 C.P.C., sì come modificato dall’art. 45, comma 17°, della legge 18
giugno 2009 n. 69.
2) Non è stato possibile, per l’indisponibilità delle parti in causa, conseguire la conciliazione della lite.
3) Va dichiarata la contumacia di * Assicurazioni S.p.A., nella persona del legale rappresentante pro
tempore, ritualmente citato e non comparso.
4) È compito precipuo del giudice, benché non sollecitato dalla controparte, verificare le condizioni di
proponibilità dell’azione esercitata dall’attore.
Nel caso di specie, non v’è dubbio che l’attrice, che ha convenuto dinanzi questo giudice oltre al
preteso responsabile * anche il proprio assicuratore la r.c.a., * S.p.A., ha inteso avvalersi, per vedersi
risarcita del danno che accusa aver riportato dal denunciato sinistro, della procedura di cui all’art. 6
del D. P. R. 18 luglio 2006 n. 254, ovvero del cd. risarcimento diretto, sistema disciplinato dall’art. 149
del D. Lgs. 209/05, ove si prevede che in caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati e
assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai
loro conducenti, il danneggiato che non si ritiene responsabile del sinistro può pretendere il
risarcimento del danno direttamente dal proprio assicuratore la r.c.a. anziché da quello
dell’antagonista, sistema previsto in via esclusiva dall’abrogata legge n. 990/69, mentre oggi
alternativo (sono, infatti, disciplinati entrambi dal D. Lgs. 209/05, rispettivamente agli artt. 148 e 149)
a quello del nominato indennizzo diretto.
L’indennizzo diretto è stato oggetto d’imprescindibile scrutinio della Corte Costituzionale (sent. n. 180
del 19 giugno 2009) che, chiamata a pronunziarsi sul tenore letterale dell’art. 149 cod. ass., in
riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 Cost., ha ritenuto infondata la questione di legittimità, e precisato
che la norma stabilisce una facultas agendi in favore del danneggiato, il quale può, e non deve, agire
direttamente contro la propria assicurazione; secondo la Consulta, “il nuovo sistema di risarcimento
diretto non consente di ritenere escluse le azioni già previste dall’ordinamento in favore del
danneggiato”, e “l’azione diretta contro il proprio assicuratore è configurabile come una facoltà, e
quindi un’alternativa all’azione tradizionale per far valere la responsabilità dell’autore del danno”.
Il paradigma dell’Alta Corte, dunque, poggia, al tempo stesso, sulla facoltà dell’assicurato d’avvalersi o
meno dell’indennizzo diretto come mezzo risarcitorio e sull’alternatività del mezzo risarcitorio scelto;
insomma, mutuando la sintesi del concetto giuridico da una recente sentenza del Tribunale di Milano
(28 ottobre 2011, n. 13052), “La corretta interpretazione della facoltatività del risarcimento diretto e
della sua alternatività rispetto alle altre procedure deve essere ricercata nel principio “electa una via,
non datur recursus ad alteram”, in base al quale il danneggiato che agisca in giudizio nei confronti della
propria impresa di assicurazione, o di quella del responsabile civile, consuma così, in ogni caso, il suo
potere di scelta esercitandolo“.
Lo stesso Tribunale, interrogatosi sull’applicabilità del suesposto principio alla fase stragiudiziale,
osserva:
“Non si ritiene opportuno, invece, applicare tale principio anche alla richiesta effettuata in via
stragiudiziale: ammettere che la richiesta di liquidazione in via stragiudiziale, rivolta a una delle due
imprese di assicurazione, precluda la possibilità di esperire la procedura stragiudiziale e la successiva
azione in giudizio nei confronti dell’altra, sarebbe ancora una volta in contrasto con il principio della
facoltatività espresso dalla Corte e limiterebbe il diritto di difesa dei danneggiati. La Corte ha affermato
che la disposizione di cui all’art. 149, c.6, del Codice, utilizzando il verbo “potere” intende esprimere che il
danneggiato può, non deve esperire questo tipo di azione, vale a dire che egli è libero di esercitare o non
esercitare lo strumento giudiziale“.
Con l’avviso del tribunale milanese circa la cumulabilità delle azioni nella fase stragiudiziale, non
concorda questo giudicante.
Con la nota pronunzia, lo scrutinio della Consulta s’è incentrato sulla questione di costituzionalità
dell’art. 149 cod. ass., facendone derivare la facoltatività dell’indennizzo diretto, ma non è stato esteso
agli atti prodromici dei diversi sistemi risarcitori, regolati dall’art. 145 del D. Lgs. 209/05, che recita
testualmente:
“1. Nel caso si applichi la procedura di cui all’articolo 148, l’azione per il risarcimento dei danni causati
dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta
solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da
quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo
lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le
modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148.
2. Nel caso in cui si applichi la procedura di cui all’articolo 149 l’azione per il risarcimento dei danni
causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere
proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona,
decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il
risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per
conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto, avendo osservato le modalità
ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150“.
Apparentemente similari, le due disposizioni, invece, divergono:
a) il primo comma regola la proponibilità dell’ azione ordinaria di risarcimento del danno, quella cioè
che si spiega nei confronti dell’assicuratore dell’antagonista a norma dell’art. 148 cod. ass., e la
richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità
indicate al 1° comma dello stesso articolo – ovvero corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui
all’art. 143 e recare l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei
giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità
del danno, e deve contenere l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento, la
descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini
dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dai dati relativi all’età,
all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica
comprovante l’avvenuta guarigione, etc. – , e poiché la richiesta di risarcimento è spiegata a fine
risarcitorio nei confronti dell’assicuratore dell’antagonista, l’eventuale informativa al proprio
assicuratore (dev’intendersi, non si capirebbe, altrimenti, a chi altri e perché) può essere comunicata
per mera conoscenza;
b) il secondo comma, invece, regola l’accesso alla procedura d’indennizzo diretto, ex art. 149 cod. ass.,
e prevede che la richiesta di risarcimento alla propria impresa di assicurazione, trasmessa a mezzo
lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dev’essere (e non può essere anche) inviata per
conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto.
L’eliminazione della congiunzione “anche” al secondo comma dell’art. 145 cod. ass., non è casuale;
l’indennizzo diretto si prospetta al danneggiato come una sorta di sostituzione della obbligazione
risarcitoria, che fa gravare in capo alla sua compagnia garante la r.c.a. in luogo di quella della
responsabile civile (fatte salve, ovviamente, le compensazioni tra assicuratori); difatti, le modalità e i
contenuti della richiesta di risarcimento diretto sono diversi da quelli dettati per la normativa per c.d.
ordinaria.
La prima differenza attiene alle modalità di trasmissione: il 2° comma dell’art. 5 del D.P.R 254/2006
(Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione
stradale, a norma dell’articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) prevede che la
richiesta d’indennizzo oltre che inoltrata attraverso lettera raccomandata con avviso di ricevimento,
può essere anche consegnata a mano, inoltrata a mezzo telegramma, telefax o anche in via telematica,
se previsto dal contratto quest’ultima modalità.
Per ciò che attiene al contenuto della richiesta, poi, il primo comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 254/2006,
prevede che la richiesta risarcitoria, tra le altre indicazioni indispensabili, deve necessariamente
contenere le generalità dei testimoni e, qualora vi sia stato, l’intervento delle autorità e, in caso di
lesioni fisiche dei conducenti, alla richiesta devono essere allegati elementi più analitici e completi di
quelli previsti per la procedura ordinaria, come l’indicazione dei postumi invalidanti permanenti;
vieppiù, e ancora diversamente dalla procedura ordinaria, il 6° comma dell’art. 149 cod. ass. prescrive
che “In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di
mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall’articolo 148 o di
mancato accordo, il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’articolo 145, comma 2, nei soli
confronti della propria impresa di assicurazione. L’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile
può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l’altra impresa, riconoscendo la responsabilità
del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese
medesime secondo quanto previsto nell’ambito del sistema di risarcimento diretto“.
È punto avviso del giudicante che i due sistemi risarcitori (facoltativi, in ossequio all’alto
pronunciamento, oltre che) alternativi nella fase giudiziale, debbano esserlo anche in quella
stragiudiziale, e ciò al preciso fine d’individuare con certezza l’impresa tenuta all’offerta (o diniego di
essa) risarcitoria.
Se infatti è vero, per un verso, che l’assicuratore ha l’obbligo di attivarsi alla stregua dell’ordinaria
diligenza professionale da lui esigibile (art. 1176, comma 2, c.c.) per accertare il danno e liquidare
l’indennizzo, e quindi non può sottrarsi a tale obbligo opponendo fiscali obiezioni sullo scostamento tra il
contenuto della richiesta concretamente inviata e quello imposto dall’art. 148 cod. ass., per altro verso è
altresì vero che il danneggiato ha l’obbligo di uberrima bona fides nel corso delle trattative, e non può
limitarsi ad inviare all’assicuratore richieste del tutto generiche e prove di adeguato corredato
documentale, come tali assolutamente insufficienti per la stima del danno, e ciò a mente dell’art. 1206
c.c., alla stregua del quale il creditore deve compiere “quanto necessario” perché il debitore possa
adempiere (C.S.M.,Incontro di studio sul tema “Il codice delle assicurazioni private”, Roma, 12-14
marzo 2007, dr. Marco Rossetti).
Diversamente, come nel caso di specie, in cui la richiesta risarcitoria – tra l’altro incompleta, laddove
non segnalate a Milano S.p.A. le generalità del testimone poi escusso in corso di causa – è stata
trasmessa (sebbene con raccomandata a/r) a entrambe le compagnie assicuratrici, cioè del preteso
danneggiato e del ritenuto responsabile, senza distinguere a quale di esse era specificatamente rivolta
l’istanza di risarcimento, potendo tanto l’una quanto l’altra compagnia interpretare la richiesta come
indennizzo diretto, l’assicuratore dell’antagonista, o di moratoria d’azione ordinaria, l’assicuratore del
danneggiato, tal comportamento non soltanto sfugge all’obbligo dell’assicurato di uberrima bona fides
nel corso delle trattative, ma altresì evidentemente impedisce al giudicante di stabilire a carico di
quale delle compagnie ingiunte è inutilmente trascorso lo spatium deliberandi.
Per il complesso delle ragioni evidenziate, in generale sul tema, e nel particolare della richiesta
risarcitoria allegata dall’attrice, va dichiarata l’improponibilità dell’azione di *.
5) La novità della materia all’esame del giudicante, è giusto motivo di compensazione delle spese di
lite.
P. Q. M.
Il Giudice di Pace di Maddaloni, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione, così provvede in via preliminare:
dichiara la contumacia di * Assicurazioni S.p.A., nella persona del legale rappresentante pro tempore, e
l’improponibilità della domanda di *.
Sentenza esecutiva come per legge.
Così deciso in Maddaloni il 4 febbraio 2013.
IL GIUDICE DI PACE
(dott. Alfonso di Nuzzo)