La comunione legale e l’invenzione della fuoriuscita di uno o più beni ricompresi in essa a causa di fallimento societario Cassazione, Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6575 (M. Giarrizzo)

La separazione è la soluzione che il legislatore ha conferito ai coniugi che attraversano un momento delicato, (crisi), della propria vita. Essa interrompe i rapporti giuridici esterni alla coppia se omologata.

L’istituto della separazione dei coniugi, è stato oggetto di attenzione anche da parte dei Legislatori del tempo trascorso.

Così, se il Codice civile universale Austriaco per il Regno Lombardo-Veneto, sanzionato da Francesco I, il 28/09/1815 nel suo ventiquattresimo anno di regno,  <<da servire di sola ed unica norma in tutte le province spettanti al Governo di Milano, in luogo di qualsivoglia altra legge o consuetudine relativa agli oggetti del diritto comune[18]>>,  Edizione Ufficiale Parte I, Milano 1815[19], ne ammise la possibilità, nel § 103, e i successivi paragrafi da 104 a 109  ne regolavano i motivi, un altro Codice Civile quello per gli Stati di Parma Piacenza e Guastalla sanzionato da Maria Luigia, ed avente esecuzione il 1° marzo 1820 per i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, con cessazione di efficacia di ogni norma precedente nei detti Stati, all’art. 63[20], ne conteneva ulteriore riferimento.

Anche il Codice Civile per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna,  sanzionato da Carlo Alberto che, raccogliendo la sapienza delle leggi pregresse, prima variamente sparse e non uniforme, a quelle nuove riformatrici, disponeva, nell’art. 140[21],  di separazione.  Il Codice per lo Regno delle Due Sicilie[22], sanzionato da Ferdinando I il 21/05/1819 e pubblicate in  Napoli il 29/05/1819,  Parte Prima, Leggi Civili, (decima edizione ,Napoli 1856), Titolo VI,  Della separazione de’ conjugi  – Capitolo I- Delle cause della separazione –  dall’art. 217 all’art. 222, descrissero la possibilità di separazione dei coniugi.

L’argomento, pregnante nella storia pre-unitaria, aveva ricevuto interessanti risposte giuridiche.

L’odierno ordinamento conosce due forme di separazione: quella giudiziale e quella consensuale. C’è anche la separazione di fatto, non opponibile ai terzi. La separazione consensuale ha come base l’accordo di separarsi. Accordo  che regolamenta gli aspetti economici e non economici della vita della coppia stessa, ivi anche i rapporti con i figli. Essa ha efficacia giuridica dopo l’omologa[23]. Dal detto accordo sono esclusi i diritti indisponibili dei coniugi (es. rinuncia dell’assegno alimentare etc). Il procedimenti si apre con istanza delle parti o di uno di essi dinanzi al Presidente del Tribunale della dimora o residenza del convenuto, che accerta l’inconciliabilità.

Il legislatore ha anche previsto la possibilità di riconciliazione. Stabilisce l’art. 154, CC, rubricato
Riconciliazione, che:<<La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta>>. L’art. 157 C.C., descrive i comportamenti, delle parti, affinché cessino gli effetti della separazione, e cioè: <<I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.

La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione>>.

Stessa sorte toccò per l’istituto della riconciliazione nella codicistica preunitaria.

La riconciliazione è istituto che ha messo a prova la migliore dottrina.

Essa veniva studiata dai dottori italiani del diritto comune[24]. Una sentenza del Parlamento di Parigi, del 10/02/1601[25], dichiarava che la riconciliazione, avrebbe posto nel nulla non solo la separazione personale (corporale) ma anche quella dei beni. Lo stesso Pothier, nel suo Traité de la communautè, arriva ad affermare, rifacendosi all’art 199 della coutume,  che la riconciliazione <<se détruit  par le consentement des Parties[26]>>.

La riconciliazione, quindi, quale libera manifestazione di volontà di porre in essere comportamenti contrari alla separazione, diveniva un fatto-atto partecipato ai terzi per ritornare ad essere una cosa sola, conchiudendo un periodo di lontananza (fisica e morale) dei coniugi.

I codici pre-unitari, a partire da quello Universale Austriaco per il Regno Lombardo-Veneto, Edizione Ufficiale Parte I, Milano 1815, nel § 110[27]; a quello per gli Stati di Parma Piacenza e Guastalla, sanzionato nella residenza di Parma 23 marzo 1820, art. 69[28]; o quello per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna, sanzionato da Carlo Alberto, a Torino nel 1837, artt. 140 e 143[29]; o quello per lo Regno delle Due Sicilie sanzionato da Ferdinando I, il 21/05/1819, e pubblicate in  Napoli il 29/05/1819, da artt. 223 a 225[30], o, infine,  quello degli Stati Estensi, sanzionato da Francesco V, a Modena il 25/10/1851, negli artt. 109, 111 e 112[31], descrivevano, per la coppia, la possibilità di riconciliarsi.

La libera volontà, di riconciliarsi,  che si scontra con il tessuto sociale poiché la tutela dei terzi in buona fede deve essere salvaguardata. Volontà che se non <<partecipata[32]>> a mezzo di formalità (dichiarazione a mezzo atto pubblico e annotata nel registro di matrimonio detenuto presso lo Stato Civile del luogo di dimora o residenza),  non diviene comportamento probatorio da opporsi ai terzi.

La norma civilistica, art. 157 CC, descrive i comportamenti che occorrono perché la riconciliazione sia opponibile ai terzi. Affinché si risolva la domanda di separazione occorre o l’espressa dichiarazione, (da annotare nell’atto di matrimonio art. 69 DPR 396/2000), non sottoposto a vincoli  formali[33], o, anche, solo materiali (comportamenti non equivoci).

Che cosa si intende per  comportamento non equivoco.

Il sostantivo comportamento, nell’accezione che interessa noi, fornisce il detto significato:<<2.a. Nella psicologia comparata, il complesso degli atteggiamenti che il soggetto (animale o uomo) assume in relazione a determinati stimoli ambientali o a presunti bisogni interni, oppure l’attività globale di un soggetto considerata nelle sue manifestazioni oggettive[34]>>. 

Comportamento è il complesso di atteggiamenti che vengono assunti: facoltà, in capo a un soggetto, di poter scegliere o di poter manifestare la propria volontà con i mezzi che l’ordinamento giuridico riconosce quali libertà negative dallo e dello Stato[35]. Libertà che rientrano nel novero dei diritti soggettivi che lo stesso ordinamento tutela. Diritti che sono stati contratti anche quale  negoziazione degli stessi, a mezzo di trattati e/o Convenzioni internazionali, quali il Trattato U.E., la Carta di Nizza, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ecc.

Norme di vari sistemi che si aiutano, o, meglio ancora, si rafforzano e si plasmano. Osmosi dei vari Ordinamenti giuridici, rientranti ed orbitanti in “sistemi di sistemi”.

Infatti, <<…omissis … Quel che è certo è che i valori fondanti le liberaldemocrazie  (e, sopra tutti, quelli di libertà, eguaglianza, giustizia sociale e, ancor più in alto o più a fondo, il valore “supercostituzionale” della dignità della persona umana nei cui riguardi i valori restatisi pongono in funzione servente) hanno costituito il più saldo punto dal quale l’ordinamento sovranazionale   si è tenuto e costantemente si tiene nello sforzo poderoso prodotto al fine di rilegittimarsi senza sosta e dare la più persuasiva giustificazione di quel primato di cui si è sopra detto:[36]…omissis>>.

Il semplice comportamento economico quale l’assegno alimentare, può produrre  effetti riconcilianti. Infatti, <<Censurabile è, dunque, la decisione impugnata, laddove, a fronte di una situazione di evidente “separazione in casa”, fortemente caratterizzata (ed il relativo dato processuale risulta incontestato) dall’animus derelinquendi del P. e da una vita familiare improntata al distacco fisico e spirituale tra coniugi (a nulla rilevando in proposito la coabitazione e l’erogazione di somme di denaro), si afferma come perdurante e non interrotta la normale convivenza>>.[37]

La legge nulla prescrive sul comportamento non equivoco. Il comportamento può essere provato con ogni mezzo. Sarà in capo alla parte interessata provare il contrario (vedasi Cassazione, 25/5/2007, n. 12314[38]). 

La possibilità di potersi nuovamente separare non è precluso dall’ordinamento. Essa rientra nella volontà dei soggetti di mantenere rapporti stabili o di slegarli. Sono sempre fatti salvi i diritti dei terzi.

Dopo un periodo di allontanamento, la coppia può chiedere il divorzio.   

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