INAMMISSIBILITÀ DEI RICORSI PER CASSAZIONE “COLLAGE”
Mariagrazia Mazzaraco
Il ricorso per Cassazione ex. art. 366, 1°co. n. 3 c.p.c. deve riportare i fatti accaduti descritti in maniera succinta, ossia deve essere “una sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata” fa notare la Suprema Corte con l’ordinanza n. 4845/2013 al fine di consentire all’organo di legittimità, appunto, di assolvere le proprie funzioni in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso.
Il ricorso per Cassazione definito simpaticamente “collage” in quanto trattasi di una mera riproduzione integrale di tutti gli atti principali componenti il procedimento (accertamento, ricorso, sentenze, ecc….), a detta della VI sezione della Corte di Cassazione è inammissibile in quanto non conforme, oltre tutto a quanto prescritto dall’art. 366 del c.p.c..
Il semplice copia incolla della documentazione “contravviene allo scopo di agevolare la comprensione (per il giudice) dell’oggetto della pretesa” ed “equivale nella sostanza a un mero rinvio agli atti di causa e viola il principio di autosufficienza del ricorso” inducendo la Corte ad un’integrale rilettura degli atti processuali nonché ad un’ulteriore ricostruzione dei fatti, superflua e già approfondita.
L’inammissibilità dei ricorsi per Cassazione redatti secondo il “modus operandi del collage” contrasta con il 366 del c.p.c. che prevede per il ricorrente sì l’esposizione seppure sommaria dei fatti di causa nel corpo del ricorso ma l’integrale riproduzione degli stessi inficia l’azione giudicante del giudice di legittimità specie per l’individuazione della materia del contendere.