VIZIO DI MOTIVAZIONE DELL’ORDINANZA INGIUNZIONE: QUESTIONI DI COMPETENZA
Luca Presutti del Foro di Pescara
La questione affrontata con la sentenza di merito che intendo divulgare (Sentenza del 23/09/2014, del Tribunale di Pescara) , ha ad oggetto la individuazione del Giudice competente a conoscere le doglianze riguardanti la non sufficiente motivazione delle ordinanze – ingiunzione emesse da un Ente Comunale, in ordine alla descrizione del fatto integrante l’illecito amministrativo.
Prima però di conoscere il contenuto della decisione assunta dal Giudice pescarese, pare opportuno operare una breve descrizione della vicenda sottesa al provvedimento in esame.
A seguito di ispezione eseguita dagli agenti della polizia municipale del Comune di Pescara all’interno di un negozio commerciale (ove peraltro mancava il titolare) quest’ultimi riscontravano come alcuni prodotti ludici ivi esposti fossero irregolari, poiché non rispettosi delle prescrizioni indicate nel Decreto Legislativo n. 54/2011 (attuativo della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti la sicurezza dei giocattoli).
Tuttavia, i predetti agenti accertatori, nel redigere verbali del caso, omettevano di indicare sufficienti elementi descrittivi e/o dettagli tecnici o identificativi dei suddetti prodotti ludici.
Tale omissione, di fatto, impediva al titolare dell’esercizio commerciale (che, si ribadisce, non era presente al momento dell’ispezione) di esercitare in maniera compiuta il proprio diritto di difesa, posto che la normativa sopra citata opera un distinguo (con specifica elencazione) tra prodotti ludici che possono essere considerati giocattoli e prodotti che, non essendo qualificabili come tali, non soggiacciono alle prescrizioni restrittive normativamente previste.
Successivamente, in forza dei predetti verbali di accertamento, il Comune di Pescara provvedeva a notificare al presunto trasgressore le rispettive ordinanze – ingiunzione, le quali riportavano la stessa identica motivazione contenuta nei rispettivi verbali, nulla aggiungendo in ordine ai beni che hanno determinato l’infrazione amministrativa.
In ragione di ciò, il titolare del negozio commerciale avanzava, dinanzi al Giudice di Pace di Pescara, ricorso in opposizione avverso le predette ordinanze – ingiunzione lamentando, in particolare, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della Legge 241/1990 e 18 della Legge 689/1981, disciplinanti la motivazione dei provvedimenti amministrativi.
L’Organo giudicante, sul punto, rigettava l’opposizione asserendo che l’onere motivazionale gravante in capo all’ente comunale doveva ritenersi assolto per relationem, in virtù del richiamo operante nel corpo delle ordinanze – ingiunzione ai rispettivi verbali di accertamento delle infrazioni.
Avverso tale decisione, (che si palesa contraddittoria posto che, come già detto sopra, la motivazione contenuta nei verbali di accertamento risultava identica a quella riportata nelle rispettive ordinanze – ingiunzione) il ricorrente proponeva appello dinanzi al Tribunale di Pescara, avanzando, tra le altre, la stessa doglianza di cui sopra.
Sul punto, il Giudice di Appello confermava la sentenza di primo grado svolgendo le seguenti considerazioni: “ il provvedimento con cui l’autorità amministrativa, disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’’ultimo una sanzione è censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza risulti del tutto prima di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, oggetto dell’opposizione essendo non il provvedimento del Prefetto, ma il rapporto sanzionatorio (cfr. Cass. 10/05/2010, n. 11280).”
Con detta pronuncia, il Giudice d’Appello, richiamando la precedente giurisprudenza formatasi sul punto, sancisce il principio secondo cui il giudizio che si introduce con la procedura tracciata dalla Legge 689/1981, pur formalmente strutturato come opposizione ad un atto, ha sostanzialmente ad oggetto il rapporto giuridico di obbligazione sottostante.
Da ciò ne conseguirebbe, pertanto, che i vizi motivazionali dell’ordinanza ingiunzione (ad eccezione dei casi di assenza della motivazione) non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa.
Alla luce di tale principio, sarebbe interessante capire la ragione per cui le ordinanze – ingiunzione emesse dagli Enti Amministrativi non soggiacciono alle regole motivazionali né al rigore del rispetto assoluto dell’iter procedimentale che valgono per gli atti amministrativi di natura provvedi mentale.
Tale esclusione, in verità, potrebbe rappresentare una seria violazione dei principi costituzionali relativi al giusto esercizio di difesa, considerato che la normativa disciplinante le opposizioni alle ordinanze – ingiunzione (L. 689/1981), da un lato non sembra risultare limitativa nel senso sopra precisato, e dall’altro lato, non prevede alcun percorso di impugnativa avverso i rispettivi verbali di accertamento.
Per contro, invece, il principio in esame risulta più confacente al caso di opposizione ex art. 205 Codice della Strada avverso l’ordinanza – ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, così come affrontato nella sentenza della Cassazione Civile del 10/05/2010, n. 11280 (richiamata dal Giudice di Appello del Tribunale di Pescara)
Infatti, in tale ultima ipotesi, il trasgressore ha la possibilità di presentare ricorso al Prefetto avverso i verbali di contestazione ai sensi dell’art. 203 C.d.S., con il quale far valere le proprie deduzioni difensive anche in ordine ai vizi motivazionali.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si auspica sul punto un intervento chiarificatore da parte della giurisprudenza di legittimità, in grado di fugare ogni dubbio come quello poc’anzi sollevato.
Tribunale di Pescara, 23.9.2014
Omissis
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si premette e si rimanda a quanto esposto, in fatto e in diritto nella sentenza appellata, dal Giudice di Pace di Pescara, con la quale veniva rigettata l’opposizione proposta da *****, in proprio e nella qualità, avverso le ordinanze ingiunzioni nn. ****/00 , *****/00 e ****/00.
Ora, considerati i motivi dell’impugnazione, va detto che l’appello appare infondato.
Ed invero, quanto all’eccezione di nullità della notificazione del verbale di accertamento n. ****/00, per mancata produzione, da parte del Comune, della prova della ritualità della notificazione stessa, va innanzitutto premesso che la nullità della notifica del verbale di accertamento di violazioni amministrative è sanata, per il raggiungimento dello scopo, dalla proposizione di una tempestiva e rituale opposizione, a norma dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981, atteso che l’art. 18, comma 4, della stessa legge, disponendo che la notificazione è eseguita nelle forme richieste dall’art. 14, il quale al comma 4 richiama le modalità previste dal codice di rito, rende applicabile l’art. 160 del codice, che fa salva l’applicazione dell’art. 156 sulla rilevanza della nullità (cfr. Cass. 17.5.2007, n. 11548).
A ciò si aggiunga che la circostanza che il Comune ha fornito comunque la prova della spedizione a mezzo posta del verbale di accertamento in questione esclude che possa ravvisarsi, nel caso, un’ipotesi di nullità della notificazione, o dello stesso verbale di accertamento.
Quanto ai motivi di merito, valgano le considerazioni che seguono.
Occorre rilevare che il provvedimento con cui l’autorita’ amministrativa, disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione e’ censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, oggetto dell’opposizione essendo non il provvedimento del Prefetto, ma il rapporto sanzionatorio (cfr. Cass. 10.5.2010, n. 11280).
Pertanto, nella specie, la dedotta eccezione di insufficienza di motivazione delle ordinanze impugnate non può valere ad inficiare in alcun modo il rapporto sanzionatorio sostanziale, mancando in proposito alcun rilievo circa l’infondatezza della pretesa.
Infine, è appena il caso di rilevare che oggetto di contestazione e sanzione sono state le diverse condotte di messa in vendita di beni omettendo l’indicazione del prezzo, ovvero la ragione sociale e/o l’indirizzo dell’importatore, ovvero l’allegazione del foglio informativo.
Pertanto, trattandosi di diverse condotte illecite, non può applicarsi alcun cumulo giuridico delle sanzioni.
Dunque, l’appello va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, così provvede:
– rigetta l’appello;
– condanna gli appellanti al pagamento delle spese di lite sostenute dall’appellato per il presente giudizio, liquidate in complessivi €. 2.737,50 per compenso, oltre 15% per rimborso forfettario, iva e cap come per legge.
Così deciso in Pescara, 23.9.2014.