UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI FERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GdP di Fermo Avv. Giuseppe Fedeli
nel procedimento ex art. 13 comma 8 del D. Lvo 286/98 e successive modifiche, iscritto al n. 1065/2015 RG
DA
XXX nato in XXX il XXXX, rappresentato e difeso dall’Avv. XXX
RICORRENTE
CONTRO
PREFETTURA-U.T.G. DI FERMO, in persona del Prefetto pro tempore
RESISTENTE
Conclusioni delle parti: conformemente agli atti
Si premette:
con atto depositato il 24.04.2015 il sig. XXX proponeva innanzi a questo Ufficio ricorso ex art. 13 comma 8 del D.Lvo 286/98 e successive modifiche avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Fermo -cat. A11/15/Imm. Nr. 14- in data 26/03//2015, col quale l’Autorità predetta disponeva l’espulsione dal territorio nazionale dell’attuale ricorrente. Costui eccepiva l’illegittimità del provvedimento prefettizio chiedendone l’annullamento, deducendo: 1) Illegittimità del provvedimento di espulsione per violazione della Direttiva 2008/115/CE; 2) Omessa traduzione del provvedimento espulsivo; 4) Illegittimità del provvedimento di espulsione per violazione per difetto di attestaz. di conf. all’originale; 4)carenza di motivazione e violazione di legge ex art. 14 co 5-ter d.l.vo 286/98. Contestualmente chiedeva la sospensione illico et immediate dell’esecutività del provvedimento prefettizio oggetto di gravame. Disposta con ordinanza l’udienza camerale per il giorno 27/05/2015, questa veniva regolarmente comunicata ai soggetti interessati.
Dal canto suo, l’Ufficio Immigrazione della Questura di Ascoli Piceno faceva pervenire proprie note corredate dalla documentazione di rito, alle quali si riportava, insistendo per la conferma del provvedimento di allontanamento. Alla predetta sessione il difensore del ricorrente domandava l’accoglimento del ricorso. Questo Giudice, preso atto, riservava decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda si palesa infondata sulla scorta delle deduzioni della Questura rifluite nel gravato decreto, ergo il ricorso va respinto. In via preliminare e avanti l’analisi del merito, giova muovere da un principio fondamentale che informa i procedimenti di tal natura. Va osservato, infatti, che il ricorso avverso il provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero introduce un giudizio ordinario sul fondamento della pretesa dell’Autorità amministrativa di espellere lo straniero dal territorio dello Stato per la ricorrenza di uno dei motivi di cui all’art. 13 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e non si configura come impugnazione del provvedimento in questione con cui possano farsi valere anche i vizi formali di ciascun atto del procedimento amministrativo non incidenti sulle finalità perseguite dalla legge. A ben riflettere, in tema di disciplina dell’immigrazione, poiché il provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero extracomunitario è obbligatorio e a carattere vincolato, il G.O. è tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione (Cass. civ., Sez. 1,25/10/2007, n. 22367; Cass. Civ. Sez. Unite, 16/10/2006, n. 22217; si vedano anche: Cass. Civ. Sez. Unite, 23/10/2006, n. 22663; Cass. civ. Sez. I, 29/09/2006, n. 21172; Cass. civ. Sez. I, 29/12/2005, n. 28869; Casso civ. Sez. Unite Ord., 27/03/2008, n. 7933; Casso civ. Sez. I -Ord., 07/02/2008, n. 2973; Cass. civ. Sez. I Sent., 25/10/2007, n. 22367; Cass. civ. Sez. Unite, 18110/2005, n. 20125). Valga il vero. Lo straniero nei cui confronti pende un procedimento penale, in sede di ricorso avverso il decreto di espulsione non può far valere, quale motivo di invalidità del provvedimento, la mancanza del nulla osta all’espulsione da parte del Giudice penale, cosi come prevede l’art. 13, comma 3, D.L.vo 286/98. Infatti tale norma è posta a salvaguardia delle esigenze della giustizia penale, mentre l’interesse dell’espulso all’esercizio del diritto di difesa è tutelato dall’art. 17 del citato decreto (Cass.- Sez. 1. N. 16563/04). Inoltre la mancanza di nulla osta può sospendere eventualmente l’esecuzione dell’espulsione, non certamente l’adozione del provvedimento. La sentenza della Corte di Cassazione – sez. Prima Civile – nr. 25514/07 del 22.03.2007 stabilisce per l’appunto che il decreto di espulsione non è rimesso a valutazione discrezionale e che la sua emissione è direttamente riconducibile alla constatata inesistenza di un titolo di legittimazione al soggiorno. Nel caso di specie, il giorno 26.03.2015 lo straniero veniva rimesso in libertà, giusta sentenza n. 236 del Tribunale di Fermo. Dalla disamina degli atti fascicolari si accertava che, nei confronti del predetto, la Commissione Territoriale di Bari, con decreto n. 2614.11 del 10.11.2011, aveva respinto l’istanza di riconoscimento della protezione internazionale; avverso l’anzidetto provvedimento di diniego l’interessato aveva proposto ricorso al Tribunale di Lecce, rigettato con sentenza n. 851/2011 datata 12.07.2012. Per tali motivazioni, il Questore di Ascoli Piceno in data 25.02.2015 decretava il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 35 D.L.vo 25/08, notificato alla scarcerazione. Lo stesso giorno, al Mejri, venivano notificati il decreto di espulsione, emesso dal Prefetto di Fermo ai sensi dell’art. 13, comma 2 lett. b), D.L.vo 286/98, e l’ordine di lasciare il Territorio Nazionale entro gg. 5, emesso dal Questore di Ascoli Piceno ai sensi dell’art. 14, comma 5 bis, D.L.vo 286/98, in quanto non è stato possibile accompagnarlo né alla frontiera né ad un Centro di Identificazione ed Espulsione. Nel caso in questione, è stata preventivamente valutata la posizione del ricorrente sul territorio nazionale, nei confronti del quale era stato emesso dal Questore di Ascoli Piceno il decreto di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per “richiesta asilo politico”. Secondo costante orientamento della Corte di Cassazione, quando il permesso di soggiorno dello straniero sia stato annullato, o revocato, ovvero ne sia stato negato il rinnovo, il Prefetto è tenuto a disporre, in applicazione dell’art.13, secondo comma, lettera b), D. L.vo 286/98, l’espulsione dello straniero medesimo (ex multis Cass. N. 5127 del 04.03.2013, n. 1214 del 20.01.2005, n. 19447 del 2007, n. 4635 del 2012). Ora, il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, pur non espressamente previsto dal testo della norma in esame come causa espulsiva, legittima l’adozione del decreto di espulsione, giacchè il presupposto dell’espulsione prevista nei casi dell’art. 13, comma 2, lettera b), è la presenza irregolare del cittadino straniero nel territorio nazionale, che consegue alla reiezione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Il termine per la partenza volontaria – di cui alle memorie difensive – non poteva essere concesso poiché il Mejri non aveva alcun documento d’identificazione, né alloggio stabile e, in precedenza, aveva dichiarato false generalità. Pertanto il provvedimento impugnato è stato legittimamente emesso ai sensi dell’art. 14, comma 5 ter, D.L.vo 286/98 e successive modificazioni (cfr. ex plurimis Cass. N° 5127 del 04.03.2013; n° 1214 del 20.01.2005, 19447/2007, 4635/2012). Da ultimo, l’art. 13, comma 7, D.L.vo 286/98 prevede l’obbligo per l’amministrazione di tradurre il decreto di espulsione nella lingua conosciuta dallo straniero e, ove ciò non sia possibile, in lingua inglese, francese e spagnolo; tale norma non stabilisce che l’amministrazione debba dettagliatamente specificare il motivo della mancata traduzione in lingua conosciuta allo straniero essendo sufficiente che dell’impedimento ne sia stato dato atto nel decreto di espulsione. Il provvedimento impugnato è stato notificato all’interessato secondo la procedura di cui all’art. 2, comma 6, D.L.vo 286/98 e nel verbale di notifica è stato dato atto dell’impossibilità di reperire in tempi brevi un interprete di lingua conosciuta dallo straniero. Al riguardo si richiama la sentenza n. 1635/11 della Corte di Cassazione, relativa al ricorso avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Ascoli Piceno, con la quale la Suprema Corte ha stabilito che l’attestazione dell’autorità amministrativa relativa all’impossibilità di procedere alla traduzione nella lingua dell’espellendo, posta a base della traduzione in una delle tre lingue veicolari, è incensurabile da parte del Giudice. Tale carenza – se così si può definire -, comunque non ha leso il diritto di difesa del cittadino tunisino che parla e comprende abbastanza la lingua italiana, come dichiarato e sottoscritto nel verbale di sommarie informazioni del 26.03. 2015. Gli altri motivi di doglianza/eccezione, peraltro infondati alla luce di quanto sin qui argomentato, restano assorbiti. Non è dato provvedere sulle spese di lite, considerato che l’Amministrazione resistente si è limitata a replicare ai motivi di doglianza/eccezione di cui al ricorso in opposizione con deduzioni, in assenza di patrocinio legale.
PQM
Il GdP di Fermo Avv. Giuseppe Fedeli, visto l’art. 13 comma 8 del d. Lvo 286/98:
rigetta il ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Fermo -cat. A11/15/Imm. Nr. 14- in data 26/03//2015.
Vista l’istanza in atti, liquida le spese di patrocinio del ricorrente come da separato provvedimento
Sic decisum in Fermo hodie 27.05.2015
Il Giudice di Pace
Il Cancelliere Avv. Giuseppe Fedeli
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Fermo lì …………..…………………