UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI FERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GdP di Fermo Avv. Giuseppe Fedeli ha pronunciato la seguente
SENTENZA
in seno alla causa civile iscritta al n. 555/2012 R.G. promossa con atto di citazione ritualmente notificato
DA
……………………..in persona del legale rapp.te p.t., P.IVA 01642650673, rappresentata e difesa dagli Avv.ti……………….. ATTRICE
Contro
Condominio …………………., in persona dell’amministratore legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dall’Avv………………. CONVENUTO
OBIETTO:RICHIESTA D’INDENNIZZO IN ESITO A RECESSO
MOTIVI DELLA DECISIONE
All’odierno giudizio è applicabile l’art. 58, comma II, legge 18 giugno 2009 n. 69 e, per l’effetto, la stesura della sentenza segue l’art. 132 c.p.c. cpv. e 118 comma 1 disp. att. c.p.c., come modificati dall’art. 45, comma 17, della legge 69/09, con omissione dello “svolgimento del processo”, fatti salvi i richiami dove necessario o opportuno per una migliore comprensione della ratio decidendi. La domanda è infondata ergo va disattesa. In primis, non è revocabile, in dubbio come la normativa a tutela del consumatore trovi applicazione anche con riguardo al Condominio. Infatti, la Corte di Cassazione, Sez. VI, con ordinanza nr. 10679 del 22 maggio 2015, ha ribadito il principio secondo cui al contratto concluso con un soggetto professionista da un amministratore di condominio si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l’amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale. Ciò in quanto non si potrebbe considerare parte del contratto il condominio, definito, secondo una tralaticia qualificazione giurisprudenziale, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti. Per quanto attiene all’ulteriore questione relativa all’efficacia della clausola delle condizioni generali di contratto in relazione alla quale il Condominio committente era tenuto, in ipotesi di risoluzione anticipata rispetto alla durata pluridecennale, di comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione, viene in rilievo la disciplina consumeristica, introdotta dalla L. 6 febbraio 1996, n. 52, oggi sostituita dall’art. 33 D.lvo 206/2005, comunque sostanzialmente riproduttiva della precedente.Ai fini della valutazione della vessatorietà assumono rilievo la “natura del bene o del servizio oggetto del contratto” e le “altre clausole del contratto”, avuto riguardo alla previsione di cui all’articolo 34, comma 1, del Codice del Consumo. Quanto al primo elemento (natura del bene o servizio), si osserva che trattasi di servizi di manutenzione di impianti di ascensore caratterizzati da interventi di manutenzione obbligatoria per legge e da interventi a richiesta del cliente, quali le riparazioni dei guasti o malfunzionamenti che possono variare a seconda dello stato in cui si trova l’impianto, del numero degli utilizzatori e anche della tipologia di prestazioni oggetto del contratto. Tenuto conto della natura del servizio di manutenzione e delle sue caratteristiche, la previsione, in clausole predisposte dal professionista, di un termine per la disdetta molto anticipato rispetto alla scadenza del contratto appare tutelare principalmente l’interesse del professionista stesso, non solo per meglio organizzare e programmare l’attività d’impresa, ma anche per assicurarsi una base il più possibile stabile di clientela, rendendone più difficile la mobilità verso altri operatori; ex latere del consumatore aderente, invece, un termine siffatto comporta l’onere di attivarsi ben prima dei centoventi giorni previsti contrattualmente, non solo per comunicare la disdetta, ma ancor prima per valutare la convenienza della prosecuzione del rapporto contrattuale in essere oltre alla sua scadenza e, se del caso, per reperire altra impresa cui affidare il servizio di manutenzione dell’impianto attraverso la valutazione delle offerte disponibili sul mercato. In ordine all’eccessiva durata del termine di preavviso, la giurisprudenza ha qualificato come vessatorie, ai sensi dell’articolo 33, comma 2, lettera i) del Codice del Consumo, le clausole di un contratto di durata che prevedevano un termine di sessanta giorni (prima della scadenza) per la disdetta evidenziando che tali clausole sono “solo apparentemente bilaterali, atteso che il termine eccessivamente anticipato si risolve in un ulteriore pregiudizio per l’assicurato che deve provvedere molto tempo prima della scadenza del termine a rintracciare una successiva copertura assicurativa sostitutiva per non essere costretto a esercitare la disdetta “al buio”, mentre la società assicurativa, tempestivamente informata dell’intenzione del cliente di recedere dal contratto, ha un tempo maggiore per rimpiazzare il cliente prima della scadenza del contratto” (App. Roma, Sez. II, sentenza del 7 maggio 2002, n.1780). Con riferimento al secondo elemento indicato dall’art. 34, comma 1, del Codice del Consumo per la valutazione di vessatorietà, vale a dire la considerazione delle “altre clausole del contratto”, si evidenzia che il contratto di manutenzione predisposto dalla…… contempla disposizioni che, nel loro complesso, hanno l’effetto di vincolare il consumatore all’operatore con cui ha sottoscritto il contratto originario. In particolare, rilevano il meccanismo del rinnovo tacito del contratto per un periodo uguale a quello originario di durata ventennale. Inoltre, nel medesimo contratto non si rinvengono previsioni in grado di controbilanciare il meccanismo di rinnovo tacito ove non venga comunicata la disdetta centoventi giorni prima della data di scadenza, quale ad esempio la possibilità di recedere con congruo preavviso successivamente al tacito rinnovo. Al fine di valutare la sussistenza del significativo squilibrio a carico del consumatore assume particolare rilievo l’onere gravante sul Condominio consumatore, per effetto delle clausole predisposte dalla ………………………di attivarsi con cospicuo anticipo rispetto alla scadenza contrattuale e, comunque, ben prima del predetto termine di centoventi giorni per la valutazione della convenienza della prosecuzione del rapporto contrattuale, dell’eventuale reperimento di altra impresa cui affidare il servizio di manutenzione (obbligatorio) dell’impianto, e della tempestiva comunicazione della disdetta al professionista. Al lume di tali criteri, un termine per la disdetta di centoventi giorni, applicato a contratti di durata pluriennale, risulta vessatorio ai sensi dell’articolo 33, comma 2, lettera i) del Codice del Consumo in quanto eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza, senza che si rinvengano previsioni contrattuali tali da riequilibrare le posizioni giuridiche fra professionista e consumatore. Ad analoghe conclusioni, in termini di vessatorietà, si perviene con riguardo alla clausola di durata poliennale, eccezionalmente ampia, qual è la clausola di durata ventennale, non in sé e per sé, ma in quanto non accompagnata da clausole riequilibratici quale, ad esempio, la previsione di effetti non particolarmente gravosi per il consumatore in caso di anticipato scioglimento. Nella specie, il contratto di durata ventennale stabiliva a carico del condominio che avesse richiesto la risoluzione anticipata, che avesse cioè esercitato il recesso, l’obbligo di pagare l’intero ammontare dei canoni dovuti sino alla natura scadenza del contratto, imponendo così una penale di entità assolutamente sproporzionata. Nel complesso dunque la disciplina comporta un forte squilibrio/sperequazione, in danno del Condominio, dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, così venendo ad assumere indole vessatoria: vuoi per la durata eccessivamente ampia del vincolo di durata imposto al contraente consumatore, vuoi per gli effetti penalizzanti della cessazione anticipata, tali da assicurare all’impresa l’intero corrispettivo sino alla scadenza contrattuale pur in difetto assoluto di prestazione del servizio. Ora, posto che la ratio dell’intera disciplina delle clausole vessatorie nei contratti con il consumatore è quella di ripristinare l’equilibrio contrattuale pregiudicato dalle clausole vessatorie in linea con il rispetto dell’autonomia contrattuale intesa in senso sostanziale (Corte UE, 30 maggio 2013, C-397/11, Jörös, punti 25, 46; e Corte UE, 30 maggio 2013, C-488/11, Asbeek, punto 38), è evidente che il contratto de quo conservi validità secondo i medesimi termini, potendo lo stesso sussistere anche senza le clausole abusive sopra richiamate. La doverosa premessa porta ad escludere l’indennizzo invocato dalla …………………… ai sensi dell’art. 1671 c.c. per le ragioni di seguito meglio indicate. Questo Giudice presta adesione all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito (ex multis Trib. Napoli, 02.03.2015), secondo il quale il contratto di questione va qualificato come “contratto di servizi”, quale il negozio con il quale l’imprenditore si obbliga a corrispondere dietro corrispettivo una prestazione periodica o continuativa mediante la propria organizzazione. A questa tipologia di contratti trova applicazione l’art. 1671 c.c. dedicata al recesso dall’appalto, oltre che la generale regola di cui all’art. 1373 c.c. riguardante il recesso da ogni contratto. Per poter recedere, il committente deve tenere indenne l’appaltatore “(…) delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”, laddove il mancato guadagno consiste nell’utile netto che l’appaltatore avrebbe tratto e ritenuto dopo l’esecuzione dell’appalto, cioè la differenza tra il prezzo dell’appalto stesso e il costo della sua esecuzione. Essendo questa la regola, v’è anche questo ulteriore motivo per disapplicare la clausola penale (art. 11 del contratto) che pretende di inverare le conseguenze dell’anticipata risoluzione del committente nell’obbligo a carico di quest’ultimo di versare il prezzo residuo, seppure a fronte della mancata prestazione dell’appaltatore. Riconosciuto, quindi, il diritto di recesso del Condominio, espunte dal contesto contrattuale le clausole abusive sopra richiamate (le clausole abusive, per costante giurisprudenza comunitaria, si considerano come “non apposte”, id est tamquam non essent), considerato il ridetto art. 1671 c.c., applicabile all’odierna fattispecie, nessun indennizzo potrà essere riconosciuto alla ……………………… posto che, in atti, non consta documentazione di spese sostenute dall’appaltatore ante recesso “immediatamente e direttamente” dovute all’esecuzione di quel contratto e ad esso funzionale. Inoltre, risulta incontestato tra le parti come il Condominio abbia corrisposto quanto dovuto, per il lavoro eseguito, sino alla data di risoluzione del contratto e, per quanto concerne il lucrum cessans, nel significato sopra richiamato, la …………………………..non ha dato prova di una compensatio lucri cum danno né in tutto né in parte, invocando esclusivamente il criterio equitativo. Quest’ultimo criterio, però, ancorché ammesso in giurisprudenza, non può trovare ingresso nell’odierna fattispecie poiché la parte non ha dato prova del mancato guadagno: onde l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno, in difetto assoluto della prova (che spettava alla …………………….) di aver subito un pregiudizio di cui non riusciva pero’ a determinarne con precisione l’ammontare, non può essere esercitato (sic, ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, 30 aprile 2010, n. 10607; da ultimo Corte di Cassazione, sentenza 21/1/2011, n. 1418). Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con riguardo alle vigenti tariffe di cui al D.M. n. 55 del 10.03.2014, conformemente a quanto stabilito da Cass. Civ., Sez. II, 28/09/12 n. 16581
P.Q.M.
Il Giudice di Pace, definitivamente pronunciando
– rigetta la domanda proposta dalla ………………..nei confronti del Condominio ………………;
– condanna la al pagamento delle spese e dei compensi del giudizio, che liquida in complessivi €. 1.150,00, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e CPA nella misura di legge.
Sic decisum in Fermo hodie 26.06.2015
Il Giudice di Pace
Avv. Giuseppe Fedeli