LA TUTELA DELL’UTILIZZATORE NEL CONTRATTO DI LEASING AL VAGLIO DELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA’
Con la sentenza del 5 ottobre 2015, la Corte di Cassazione a sezioni Unite è intervenuta sui contorni della tutela giuridica dell’utilizzatore nel contratto di locazione finanziaria.
La questione non è nuova, ed era già stata oggetto di diverse pronunce e, a volte, opposti orientamenti da parte dello stesso organo nomofilatico. Pertanto si è sentita l’esigenza di chiedere un intervento chiarificatore alla composizione a Sezioni Unite della stessa Suprema Corte.
Intervento chiesto mediante un’ordinanza interlocutoria dell’agosto del 2014, e giunta a decisione con un intervento chiarificatore del Supremo organo di legittimità.
QUESITO: se è riconosciuta all’utilizzatore nei contratti di locazione finanziaria (leasing), quale effetto naturale della stessa operazione contattuale, la possibilità di agire direttamente verso il fornitore per i vizi della cosa anche in assenza di specifiche clausole contrattuali.
Il leasing o locazione finanziaria è operazione che nasce negli Stati Uniti e si diffonde nel nostro ordinamento.
Esso consta di un’operazione negoziale complessa, dove un soggetto (lessee, concessionario, o conduttore) si rivolge ad una società di leasing concedente locatore affinchè questi un determinato bene da un fornitore, per poi concederlo in godimento ad un altro soggetto( utilizzatore) dietro pagamento di un corrispettivo periodico o canone (art 17 legge 183/1976).
La questione oggetto di diverse pronunce de giudice di legittimità, tra cui, si segnala la sent. Cass. Civ. n. 17145/06 che affronta compiutamente la fattispecie.
La pronuncia a SS.UU della Suprema Corte, nasce dall’ordinanza interlocutoria della sezione semplice della medesima corte Cass. Civ, n.17597 del 4 agosto del 2014[1], nella quale sono emersi i dubbi circa la legittimazione dell’utilizzatore a esperire l’azione di risoluzione del contratto di leasing nei confronti del fornitore.
L’ordinanza interlocutoria, dopo aver ricordato le posizioni odierne intorno alla causa e la struttura del contratto di locazione finanziaria; riconoscendo la complessità dell’operazione negoziale, avente quale causa il conseguimento del bene nella disponibilità dell’utilizzatore, riportano i due orientamenti in materia di struttura negoziale.
Un primo orientamento conduce il leasing a contratto unitario plurilaterale, si tratta di una costruzione che ritiene il leasing come un’unica figura negoziale trilaterale ( composta da tre soggetti ). Secondo tale ricostruzione, come viene ricordato anche nella pronuncia a Sezioni Unite, è più agevole affermare la legittimazione dell’utilizzatore al diretto eperimento dell’azione di risoluzione. Tuttavia tale costruzione è stata abbandonata da tempo sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
Più consensi ha trovato l’orientamento che vede nel leasing l’accoglimento del collegamento negoziale. Il leasing è un’operazione negoziale complessa che collega, appunto , la compravendita stipulata dal fornitore al concedente/società di leasing, e la locazione finanziaria intervenuta invece tra concedente/società di leasing e utilizzatore. In base a tale assunto l’utilizzatore può agire nei confronti del concedente ma con alcuni limiti. In sostanza si viene a instaurare un parallelo tra locazione e mandato ex art 1705 comma 2 ( mandato senza rappresentanza).
Un rapporto che da all’utilizzatore, in qualità di mandante (mandato senza rappresentanza), la possibilità di esperire le azioni nei confronti del terzo ( fornitore) che ha intrattenuto rapporti con il mandatario ( concedente).
Tale ultimo orientamento è stato confermato da due precedenti giurisprudenziali ( la sentenza del 27 luglio del 2006 e 23794 del 16 novembre del 2007). In entrambe le sentenze, il contratto di locazione finanziaria viene condotto al collegamento negoziale, tra compravendita e leasing per effetto del quale l’utilizzatore è legittimato ad esercitare in nome proprio le azioni caturenti dal contratto di fornitura. Le sentenze, inoltre, sono concordanti, e subordinano l’ammissibilità dell’utilizzatore a far valere le proprie pretese verso la risoluzione del contratto, solo ove esista una clausola o specifico patto contrattuale.
Si noti che a favore dell’esclusione della legittimazione da parte dell’utilizzatore è anche la convenzione UNIDROIT sul leasing finanziario del 28 maggio del 1988, richiamata nella medesima sentenza a SS.UU. La suicitata convenzione prevede una tutela minima per l’utilizzatore, all’art 10 comma primo: “gli obblighi del fornitore potranno essere fatti valere anche dall’utilizzatore come se egli stesso fosse parte di tale contratto e come se il bene gli dovesse essere fornito direttamente (…); tuttavia lo stesso articolo 10 comma primo, esclude la responsabilità del fornitore nei confronti di ambodue i soggetti del contratto per il medesimo danno.
Alla luce di queste considerazioni la sezione semplice della Corte Cassazione rimette la questione alle Sezioni Unite.
L’ intervento delle Sezioni Unite.
La Corte di legittimità, dato atto della complessità della vicenda e dell”esigenza di un intervento chiarificatore, accoglie l’ordinanza interlocutoria n 17957/2014.
La Suprema Corte, dapprima delinea un quadro generale intorno alla locazione finanziara nonché sulla tutela dell’utilizzatore, la stessa stabilisce: “benchè è siamo ormai numerosi gli interventi legislativi diretti a definire ed a regolamentare la vicenda negoziale del quale si sta trattando e dal canto suo, la giurisprudenza (non solo di legittimità) sia stata finora tesa a studiarlo in maniera unitaria e formalistica, l’istituto della locazone finanziaria si presente, invece, nella pratica mercatile sotto forma e struttura diverse, di vota in volta adottata a realizzare i concreti disparati interessi degli operatori economici (…); la S.C, ancora, continua: “come nella generica denominazione di leasing si vanno a ricomprendere numerosissime figure contrattuali, ognuna avente la sua peculiarità (…), dato comune è che alla base di tutte le operazioni vi è un’operazione di finanziamento tendente a consentire al c.d utilizzatore il godimento di un bene transitorio o finalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito ( il cd concedente) il quale, con la propria risorsa finanziaria, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesse che, diversamente, non avrebbe avuto lapossibilità di realizzare, attraverso il pagamento di un canone che si compone, in parte del costo del bene, ed in parte, degli interessi dovuti al finanziatore per l’anticipazione del capitale”.
A ciò la stessa Corte ricorda anche altre fonti nazionali ( Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) che non consente all’utilizzatore/consumatore di agire direttamente contro il fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura (..); e sovranazionali ( Convenzione di Ottawa), quali che si occupa della figura dell’utilizzatore.
La giurisprudenza e la dottrina unanime riconoscono, altresi, all’utilizzatore il diritto di agire verso il concedente/finanziatore “per il risarcimento del danno, nel quale sono compresi i canoni pagati al concedente in costanza di godimento del bene viziato (…)”; tale responsabilità è derivante da lesione del credito illecitamente commessa dal fornitore che è terzo rispetto al contratto di locazione”; ma escludono che l’utilizzatore abbia la possibilità di agire autonomamente per la riduzione del prezzo (…).
La tutela dell’ utilizzatore, tuttavia ricorda la Corte, è spesso messa in secondo piano rispetto a quella del concedente, in assenza di clausole contrattuali che gli trasferiscono la posizione sostanziale di quest’ultimo, laddove si verificano vicende risolutive del contratto di fornitura l’utilizzatore rimane, pertanto, sfornito di tutela. Inoltre a ciò si aggiunge, che nel contratto di leasing, rimane la separazione tra rischio finanziario e rischio operativo che sottende la vicenda e che vuole che l’esecuzione del piano di ammortamento sia indipendente da qualsiasi contestazioni concernente l’esecuzione del piano di ammortamento del credito indipendente da qualsiasi qualità o conformità della fornitura.
L’operazione di leasing è trilaterale sotto il profilo economico ma sotto l’aspetto giuridico si è in presenza di due contratti ( compravendita e fornitura) caratterizzata da altrettanti, due distinti rapporti: uno fornitore -concedente; l’altro concedente -utilizzatore. Vero, come conferma il giudice di legittimità che sussiste un collegamento negoziale tra i due contratti, ma la questione concerne se l’invalidità derivante da uno dei due contratti si riversi nell’altro. Questione specifica al caso esaminato. Nonostante esista tra i vari contratti della complessa operazione di leasing un nesso obiettivo manca, invece , un nesso soggettivo ovvero l’intenzione delle parti di collegare i diversi rapporti.
Proprio in virtù di tale considerazione, la Suprema Corte, in sintesi, giunge a due considerazioni: la prima, confermando le argomentazioni della sentenza Cass. Civ n.17759/2006, ritiene che: “tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedente ed utilizzatore e quello di fornitura e quello concluso tra concedente e fornitore allo scopo di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore (…), si verifica un’ipotesi di collegamento negoziale in forza del quale, l’utilizzatore, è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre il risarcimento del danno (…) invece in caso in cui, l’utilizzatore voglia valersi dell’azione di risoluzione o di riduzione di prezzo del contratto solo in presenza di specifica clausola contrattuale con la quale gli venga trasferita dal concedente la propria posizione sostanziale.
La seconda considerazione, al riguardo, è che In tema di vizi sulla cosa concessa in locazione finanziaria che la rendono inidonea all’uso, occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prma della consegna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stess per nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimilato a quello della mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio di buona fede, una volta informato della rifiutata consegna ha il dovere di sopsendere il pagamento del prezzo in favor del fornitore e , ricorrendone i preuspposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso, l’utilizzaztore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha i medesimi doveri di cui al precedente caso. In ogni ipotesi, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente.
[1]Nella sentenza, il giurdice di legittimità, chiarisce: ” in caso di leasing finanziario (…) l’utilizzatore è legittimato a far valer ela pretesa all’adempimento del contratto di fornitur, oltre che al risarcimento del danno vonseguentemente sofferto