SULLO SFRATTO PROPOSTO DA UNA SOCIETÀ IN LIQUIDAZIONE COATTA DECIDE IL TRIBUNALE DEL LUOGO IN CUI SI TROVA IL BENE LOCATO
Cassazione, sez. VI, 26 gennaio 2012, n. 1119
Un’azione di sfratto per morosità (e la successiva fase a cognizione piena che ne sia seguita) introdotta da una società in liquidazione coatta amministrativa, soggetta alla disciplina dell’art. 57 del d.lgs. n. 58 del 1998 e, quindi, in forza del richiamo che il comma 3 di tale norma fa all’art. 83 del d.lgs. n. 385 del 1993, alla disciplina da tale norma prevista, non può ritenersi compresa fra “le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione”, per le quali il secondo inciso del comma 3 dell’art. 83 prevede che “è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale
Cassazione, sez. VI, 26 gennaio 2012, n. 1119
(Pres. Finocchiaro – Rel. Frasca)
Fatto e diritto
p.1. La s.p.a. Omissis SGR, in liquidazione coatta amministrativa con citazione del 2 febbraio 2010 avanti al Tribunale di Rovigo, Sezione Distaccata di Adria, intimava sfratto per morosità alla s.p.a. Omissis riguardo ad un complesso immobiliare sito in Adria, assumendo la propria legittimazione in senso sostanziale, nella qualità di società di gestione del risparmio (sottoposta a l.c.a. con decreto del Ministro dell’economia e delle Finanze, prot. n. 86786 del 4 novembre 2009), per essere gestore del Fondo Comune di Investimento Immobiliare riservato di tipo chiuso denominato “Ermes Real Estate”, nell’interesse del quale era succeduta alla s.r.l. Immobiliare Omissis che (aveva conferito l’immobile nel Fondo ed) aveva stipulato in qualità di locatrice il contratto locativo con l’intimata.
L’intimata compariva e si opponeva alla convalida, sostenendo in primo luogo che l’intimante non era legittimata all’azione, a motivo che la titolarità del rapporto locativo a parte locatoris non spettava ad essa, quale società di gestione, bensì al predetto Fondo, giacché di esso l’intimante non era più gestore, in quanto era intervenuta la revoca della sua autorizzazione all’attività di gestione collettiva del risparmio e la sua sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa. In secondo luogo l’intimata contestava la fondatezza dell’intimazione di sfratto.
p.1.1. Il Tribunale, con ordinanza riservata, disponeva il mutamento del rito in funzione del passaggio alla cognizione piena e, quindi, all’esito del deposito delle memorie integrative, all’udienza ai seni dell’art. 420 c.p.c. si riservava e, con ordinanza del 18 novembre 2010 dichiarava la propria incompetenza e la competenza del Tribunale di Milano, quale luogo della sede della società intimante, ai sensi dell’art. 57 del T.U.F. di cui al d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 83, comma 3, del T.U.B., di cui al d.lgs. n. 385 del 1993.
Giustificava siffatta declinatoria di competenza assumendo che l’art. 57 citato, dettante la disciplina della messa in liquidazione coatta amministrativa delle società di gestione dei fondi, qual era la società intimante, richiamava l’art. 83 del T.U.B. ed adducendo che l’azione oggetto della lite doveva ritenersi riconducibile all’ambito della previsione dell’ultimo inciso del suo comma 3, il quale prevede che “per le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale”. Da ciò faceva derivare la conseguenza che “quale foro territorialmente e funzionalmente competente” si doveva individuare il tribunale del luogo della sede legale dell’intimante, che era in Milano.
p.2. Avvero l’ordinanza ha proposto istanza di regolamento di competenza la Omissis s.p.a..
La Omissis S.G.R. p.a. in l.c.a. ha resistito con memoria.
p.3. Il ricorso è stata avviato a trattazione con il procedimento di cui all’art. 380 ter c.p.c. e, quindi, è stata formulata richiesta al Procuratore generale presso la Corte di depositare le sue conclusioni. Tali conclusioni, una volta depositate, sono state notificate agli avvocati delle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
p.4. In vista dell’adunanza della Corte la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato quanto segue:
p.1. Il Pubblico Ministero ha concluso per l’inammissibilità dell’istanza di regolamento, in quanto essa sarebbe stata proposta tardivamente.
L’eccezione di tardività è stata prospettata anche dalla resistente.
p.1.1. Il Collegio osserva che la tardività non sussiste, come, del resto, ha evidenziato anche la memoria della ricorrente, atteso che, se è vero che l’ordinanza impugnata venne comunicata il 18 novembre 2010 e che il termine di cui al secondo comma dell’art. 47 c.p.c. veniva a scadere in conseguenza il 18 dicembre 2010, tuttavia, cadendo quest’ultimo giorno di sabato ed essendo il giorno seguente una domenica, si intese prorogato di diritto al lunedì successivo, cioè al 20 dicembre 2010, giorno in cui la notifica risulta effettuata.
Detta proroga operò in forza del quinto comma dell’art. 155 per quanto attiene alla giornata di sabato 18 novembre e in forza del quarto comma della stessa norma per quanto attiene alla domenica.
p.2. Ritenuta, dunque, ammissibile l’istanza, il Collegio osserva che essa dev’essere accolta.
p.2.1. Preliminarmente va rilevato che ai fini dell’esame dell’istanza di regolamento non occorre prendere posizione sulle diffuse deduzioni svolte dalla ricorrente circa la questione di legittimazione della resistente, perché esse afferiscono al merito della controversia, cioè alla sussistenza della legittimazione sostanziale della Omissis ed in alcun modo sono pregiudiziali all’individuazione della competenza, la quale, anche al livello della legittimazione sostanziale all’azione esercitata si determina dalla domanda e, quindi, dalla mera allegazione sul punto in essa contenuta, essendo poi questione di merito e, quindi, per definizione successiva all’esame della competenza, quella del suo concreto accertamento.
p.2.2. Ciò premesso si rileva che l’accoglimento dell’istanza di regolamento deve procedere sulla base della sola ricognizione della norma, che il Tribunale ha ritenuto giustificare la declinatoria di competenza, atteso che di essa il Tribunale ha dato una lettura palesemente erronea.
Lettura sulla cui erroneità, peraltro, concorda anche la qui resistente.
Invero, l’azione di sfratto esercitata dalla Omissis, trasformatasi in azione di cognizione piena secondo il rito locativo per effetto dell’opposizione alla convalida e della trasformazione del rito in funzione della cognizione piena non si può qualificare in alcun modo come azione civile derivante dalla messa in liquidazione della resistente, giacché si tratta di un’azione che origina dal rapporto locativo dell’originaria locatrice conferente l’immobile nel fondo di cui la resistente assume di essere gestore.
La messa in liquidazione della resistente non ha svolto alcun rilievo determinante circa l’insorgenza dell’azione, che, dunque, è estranea al ricordato ultimo inciso del comma 3 dell’art. 83 del T.U.B. Al riguardo il criterio esegetico della derivazione dalla liquidazione coatta non può che essere quello tradizionalmente adoperato nell’esegesi dell’art. 24 della L.F. e, quindi, riferirsi alle azioni che trovano nella liquidazione la loro origine ed il loro fondamento come causa determinante, oppure alle azioni che sono suscettibili di incidere nella procedura concorsuale e sulle norme che la regolano e mediante le quali si realizzando i fini fondamentali dell’istituto. L’azione di risoluzione del contrato per morosità esercitata dal soggetto sottoposto alla speciale l.c.a. in qualità di locatore non è certamente riconducibile a questi contenuti, derivando solo dall’alterazione del funzionamento del sinallagma contrattuale per effetto della morosità.
p.3. Dev’essere, dunque, dichiarata la competenza del Tribunale di Rovigo, Sezione Distaccata di Adria, davanti al quale le parti vanno rimesse, sulla base del seguente principio di diritto: “Un’azione di sfratto per morosità (e la successiva fase a cognizione piena che ne sia seguita) introdotta da una società in liquidazione coatta amministrativa, soggetta alla disciplina dell’art. 57 del d.lgs. n. 58 del 1998 e, quindi, in forza del richiamo che il comma 3 di tale norma fa all’art. 83 del d.lgs. n. 385 del 1993, alla disciplina da tale norma prevista, non può ritenersi compresa fra “le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione”, per le quali il secondo inciso del comma 3 dell’art. 83 prevede che “è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale”.
p.4. Le spese seguono la soccombenza, che sussiste in capo alla resistente, atteso che Essa ha eccepito l’inammissibilità dell’istanza, pur riconoscendone nel “merito” la fondatezza. Le spese si liquidano in dispositivo.
È da rilevare che date le esigenze di speditezza della trattazione connaturate al procedimento di regolamento il Collegio non ha reputato opportuno accogliere l’istanza di riunione del procedimento con altri, nei quali si porrebbero questioni simili.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Rovigo, Sezione Distaccata di Adria, davanti al quale rimette le parti con termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna la resistente alla rifusione alla resistente della spese del giudizio di regolamento, liquidate in Euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge