QUANDO L’ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI DIVENTA ESTORSIONE
Cassazione, sez. II, 16 novembre 2011, n. 42042
Federica Federici
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 2/2012)
MASSIMA
- La violenza o minaccia esercitata per far valere un diritto riferibile ad un negozio illecito costituisce estorsione e non esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
SINTESI DEL CASO
Si tratta del ricorso in Cassazione avverso una sentenza di primo grado che aveva condannato due soggetti
a) per concorso nel reato di estorsione aggravata (artt. 110 e 81 cpv c.p. e art. 629 c.p., comma 2) perchè, mediante violenza e minaccia, commessa anche con un coltellino, costringevano due altri soggetti a consegnare loro Euro 50 quale acconto di una maggior somma richiesta;
b) e limitatamente ad uno dei due imputati
c) anche per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish in favore di S.E. (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1).
QUESITO DA RISOLVERE
– la problematica distinzione tra il reato di estorsione e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni;
– applicazioni dei reati di cui sopra nel campo dello spaccio e consumo di stupefacenti.
NORMATIVA
– art. 629 c.p.
– art. 393 c.p.
– art. 110 c.p.
– art. 81 cpv c.p.
– art. 629, comma 2, c.p.
NOTA ESPLICATIVA
I ricorrenti hanno proposto interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè si è pervenuti necessariamente nel terzo grado di giudizio di merito.
Le due parti offese erano apparse credibili in quanto avevano denunciato l’accaduto solo perchè interrogati dai carabinieri e risultavano pienamente attendibili, sia perchè le loro dichiarazioni erano prive di sostanziali incoerenze e sia perchè erano riscontrate dalla deposizione di un teste e documentate dal traffico registrato sui tabulati telefonici. I fatti denunciati integravano gli estremi del delitto di estorsione consumata ed aggravata perchè una delle vittime era stata costretta a versare la somma di denaro dopo avere subìto un’aggressione da parte dei due imputati, nel corso della quale uno dei due imputati aveva tenuto bloccato con la minaccia di un coltellino l’amico della vittima presente ai fatti.
La Cassazione ha ritenuto le motivazioni della Corte di merito congrue in quanto fondate sulla piena attendibilità delle parti offese, immuni da illogicità perché ricognitive di tutti i parametri del delitto di estorsione aggravata e consumata, così come contestata; di contro i motivi di ricorso risultano sostanzialmente generici e si risolvono in interpretazioni alternative delle medesime prove, inammissibili in sede di legittimità, potendo al massimo la Cassazionevalutare non tantol’affidabilità delle fonti di prova, quanto piuttosto stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
Secondo tale pronuncia la motivazione della Corte d’Appello risulta congrua anche riguardo al pieno concorso di entrambi gli imputati nell’azione estorsiva, compiuta mediante l’esercizio congiunto di violenza da parte di uno e di minaccia da parte di un altro,il che dimostra la piena corresponsabilità degli imputati nel reato, restando irrilevante la circostanza che il denaro sia stato poi consegnato solo ad uno in assenza del secondo in quanto l’evento è in stretto rapporto causale con l’azione congiunta dei due imputati.
Si è affermato il principio per il quale il reato di estorsione (art. 629 c.p.) si differenzia da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alla persona (art. 393 c.p.) per il fatto che la violenza o minaccia sono esercitate, nel secondo caso, soltanto per far valere un diritto esistente e azionabile dinanzi a un giudice..Tale presupposto non ricorre invece laddove il titolo della pretesa si fondi su un negozio illecito, e quindi nullo ex art. 1343 c.c., come tale non azionabile dinanzi a un giudice e non idoneo a ottenere qualsiasi tutela giurisdizionale.
In materia di stupefacenti, relativamente alla pretesa finalizzata ad ottenere la restituzione del denaro dovuto o consegnato per l’acquisto di una fornitura di sostanza stupefacente, il “contratto” relativo all’acquisto di droga ha causa illecita per contrarietà al buon costume (art. 1343 c.c.) e, in quanto tale, non è azionabile davanti al giudice e comporta comunque, ai sensi dell’art. 2035 c.c., l’irripetibilità della prestazione eventualmente eseguita.
La sentenza si è occupata anche di analizzare motivi relativi al trattamento sanzionatorio e alla concessione o diniego delle circostanze attenuanti generiche, che in questa nota esulano dalle questioni principali.
DOTTRINA:
Il reato di estorsione – di cui all’art. 629 c.p. – si differenzia da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alla persona – di cui all’art. 393 c.p. – per il fatto che la violenza o minaccia sono esercitate, nel secondo caso, soltanto per far valere un diritto esistente e azionabile dinanzi a un giudice.
In materia di stupefacenti, relativamente alla pretesa finalizzata ad ottenere la restituzione del denaro dovuto o consegnato per l’acquisto di una fornitura di sostanza stupefacente, il “contratto” relativo all’acquisto di droga ha causa illecita per contrarietà al buon costume (art. 1343 c.c.) e, in quanto tale, non è azionabile davanti al giudice e comporta comunque, ai sensi dell’art. 2035 c.c., l’irripetibilità della prestazione eventualmente eseguita.
Giova altresì ricordare la differenziazione logica e concettuale tra estorsione ed altri reati sul piano dell’efficacia di mezzo e quella tra coazione assoluta (che può derivare anche da minaccia) e relativa (che può derivare anche da violenza) (MANTOVANI).
Sentenze difformi e/o precedenti conformi
– Cassazione penale, sez. II, 2004 n. 47972
– Cassazione penale, sez. II, 2006 n. 12982
– Cassazione penale, sez. IV, 2007 n. 12255
– Cassazione penale, sez. II, 2007 n. 14440