Il genitore affidatario non consegna il figlio all’ex coniuge ritardatario: sussiste il reato di mancata ottemperanza a un ordine del giudice? Cassazione, sez. VI, 8 marzo 2012, n. 9190

 

IL GENITORE AFFIDATARIO NON CONSEGNA IL FIGLIO ALL’EX CONIUGE RITARDATARIO: SUSSISTE IL REATO DI MANCATA OTTEMPERANZA A UN ORDINE DEL GIUDICE?

Cassazione, sez. VI, 8 marzo 2012, n. 9190

 

Può convenirsi nell’asserita sussistenza dell’elemento materiale del reato, in una lettura, ancorché elastica ma costituzionalmente fedele alla ratio legis che caratterizza il concetto di “elusione” dell’esecuzione del provvedimento del giudice (nella specie in tema di affidamento di minori) presta da motivatamente valutare la sussistenza anche del dolo (generico) nella condotta della ricorrente, non potendosi, all’uopo, prescindere da una necessaria, quanto determinante salutazione del comportamento del coniuge separato

È onere del genitore non affidatario di farsi carico di rispettare giorni e orari fissati nel provvedimento del giudice, posto che detto provvedimento che stabilisce che il coniuge non affidatario ha diritto di vedere e tenere con sé i figli a partire da una certa ora di certi giorni fino ad una determinata scadenza temporale, non autorizza il medesimo a scegliere “ad libitum” in quale ora presentarsi, essendo egli – invece – tenuto a rispettare l’orario iniziale, sia pure entro limiti di ragionevole tolleranza. Ne consegue che, ai fini della sussistenza del dolo, occorre necessariamente leggere la condotta del genitore affidatario, a fronte della cennata condotta del genitore non affidatario, alla luce della superiore necessità di tutelare l’interesse morale e materiale del minore, soggetto di diritti e non già mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri.

 

 

Cassazione, sez. VI, 8 marzo 2012, n. 9190

 (Pres. Agrò – Rel. Serpico)

 

Osserva

Sull’appello proposto da V.T. avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Melfi in data 5-5-2009 che l’aveva dichiarata colpevole del reato continuato di cui all’art. 388 co. 2 cp. per avere reiteratamele eluso provvedimenti del giudice civile in tema di modalità e durata di incontro del coniuge separato P.N. con il figlio minore M. , impedendogli l’esercizio di tale diritto e, concessegli le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento danni e spese in favore della costituita parte civile, la Corte di Appello di Potenza, con sentenza in data l8-02-2010, riteneva la insussistenza dei fatti di cui alla denuncia – querela in data 24-12-05, con relativa assoluzione dell’imputata, nei cui confronti rideterminava la pena in mesi uno e gg. 15 di reclusione, confermando nel resto il giudizio di 1^ grado, compensando interamente le spese di parte civile relative a detto grado di giudizio.

Avverso tale sentenza la V. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore:

Violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b) ed e) cpp. in relazione all’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 388 co. 2^ cp. e vizio di motivazione dell’impugnata sentenza in ordine all’elemento psicologico del reato, con violazione dell’art.192 cpp. in relazione alla testimonianza della persona offesa, in carenza di prova anche della condotta materiale del detto reato, in difetto di comprovato comportamento omissive determinante per la sussistenza del reato di elusione del provvedimento del giudice civile tanto più, che la stessa p.o.; aveva finito per il riconoscere il ritardo con cu si era recato a prelevare il bambino presso la sede del Sacro Cuore di (…) associazione scouts e di non aver avvertito del ritardo l’imputata, il tutto con riferimento ai fatti di cui alla denuncia del 10-12-05 ai cc. di Melfi.

Il ricorso è fondato e va accolto.

Ed invero, in ordine ai residui fatti di cui alla denuncia del 10-12-05 ai CC. di Melfi, fermo restando che, come dedotto dai giudici di merito, può convenirsi nell’asserita sussistenza dell’elemento materiale del reato, in una lettura, ancorché elastica ma costituzionalmente fedele alla ratio legis che caratterizza il concetto di “elusione” dell’esecuzione del provvedimento del giudice (nella specie in tema di affidamento di minori) presta da motivatamente valutare la sussistenza anche del dolo (generico) nella condotta della ricorrente, non potendosi, all’uopo, prescindere da una necessaria, quanto determinante salutazione del comportamento del coniuge separato, come, peraltro, ammesso dallo stesso, sia in ordine al ritardo di sua presentazione sul luogo di prelevamento del minore per l’incontro con costui, sia circa l’omesso avviso alla ricorrente di detto ritardo da parte del P. .

Ciò posto, non potendosi trascurare l’apprezzabile entità del ritardo anzidetto, rispetto al concordato momento di prelevamento del minore per l’incontro con lui da parte del genitore,il comportamento della ricorrente di portare via il bambino dall’associazione scauts del S. Cuore di (…), se solo sotto il profilo oggettivo, varrebbe a integrare l’elemento materiale del reato de quo, intendendo in senso lato il termine “elude” di cui al cpv. della art. 388 cp., comprensivo di qualsiasi comportamento positivo o negativo di evitare l’esecuzione del provvedimento del giudice, sotto l’aspetto psicologico può ragionevolmente giustificare un plausibile e giustificato motivo per non lasciare il piccolo M. senza una necessaria quanto rassicurante presenza genitoriale.

Al riguardo va ribadito il principio di diritto secondo cui è onere del genitore non affidatario di farsi carico di rispettare giorni e orari fissati nel provvedimento del giudice, posto che detto provvedimento che stabilisce che il coniuge non affidatario ha diritto di vedere e tenere con sé i figli a partire da una certa ora di certi giorni fino ad una determinata scadenza temporale, non autorizza il medesimo a scegliere “ad libitum” in quale ora presentarsi, essendo egli – invece – tenuto a rispettare l’orario iniziale, sia pure entro limiti di ragionevole tolleranza. Ne consegue che, ai fini della sussistenza del dolo, occorre necessariamente leggere la condotta del genitore affidatario, a fronte della cennata condotta del genitore non affidatario, alla luce della superiore necessità di tutelare l’interesse morale e materiale del minore, soggetto di diritti e non già mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri.

Alla stregua di tali principi di diritto, sembra fondata la ragionevole incertezza della sussistenza del dolo nella condotta della ricorrente, nei cui confronti, pertanto, l’impugnata sentenza va annullata, senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche il fatto non costituisce reato.

 

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