LOCAZIONE: RIFIUTO DI RICEVERE L’IMMOBILE LOCATO PER LE CATTIVE CONDIZIONI E SERIO INTERESSE DEL LOCATORE
Cassazione, sez. III, 30 marzo 2012, n. 5193
Il locatore afferma che le condizioni in cui versava l’immobile nel momento in cui ne era stata offerta la restituzione, legittimavano il suo rifiuto di riceverlo: non basta! Per i giudici è necessario dimostrare un serio e tutelabile interesse del locatore alla rimessione in pristino [L.D’Apollo]
Cassazione, sez. III, 30 marzo 2012, n. 5193
(Pres. Trifone – Rel. Amendola)
Svolgimento del processo
I fatti di causa, rilevanti ai fini della decisione, possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.
Con ricorso del 4 agosto 2002 Automar s.r.l., premesso che, intervenuta sentenza dichiarativa di cessazione del contratto di locazione di un immobile di proprietà di L.G. , di cui era conduttrice, e intimato il rilascio del cespite, essa, ex artt. 1209 e 1216 cod. civ., ne aveva invano offerto la riconsegna al locatore, il quale non si era tuttavia presentato il giorno fissato per l’adempimento, convenne innanzi al Tribunale di Lecce il predetto L. , al fine di liberarsi dell’obbligazione restitutoria.
Il convenuto non si costituì nella fase sommaria del procedimento, all’esito della quale il giudice adito nominò un sequestratario che venne immesso nel possesso del cespite. Con autonomo atto di citazione, preceduto dall’espletamento di un accertamento tecnico preventivo, il L. , lamentando danni alla struttura, chiese che la controparte venisse condannata a risarcirglieli, nella misura di Euro 256.449,00. Con atto del 25 settembre 2007 Automar s.r.l. introdusse il giudizio di convalida del disposto sequestro, instando perché gli fossero rimborsate le spese di causa.
Il giudice adito dispose la sospensione del processo, in attesa della definizione di quello di risarcimento danni intentato dal L. . L’ordinanza venne tuttavia cassata dalla Suprema Corte, in sede di decisione del regolamento di competenza proposto da Automar.
Riassunto il giudizio, con sentenza del 22 febbraio 2008, il Tribunale accertò che il rifiuto del L. di accettare la riconsegna dell’immobile, avvenuta solo il 26 maggio 2007, era ingiustificato, conseguentemente dichiarando che il sequestro aveva avuto effetti liberatori.
Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello di Lecce, in data 4 settembre 2009, lo ha respinto. Per quanto qui interessa, così ha motivato il giudicante il suo convincimento.
Ai fini della decisione della causa, e segnatamente ai fini della valutazione della legittimità del rifiuto del L. di ricevere l’immobile locato per le cattive condizioni in cui lo stesso, a suo dire, si trovava al momento dell’offerta in restituzione, era del tutto inconferente la distinzione, operata dalla giurisprudenza di legittimità, tra il caso in cui la cosa risulti deteriorata per mancato compimento di opere di piccola manutenzione, e il caso in cui siano invece intervenute trasformazioni o innovazioni del bene, distinzione strumentale all’affermazione della illegittimità del diniego, nella prima ipotesi, e della legittimità dello stesso, nella seconda: nella fattispecie, invero, il locatore, nell’esercizio della facoltà di scioglimento anticipato del rapporto, aveva chiesto e ottenuto la declaratoria di cessazione del contratto in vista della rappresentata necessità di trasformare radicalmente l’immobile, trasformazione che, come accertato dal consulente nominato nel giudizio risarcitorio, comportava l’apertura di un cantiere e l’esecuzione di opere estremamente invasive, con conseguente necessità di programmare ex novo la costruenda struttura. Ne derivava, secondo il decidente, che il rifiuto di accettare la riconsegna del cespite non era giustificato né dall’esistenza di un impedimento alla realizzazione dei programmi edilizi del proprietario, addotti a giustificazione della richiesta di cessazione della locazione e assentiti dall’autorità amministrativa; né dall’esigenza di non intralciare la domanda risarcitoria dallo stesso avanzata, risultando peraltro già espletato, al riguardo, un accertamento tecnico preventivo. Ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la disciplina dettata dall’art. 1590 cod. civ. va coordinata con quella di cui all’art. 1227 cod. civ., ha aggiunto la Corte che l’affermazione dell’obbligo del conduttore di ripristinare il bene avrebbe inutilmente aggravato la posizione dello stesso, costringendolo all’esecuzione di lavori del tutto inutili per il locatore, e onerandolo, per giunta, del pagamento dei canoni per tutta la durata delle opere.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte L.G. , formulando quattro motivi. Resiste con controricorso Automar s.r.l..
Motivi della decisione
1 Con il primo motivo l’impugnante lamenta violazione degli artt. 1590, 1176 e 1177 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ..
Le critiche si appuntano contro l’assunto del giudice di merito secondo cui il rifiuto del locatore di ricevere l’immobile offerto in restituzione sarebbe giustificato solo allorché ne siano state modificate la consistenza e la struttura, a mezzo di trasformazioni o innovazioni. Sostiene per contro l’esponente che nella fattispecie la mancata esecuzione di interventi di piccola manutenzione, in aggiunta alle gravissime inadempienze riscontrate e ai conseguenti rilevati e rilevanti danni, avevano determinato un vero e proprio stravolgimento delle condizioni originarie del bene, stravolgimento non eliminabile se non con l’esecuzione di opere straordinarie.
Con il secondo mezzo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1576 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., torna a ribadire che il suo rifiuto di ricevere l’immobile era giustificato dalla consistenza dei danni apportati allo stesso.
2 I due motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente per la loro intrinseca connessione, sono privi di pregio.
Come innanzi evidenziato, le argomentazioni svolte dal giudice di merito a sostegno della scelta decisoria adottata ruotano intorno al rilievo che il rifiuto della riconsegna e la pretesa, ad esso sottesa, di un ripristino del cespite, a cura e spese del conduttore, nelle condizioni in cui si trovava nel momento in cui era stato dato in locazione, era contrario a buona fede dovendo l’immobile essere interamente smantellato per l’esecuzione dei programmi edilizi del locatore. Ora tale ratio decidendi è stata del tutto ignorata dal ricorrente, il quale ha svolto critiche prive di riferibilità alla decisione della Corte territoriale e come tali inidonee a superare il preventivo vaglio di ammissibilità. In sostanza, l’impugnante ribadisce che le condizioni in cui versava l’immobile nel momento in cui ne era stata offerta la restituzione, legittimavano il suo rifiuto di riceverlo, laddove la decisione impugnata si basa non già sulla pretesa insussistenza di alterazioni di tal fatta, ma sul ben più radicale assunto della mancanza di un serio e tutelabile interesse del locatore alla rimessione in pristino.
3 Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nonché, ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., vizi motivazionali, si duole della mancata pronuncia della Corte sulla domanda risarcitoria, nonché del mancato rilievo dato dal decidente alla sentenza con la quale era stato negato il diritto della società conduttrice all’indennità di avviamento commerciale, per avere la stessa svolto nell’immobile locato attività comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative.
Con il quarto mezzo lamenta vizi motivazionali con riferimento all’accertamento dei danni effettuato dal consulente tecnico nonché alla polizza fideiussoria rilasciata dal Monte dei Paschi di Siena, nell’interesse di Automar e in favore del L. , polizza revocata dall’Istituto con lettera del 13 novembre 2002.
4 Le esposte censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili. Esse, invero, oltre a risultare in più punti assolutamente criptiche, ineriscono a questioni estranee al presente giudizio. È sufficiente al riguardo considerare che la domanda risarcitoria fu separatamente azionata dal L. ; che tale causa non è mai stata riunita a quella, definita dalla Corte d’appello con la sentenza qui impugnata, relativa alla legittimità del rifiuto del locatore di accettare la restituzione del cespite locato; che il diniego della riunione fu inutilmente censurato in sede di gravame dal ricorrente, avendo la Corte d’appello correttamente evidenziato al riguardo che la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 274 cod. proc. civ. è rimessa alla discrezionalità del giudice (confr. pag. 6 della sentenza); che il decidente non si è mai occupato né del contenzioso tra le parti, relativo alla spettanza al conduttore dell’indennità di avviamento, né dell’evocata polizza fideiussoria rilasciata dal Monte dei Paschi.
In tale contesto il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.200,00 (di cui Euro 4.000,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.