Lottizzazione abusiva: quali i limiti della responsabilità del lottizzatore-venditore? Cassazione, sez. III, 29 maggio 2012, n. 20671

 

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: QUALI I LIMITI DELLA RESPONSABILITÀ DEL LOTTIZZATORE-VENDITORE?

Cassazione, sez. III, 29 maggio 2012, n. 20671

Possono essere ascritte a tutti i partecipi della lottizzazione le condotte poste in essere anche da terzi che danno corso a interventi di urbanizzazione realizzati nell’interesse generale dei lotti, quali la realizzazione o il potenziamento di strade, fognature, altri servizi.

Qualora, invece, si tratti di interventi effettuati da terzi su lotti distinti da quello dell’indagato, [bisogna] distingue[re] la posizione di coloro che hanno dato corso alla lottizzazione (venditore-lottizzatore) e quella di coloro che hanno successivamente partecipato come acquirenti di specifici lotti. Mentre per i primi sussistono profili di responsabilità che discendono dalle condotte poste in essere dai singoli acquirenti, così che la permanenza del reato per il venditore-lottizzatore cessa solo col cessare delle ultime condotte altrui o con il verificarsi di interventi esterni che incidono sul reato (sequestro preventivo; intervento dell’ente territoriale competente), per i secondi, che non hanno dato causa alla lottizzazione nei termini fissati dall’art.41 c.p., occorrerà di regola guardare alle condotte poste in essere dal singolo acquirente con riferimento al proprio lotto.

Cassazione, sez. III, 29 maggio 2012, n. 20671

(Pres. Mannino – Rel. Marini)

Ritenuto in fatto

1. Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Agrigento ha emesso il 20 giugno 2011 un decreto di sequestro di una vasta area situata in contrada Grecala/Cala Creta in agro del Comune di Pantelleria che sarebbe interessata da una illecita lottizzazione che si è sviluppata all’interno di una ampio arco temporale a far data dall’anno 1976 e proseguita nonostante l’esistenza di vincolo di in edificabilità assoluta previsto dall’art.15 della legge reg. Siciliana 12/6/1976, n.78; nonostante l’esistenza di un vincolo paesaggistico e ambientale previsto prima dalla legge n.1497 del 1939 e quindi dalla legge n.431 del 1985 e dal d.lgs. n. 42 del 2004; nonostante, infine, la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area operata col Decreto assessoriale del 12/7/1983.

2. Con ordinanza in data 1/8/2011 il Tribunale di Agrigento ha respinto l’istanza di riesame avanzata, tra gli altri, dal Sig. D. , quale legale rappresentante della “Immobiliare Luca S.r.l.” proprietaria dei terreni e degli immobili situati nelle attuali particene 230, 231 e 317.

Osserva il Tribunale che: a) la decisione non risulta emessa oltre il decimo giorno dalla ricezione dell’istanza; b) che sussiste il “fumus” di reato; c) che permane il “periculum in mora”, posto che la natura permanente e la soggettività plurima del reato di lottizzazione comporta, nel caso in esame, che le condotte di lottizzazione illecita sull’area interessata dai frazionamenti e dell’edificazione, anche di opere di urbanizzazione, si sono protratte per lunghissimo tempo e conservano attualità, risultando così rilevanti esigenze cautelari anche per gli immobili di proprietà dell’istante.

3. Avverso tale decisione il Sig. D. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

a) Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett. b) cod.procpen. della legge processuale per avere il tribunale emesso la propria ordinanza in data 1/8/2011 e cioè oltre il decimo giorno decorrente dal 19/7/2011, data del deposito dell’istanza;

b) Errata applicazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett. b) ed e) cod.procpen. per avere il tribunale erroneamente esteso al ricorrente il presupposto di attualità delle violazione, mentre è pacifico che la permanenza della violazione cessa per ciascun proprietario al momento in cui si interrompono le attività illecite concernenti il lotto di proprietà, circostanza che si è verificata, quanto meno, allorché egli ebbe a cedere a terzi gli immobili in data 27/5/2006.

Considerato in diritto

1. La natura assorbente del primo motivo impone di procedere al suo esame in via preliminare rispetto all’esame dell’ordinanza e delle restanti censure proposte dal ricorrente.

La Corte ritiene che il motivo sia manifestamente infondato e viziato da genericità. La lettura congiunta degli artt.324 e 309 c.p.p. rende manifesto che il termine di dieci giorni a disposizione del tribunale per la decisione non decorre dal momento del deposito dell’istanza di riesame in cancelleria, bensì dal momento in cui l’autorità procedente ha provveduto a trasmettere al tribunale, nel termine di cinque giorni dalla richiesta, gli atti posti a fondamento della misura. Difettando ogni indicazione in ordine al mancato rispetto dei termini così indicati, il motivo di ricorso deve essere considerato manifestamente infondato e generico e, pertanto, inammissibile.

2. Venendo al secondo motivo di ricorso, la Corte rileva che l’ordinanza impugnata fornisce un’ampia motivazione in ordine alla genesi dell’intervento lottizzatorio e al suo sviluppo nel tempo; si tratta di ricostruzione che nei suoi profili generali non è contestata dal ricorrente e costituisce la premessa dell’esame che questa Corte è chiamata a compiere.

Senza ripercorrere in questa sede la genesi dell’intervento lottizzatorio sull’area sita in contrada Cala Creta di Lampedusa, e i suoi sviluppi essenziali, quali esposti dal Tribunale e illustrati nell’ampia memoria presentata dal Pubblico Ministero, può rilevarsi:

– Le particene catastali oggetto del presente procedimento si collocano nella fascia di rispetto di 150 metri dalla linea del mare;

– Il Programma di fabbricazione adottato dal Comune di Lampedusa il 27/11/1969 fu approvato dalla Regione Sicilia il 16/1/1974 e prevedeva che le particene in questione fossero destinate a “zone di villeggiatura” (C3) oppure a “comprensori turistici autonomi” (C4);

– La delibera del Consiglio comunale 25/9/1972 che adottava il piano di lottizzazione/piano partrcolareggiato proposto dalla soc. “Sol Y Mar” presentava plurimi essenziali profili di illegittimità, in quanto: a) contrastava con le disposizioni della legge reg. Siciliana 31/3/1972, n.19, e in particolare con gli artt. 36 e 39; b) non rispettava gli standard urbanistici fissati col D.M. n.1444 del 1968;

– In data 24/2/1973 il sindaco di Lampedusa ha rilasciato in favore della soc. “Sol Y Mar” una concessione edilizia, n.49, per la realizzazione di 120 dammusi e lo ha fatto operando sulla base di un piano adottato dal Comune ma non ancora approvato dalla Regione (che lo approverà, ma con modifiche, solo il 16/1/74, invitando il Comune a uniformare il Piano di fabbricazione alle osservazioni regionali);

– Con legge reg. Siciliana 12/6/1976, n.78, è stato introdotto all’art.15 un vincolo di inedificabilità assoluta all’interno della fascia di rispetto di 150 metri dalla linea del mare;

– In data 30/10/1976 il sindaco, preso atto della deliberazione regionale, ha revocato la concessione n.49 per sopravvenuta illegittimità;

– Con nuova deliberazione del 10/11/1977 il sindaco, senza investire il consiglio comunale, ha “ritirato” la revoca della concessione n.49 sulla base di un “atto unilaterale d’obbligo” sottoscritto dalla soc. “Sol Y Mar” in data 9/11/1977 e trascritto soltanto in data 11/9/1979;

– A far data dal 23/2/1978 la soc. “Sol Y Mar” ha ripreso i lavori di realizzazione del complesso turistico “Cala Creta” e, a partire dal primo atto stipulato il 9/5/1979, ha avviato una complessa attività di frazionamento in lotti dell’intero comprensorio;

– L’attività di lottizzazione dell’area è quindi proseguita negli anni, soprattutto a partire dall’anno 1984, inizialmente moltiplicando i lotti mediante successivi frazionamenti e avviando le opere di edificazione sui medesimi, quindi avviando una attività sistematica di nuova edificazione sui lotti ove avevano avuto luogo i primi interventi edilizi.

3. Sulla base delle circostanze ora sintetizzate, la Corte osserva:

– Va, in primo luogo, escluso che gli immobili presenti sull’area interessata siano databili a epoca anteriore all’anno 1979, e tale conclusione trova conferma nei rilievi aerofotogrammetrici effettuati negli anni 1987, 1994, 2003 e 2007;

– L’insieme degli interventi di frazionamento ed edificazione ha radicalmente modificato l’assetto del territorio conducendo ad un vero e proprio agglomerato di tipo urbano, sorto nel tempo senza alcuna pianificazione; La lottizzazione così realizzata ha preso avvio da atti che risultano palesemente illegittimi sotto plurimi profili e sono stati in parte emessi successivamente alla legge regionale n.78 del 1976 e al vincolo di inedificabilità assoluta in essa stabilito;

– L’illegittimità degli atti di autorizzazione, a partire dall’autorizzazione n.49 del 1972, e la natura radicalmente abusiva degli interventi posti in essere dai privati erano elementi ben conosciuti dai proprietari del lotti interessati, come dimostra la circostanza che le numerosissime istanze di sanatoria presentate a partire dall’anno 1995 non avevano ad oggetto specifiche e limitate violazioni, bensì l’intera superficie e volumetria realizzate sui singoli lotti;

– Tutte le istanze di sanatoria non sono state accolte dal Comune di Lampedusa.

4. Così fissati i profili essenziali della vicenda lottizzatoria quali emergono dagli atti citati, è possibile procedere all’esame della posizione del ricorrente e dei motivi di ricorso presentati.

Il Tribunale esamina specificamente la posizione D. ricostruendo alle pagine 12-15 gli atti di trasferimento della titolarità dei beni, interessanti in particolare le particene 230, 231 e 317, e le caratteristiche degli stessi, ivi compresa l’attività di ulteriore frazionamento posta in essere dal ricorrente nell’anno 1981. Sulla base degli atti, e in particolare delle caratteristiche dei lotti e del contenuto del’atto di compravendita, il Tribunale (pagg.14-15) espone le ragioni che impongono di ritenere sussistente anche l’elemento soggettivo del reato ed evidenzia come in epoca successiva al 1987 gli immobili siano stati oggetto di ampliamenti non autorizzati in quanto comportanti la realizzazione di volumetrie assai maggiori di quelle oggetto dell’istanza di sanatoria presentata. A fronte della ricostruzione operata dal Tribunale il sig. D. rileva, quanto alla sussistenza del “periculum in mora”, che le condotte a lui ascrivibili sono cessate diversi anni prima dell’emissione della misura cautelare e che questo comporta l’intervenuta maturazione dei termini prescrizionali, con conseguente necessità per la Corte di annullare l’ordinanza impugnata. In particolare, il ricorrente evidenzia che la cessazione delle condotte va collocata alla data della richiesta di rilascio di concessione in sanatoria, presentata nell’anno 2005, o al più tardi alla data in cui egli ebbe a cedere a terzi i beni oggetto d’indagine (rogito 27/5/2006).

5. L’impostazione data dal ricorrente al tema della prescrizione si pone in conflitto con la decisione del Tribunale di Agrigento che (pag.9) ha richiamato le conclusioni adottate da questa Sezione con la sentenza n.35968 del 14/7/2010, PM in proc.Russani (rv 248483). In effetti, la sentenza ora citata, muovendo dalla natura plurisoggettiva del reato e dalla sua caratteristica di reato progressivo nell’evento e tenendo conto delle caratteristiche dell’intervento lottizzatorio in esame, concluse che: “… il momento di cessazione della permanenza deve farsi coincidere per tutti gli acquirenti, che hanno accettato il rischio derivante dalla violazione della volontà programmatoria espressa dallo strumento urbanistico, o con il sequestro o con l’ultimazione dell’operazione lottizzabile ovvero con la desistenza volontaria da provare in maniera rigorosa (vedi Cass., sez. 3, 8 novembre 2000, Petrachi).

“Tutti i concorrenti e coloro che hanno cooperato rispondono della lottizzazione abusiva nella sua interezza e, conseguentemente, la prescrizione inizia a decorrere, per tutti, dal compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione, nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento”.

Il Collegio ritiene che le caratteristiche specifiche della lottizzazione realizzata in località Cala Creta, e cioè la sua ampiezza sul piano urbanistico e la sua estensione temporale (che copre oltre trenta anni), richiedano un attento esame del principio affermato con la sentenza n.35968, citata, in relazione a diversa situazione di fatto. Dette caratteristiche, infatti, portano ad escludere sul piano logico che il singolo acquirente-lottizzatore abbia piena contezza delle condotte dei terzi e della stessa esistenza di alcuni di costoro, così che occorre chiedersi se e fino a quale limite le condotte dei terzi possano considerarsi rilevanti ai fini dell’interruzione della condotta ascrivibile al ricorrente e del decorso del termine prescrizionale.

Ritiene la Corte che occorra sgombrare il campo da un primo profilo sul quale non sussistono dubbi interpretativi: possono essere ascritte a tutti i partecipi della lottizzazione le condotte poste in essere anche da terzi che danno corso a interventi di urbanizzazione realizzati nell’interesse generale dei lotti, quali la realizzazione o il potenziamento di strade, fognature, altri servizi.

Qualora, invece, si tratti di interventi effettuati da terzi su lotti distinti da quello dell’indagato, la Corte ritiene debba essere adottata la convincente soluzione ermeneutica che questa Sezione ha raggiunto con la sentenza n.1966 del 2002 (camera consiglio del 5/12/2001). L’articolata motivazione distingue la posizione di coloro che hanno dato corso alla lottizzazione (venditore-lottizzatore) e quella di coloro che hanno successivamente partecipato come acquirenti di specifici lotti. Mentre per i primi sussistono profili di responsabilità che discendono dalle condotte poste in essere dai singoli acquirenti, così che la permanenza del reato per il venditore-lottizzatore cessa solo col cessare delle ultime condotte altrui o con il verificarsi di interventi esterni che incidono sul reato (sequestro preventivo; intervento dell’ente territoriale competente), per i secondi, che non hanno dato causa alla lottizzazione nei termini fissati dall’art.41 c.p., occorrerà di regola guardare alle condotte poste in essere dal singolo acquirente con riferimento al proprio lotto.

6. Così fissato il principio interpretativo della disciplina da applicare al caso in esame, la Corte rileva che lo stesso ricorrente non individua una data precisa di cessazione delle condotte rilevanti, collocando tale momento vuoi nel corso dell’ano 2005, vuoi in occasione del rogito con cui in data 27/5/2006 egli avrebbe ceduto i beni oggetto d’esame. Premesso che in caso di effettiva cessione dei beni in data anteriore all’emissione della misura cautelare occorrerebbe verificare l’esistenza di un interesse attuale dell’indagato a proporre ricorso avverso il provvedimento impugnato e lo stesso provvedimento ablativo, emerge con chiarezza che allo stato degli atti non è possibile per la Corte individuare se e quando siano cessate le condotte illecite rilevanti e con esse la permanenza del reato nei termini sopra specificati.

Si tratta di valutazione di merito che deve essere rimessa al Tribunale che, sulla base dei principi affermati con la presente decisione, provvederà ad un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Agrigento per nuovo esame.

 

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