Interrogatorio e garanzie costituzionali Cassazione, sez. I, 11 giugno 2012, n. 22643

 

INTERROGATORIO E GARANZIE COSTITUZIONALI

Cassazione, sez. I, 11 giugno 2012, n. 22643

 

Pur quando l’atto sia compiuto d’iniziativa dalla polizia giudiziaria, l’interrogatorio delle persone indagate in reato connesso o collegato ai sensi dell’art. 371 comma 2 lett. b) c.p.p. debba essere preceduto, pena l’inutilizzabilità delle dichiarazioni comunque rese, dagli avvisi di cui all’art. 64 c.p.p..

 

 

Cassazione, sez. I, 11 giugno 2012, n. 22643

(Pres. Giordano – Rel. Santalucia)

 

Ritenuto in fatto

Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 18/05/2011, dep. il 27/06/2011, ha confermato l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Locri l’11/04/2011 nei confronti, tra l’altro, di A.I. , per il reato di favoreggiamento, in concorso, dell’ingresso di ottantadue immigrati clandestini nel territorio dello Stato, avendoli trasportati a bordo di un’imbarcazione sino alla costa di Roccella Ionica.

Il Tribunale del riesame ha preliminarmente rigettato alcune eccezioni processuali della difesa, e tra queste l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese alfa polizia giudiziaria da tre delle persone trasportati a bordo dell’imbarcazione, e specificamente Yo.Im. , Y.N. e Y.K.M. , che non furono previamente avvisati secondo quanto disposto dall’art. 64 comma 3 lett. c) c.p.p.. Sul punto ha rilevato che le dichiarazioni furono rese quando le tre persone non erano ancora indagate del reato connesso di cui all’art. 10 bis d.lgs. n. 286 del 1998, e che riferirono in qualità di persone a conoscenza di circostanze utili per te indagini, secondo quanto previsto dall’art. 351 c.p.p., con la presenza di un difensore d’ufficio.

La disposizione di cui all’art. 64 comma 3 lett. c) c.p.p. trova applicazione solo in caso di dichiarazioni rese da soggetto già indagato o comunque raggiunto da indizi di reità, e non in caso di dichiarazioni rese da soggetti sentiti ai sensi dell’art. 351 c.p.p. e quindi non ancora raggiunti da alcuna imputazione, seppure provvisoria.

Ha quindi preso in esame ti materiale indiziario, costituito, oltre che dalle dichiarazioni rese dai soggetti poco prima menzionati che hanno riferito di aver corrisposto del denaro anche all’indagato per essere trasportati via mare in Italia, dagli esiti dei controlli operati sull’imbarcazione dall’unità della Guardia di Finanza che intervenne in mare e rintracciò il natante, che aveva a bordo gli indagati e gli ottantadue immigrati stipati nel vano di sottocoperta. Ha infine ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari per il concreto pericolo di reiterazione criminosa e di fuga, trattandosi di soggetto in stabile contatto con gli organizzatori del trasporto di clandestini in Italia e privi di legami, lavorativi o familiari, in Italia.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso personalmente A.I. , deducendo:

– Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità. Yo.Im. , Y.N. e Y.K.M. , soggetti entrati illegalmente nel territorio dello Stato, sono stati sentiti dalla polizia giudiziaria senza essere stati previamente identificati per mezzo di un documento e comunque una volta che dovevano considerarsi indagati in procedimento connesso o probatoriamente collegato per il reato di cui all’art. 10 bis d. lgs. n. 286 del 1998. L’assunzione di informazioni doveva essere assistita dalle garanzie di cui all’art. 64 comma 3 lett. c) c.p.p., la cui mancanza determina l’inutilizzabilità delle dichiarazioni. Il venir meno degli elementi costituiti dalle dichiarazioni raccolte dalla polizia giudiziaria comporta l’insussistenza della gravità indiziaria, con conseguente necessità di annullamento dell’impugnata ordinanza.

Considerato in diritto

Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

I soggetti sentiti dalla polizia giudiziaria, già al momento in cui resero dichiarazioni, erano raggiunti da elementi indiziali per il reato di ingresso clandestino nei territorio dello Stato, di cui all’art. 10 bis d.lgs. n. 286 del 1998, come peraltro emerge dal preambolo dei verbali di dichiarazioni, allegati al ricorso, in cui si premette che erano sentiti “in merito al(lo)… sbarco clandestino…”.

Del resto, la polizia giudiziaria che provvide ad assumere tali atti assicurò la presenza di un difensore d’ufficio, e ciò ad ulteriore conferma della consapevolezza che le informazioni raccolte provenivano non già da soggetti meramente informati dei fatti, ma da soggetti coinvolti nell’indagine come indagati, sia pure di un reato diverso ma certo in collegamento con quello posto a carico dell’odierno ricorrente.

La regola applicata dalla polizia giudiziaria che agì d’iniziativa è contenuta nell’art. 351 cpv. c.p.p., che attiene appunto alla raccolta di informazioni dalla persona imputata in procedimento connesso o dalla persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall’art. 371 comma 2 lettera b) c.p.p., e che impone – soltanto – che l’atto sia compiuto da un ufficiale di polizia giudiziaria e che sia assicurato al difensore, eventualmente nominato d’ufficio, il diritto di avviso e di assistenza all’atto.

Le appena indicate prescrizioni furono osservate dalla polizia giudiziaria che, però, come evidenziato in ricorso e risultante dalla lettura dei verbali allegati, non provvide, prima dell’interrogatorio, a dare gli avvisi prescritti dall’art. 64 comma 3 c.p.p..

Deve allora osservarsi che la compiuta disciplina dell’assunzione ad iniziativa della polizia giudiziaria di informazioni da persone indagate in procedimento connesso o collegato ai sensi dell’art. 371 comma 2 lett. b) c.p.p. non può trarsi dall’isolata considerazione dell’art. 351 cpv. c.p.p.; occorre piuttosto tener conto delle disposizioni dettate per lo stesso atto (interrogatorio degli imputati/indagati in procedimento connesso o collegato ai sensi dell’art. 371 comma 2 lett. b) c.p.p.) ove a compierlo sia il pubblico ministero, e che sono contenute nell’art. 363 c.p.p..

In tal caso è espressamente previsto che debba farsi applicazione delle forme di cui all’art. 210, commi 2, 3, 4 e 6 c.p.p., e quindi che l’atto debba essere preceduto dagli avvisi di cui all’art. 64 comma 3 c.p.p., e in particolare dall’avviso della facoltà di non rispondere. Come è noto, l’assenza di tale avviso rende inutilizzabili le dichiarazioni rese, secondo quanto statuito dall’art. 64 comma 3 bis c.p.p..

La diversità di disciplina tra gli omologhi atti, a seconda che siano compiuti dalla polizia giudiziaria d’iniziativa o dal pubblico ministero, che pure scaturisce dal dato letterale, non trova giustificazione sistematica.

Non può, infatti, spiegarsi in maniera coerente e ragionevole, se si resta ancorati al testo delle disposizioni, il diverso trattamento in punto di garanzie dell’interrogatorio, le quali, per l’un caso, sarebbero limitate alla necessità che l’atto sia compiuto da un ufficiale di p.g. e che sia preceduto dall’avviso al difensore, con conseguente diritto di quest’ultimo di assistere; e, per l’altro, si arricchirebbero della necessità degli avvisi di cui all’art. 64 comma 3 c.p.p..

Anzi, a voler ragionare su un possibile significato del diverso trattamento, potrebbe dirsi oltremodo irragionevole che le garanzie della persona da sottoporre ad interrogatorio siano minori per il caso in cui proceda la polizia giudiziaria, e maggiori per il caso in cui proceda il pubblico ministero e quindi un organo che, in quanto autorità giudiziaria, è, proprio sul piano della tutela delle prerogative di libertà, maggiormente affidabile per l’ordinamento processuale e costituzionale.

È sufficiente poi porre attenzione al comune trattamento riservato per la fase dibattimentale, in caso di sopravvenuta impossibilità di ripetizione, agli atti di polizia giudiziaria e a quelli compiuti dal pubblico ministero per apprezzare l’assenza di fondamento giustificativo della differenza di disciplina si come consegnata dalla formulazione testuale tra gli artt. 351 cpv e 363 c.p.p.; e quindi per rafforzare la soluzione secondo cui la diversità del dato letterale delle disposizioni non possa risolversi nella differenziazione delle regole dell’interrogatorio.

Con ogni probabilità l’asimmetria che emerge dai raffronto testuale è da addebitarsi al fatto che ambedue gli articoli dei codice di rito sono stati novellati e ciò con provvedimenti legislativi diversi e distanziati temporalmente: prima fu modificato l’art. 351 c.p.p., con l’aggiunta del comma qui di interesse, ad opera del d.l. 8 giugno 1992, n 306, in una prospettiva volta a potenziare gli sforzi investigativi nel contrasto del crimine organizzato di tipo mafioso, con l’individuazione più tempestiva possibile di eventuali soggetti intranei alle consorterie mafiose e disposti ad offrire collaborazione alla giustizia; quindi, nei contesto del più ampio intervento di novella che adeguò la disciplina codicistica alle nuove disposizioni costituzionali dell’art. 111, fu interpolato l’art. 363 c.p.p., con modifiche di certo maggiormente consapevoli della necessità di assicurare un pieno equilibrio tra le esigenze dell’investigazione e il diritto al silenzio dei soggetti comunque coinvolti dall’accertamento.

La conclusione sistematicamente coerente e costituzionalmente orientata è allora che, pur quando l’atto sia compiuto d’iniziativa dalla polizia giudiziaria, l’interrogatorio delle persone indagate in reato connesso o collegato ai sensi dell’art. 371 comma 2 lett. b) c.p.p. debba essere preceduto, pena l’inutilizzabilità delle dichiarazioni comunque rese, dagli avvisi di cui all’art. 64 c.p.p..

In forza del principio di diritto appena indicato, deve rilevarsi l’inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie di Yo.Im. , Y.N. e Y.K.M. ; spetta quindi ai giudice del merito, a cui deve farsi necessario rinvio, la valutazione se, alla luce dell’ulteriore materiale informativo raccolto, e costituito dagli esiti dei controlli svolti nell’immediatezza dalla Guardia di Finanza che recuperò in mare l’imbarcazione, il giudizio di sussistenza della gravità indiziaria meriti o meno di essere confermato.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria deve provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter, disp. att. c.p.p..

 

P.Q.M.

 

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame ai Tribunale di Reggio Calabria.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p..

 

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