LA FUSIONE SOCIETARIA
Valerio Corrente
Il procedimento di fusione è regolato, tenendo conto delle disposizioni introdotte dal d.lgs 16 gennaio 1991, n° 22, dagli artt. 2501-2504-sexies del Codice Civile. In questo studio si tratterà specificatamente della fusione di società per azioni, laddove sicuramente è questa una pratica largamente utilizzata nel mondo degli affari, e che costituisce assieme alle acquisizioni d’azienda la categoria più importante nell’ M&A (1).
Questa operazione permette di accrescere la dimensione dell’impresa e le conseguenti economie di scala (2): rappresenta la crasi di due o più società che si uniscono trasferendo l’intero patrimonio, evitando di attraversare la fase di liquidazione delle società che si estinguono. Scopo della fusione è quindi migliorare la competitività sul mercato delle imprese coinvolte grazie alle maggiori dimensioni raggiunte. Non mancano, d’altra parte, casi in cui una fusione viene attuata per motivi diversi da quelli esposti (a titolo di esempio, aumentare il capitale sociale per meglio difendersi da un hostile takeover). L’ordinamento italiano consente anche alle società in liquidazione di partecipare ad una fusione, alla condizione che non abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo (art. 2501 c.c., secondo comma) e ciò all’evidente scopo di ottimizzare i risultati della liquidazione stessa.
Mentre con le acquisizioni si ha uno scambio moneta-azienda, con le fusioni societarie uno dei componenti del rapporto di scambio non è dato dal denaro ma dai titoli azionari. E’ possibile distinguere tra la fusione propriamente detta e la fusione per incorporazione. Nel primo caso, le società preesistenti confluiscono all’interno di una Newco per l’occasione costituita, ipotesi in cui si avrà la c.d. fusione perfetta, che si realizza con l’estinzione di tutte le società preesistenti; mentre nella fusione per incorporazione una o più società confluiscono in una preesistente. In questo secondo caso è possibile avere l’incorporazione diretta (forward merger), che si realizza quando l’incorporante è socia dell’incorporata, cosi come l’incorporazione inversa (reverse merger), nel caso in cui l’incorporata è socia dell’incorporante (3).
Il procedimento di fusione può essere scisso in tre fasi: la prima prevede la redazione, da parte dell’organo amministrativo (e così facendo, il legislatore ha conciliato con tale espressione l’applicazione dell’istituto senza indugi interpretativi ai vari sistemi di governance alternativi al tradizionale, ossia il monistico e il dualistico) delle società partecipanti, di un progetto di fusione dal quale deve risultare, riprendendo gli elementi più importanti secondo la ricostruzione disciplinata nell’art. 2501-ter : il tipo, la denominazione sociale e la sede delle società partecipanti; l’atto costitutivo della società risultante dalla fusione o di quella incorporante; il rapporto di cambio delle azioni o quote con relative modalità di assegnazione delle stesse e con riferimento alla data a partire dalla quale parteciperanno agli utili. Questo, sì da far esprimere un voto consapevole ma senza lasciar sindacare nel merito dell’operazione (4). Il progetto di fusione quindi è un atto propedeutico alla fusione stessa, e non è superfluo aggiungere come l’art. 2501-bis che lo prevede sia stato un’innovazione nella realtà italiana, che si è dovuta conformare alle direttive Europee che imponevano una maggiore trasparenza e informativa dell’operazione; in definitiva, l’utilità del progetto consta nella possibilità di “dedurre esattamente il quadro risultante dalle modificazioni o dalle nuove creazioni societarie che ci si accinge a determinare, nonché i diritti e le posizioni dei soci all’esito delle operazioni (5)”.
La seconda fase, prevista dall’art. 2502 c.c., è assembleare: le società partecipanti devono approvare il progetto di fusione stilato dagli amministratori, ciascuna in ragione del tipo di società e quindi seguendo le regole dettate per le modificazioni dell’atto costitutivo nel caso si tratti di società di capitali, oppure nel caso in cui si tratti di società di persone con il consenso della maggioranza dei soci in ragione della parte a ciascuno attribuita nella distribuzione degli utili, salva la facoltà di recesso per il socio dissenziente. Detta delibera dovrà essere proceduta da alcuni adempimenti preliminari, tra cui la predisposizione da parte degli amministratori del progetto di fusione, accompagnato da un rapporto stilato dal collegio sindacale che avrà in particolar modo ad oggetto la fattibilità dell’operazione e la congruità del rapporto di cambio; ciascuna società dovrà poi proporre alla propria assemblea la fusione, stabilire la data della situazione patrimoniale ai sensi dell’art. 2501-ter c.c., e convocare l’assemblea straordinaria, avendo premura di depositare nei trenta giorni precedenti la data dell’assemblea i) il progetto di fusione, ii) i bilanci dei tre esercizi precedenti e iii) la situazione patrimoniale. Il verbale dell’assemblea deve essere trascritto nel registro delle imprese per permettere ai creditori i cui interessi potrebbero essere lesi, di opporsi all’operazione: questo strumento preventivo consente ai creditori anteriori alla deliberazione di fusione di valutare l’impatto della stessa sulla società debitrice e considerare il loro interesse conservativo; così, la fusione potrà essere attuata solo dopo 60 giorni dall’ultima iscrizione prevista dall’art. 2502 bis c.c.(6). La delibera di fusione, ai sensi dell’art. 2377 c.c., può essere impugnata da soci assenti o dissenzienti, sindaci e amministratori possono impugnare le delibere nel termine di tre mesi dalla loro espletazione; nel caso della fusione sarà quindi possibile impugnare invocando vizi formali dell’operazione, nonché, come il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n° 58 c.d. “Draghi” prevede all’art. 131, nel caso di azionisti dissenzienti delle delibere di fusione o scissione di società quotate, la possibilità di recedere ex art.2437 c.c. qualora a seguito dell’operazione gli vengano assegnate azioni non quotate nei mercati regolamentati.
La terza, e ultima fase, rappresenta il closing dell’operazione, ossia lo scambio di azioni che unificherà le società mediante il passaggio del loro patrimonio alla Newco e la copertura del suo capitale attraverso girata autenticata dal notaio nel caso di operazioni effettuate in Italia, e al pagamento, parziale o totale del prezzo pattuito. Gli amministratori preparano l’atto di fusione, a forma scritta pena la nullità, e lo trascrivono presso l’ufficio del registro delle imprese; da questo momento l’atto non può più essere invalidato, e i soci e i terzi eventualmente danneggiati possono reagire solo chiedendo il risarcimento del danno ai sensi dell’ art.2504 –quater (7).
Durante il periodo intercorrente tra la stipula del contratto e il closing (che nella pratica può essere di qualche giorno così’ come di mesi) il venditore ha ancora il controllo de iure dell’attività ceduta, anche se è limitato nelle propria gestione dalle clausole accessorie spesso inserite nel contratto e finalizzate alla protezione del patrimonio aziendale come quantificato dall’acquirente durante la due diligence.
In una fusione societaria è bene concentrare l’attenzione su vari aspetti, tra cui importanza rilevante assumono la disciplina Antitrust in tema di concentrazione di imprese e l’analisi fiscale dell’assoggettamento tributario.
Cominciando dal primo punto, è utile rammentare che le “leggi antitrust” sono dei provvedimenti mirati a limitare situazioni monopolistiche derivanti da concentrazioni tra imprese; come abbiamo visto in precedenza, uno degli obiettivi cui si punta intraprendendo una fusione è ottenere un accrescimento delle dimensioni aziendali, con i conseguenti benefici scaturenti dalle “economie di scala”(8), che appunto si raggiunge proprio attraverso la concezione economica di concentrazione, cioè l’accorpamento di più unità produttive inteso a raggiungere una maggiore efficienza a seguito dell’ampliamento delle dimensioni dell’impresa. Sia per le disposizioni nazionali (l.287/1990) che per quelle comunitarie (regolamento CEE n.4064/1989, sostituito dal Regolamento n.139/2004) la fusione rientra nelle ipotesi di concentrazione, a patto che, secondo il dettato della normativa nazionale, all’art.16 comma 1, la soglia del fatturato superata la quale si cade sotto l’attenzione dell’autorità è fissata in quattrocentosettantadue milioni di euro con riguardo al totale realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese interessate o in quarantasette milioni di euro di fatturato dell’impresa di cui è prevista l’acquisizione; secondo la normativa comunitaria scatta l’obbligo di comunicazione preventiva quando il fatturato mondiale dell’insieme delle imprese interessate superi i cinque miliardi di euro, il fatturato totale realizzato individualmente in territorio UE da almeno due delle imprese interessate superi i duecentocinquantamilioni di euro e almeno una delle imprese interessate non realizzi oltre i due terzi del proprio fatturato complessivo all’interno di un solo Stato membro.
Per ciò che riguarda i profili fiscali, il principale aspetto per quanto concerne l’imposizione diretta è sempre stato quello inerente alla tassabilità delle plusvalenze generate dalla fusione, intendendo non solo quelle realizzate ma anche quelle iscritte nel bilancio della fusione. Il Testo Unico delle imposte dirette al comma 1 dell’art. 123, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 prevede due concetti cardine al riguardo, ossia che la fusione “non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse” e che le plusvalenze e le minusvalenze evidenziate dalle situazioni patrimoniali così come previste dall’art. 2502 c.c. non concorrono a formare reddito imponibile in quanto vengono ritenute situazioni “neutre” ai fini fiscali. E’ bene ricordare come debba passare sotto un attenta analisi degli advisors l’incidenza della normativa antielusiva, laddove alcune particolari situazioni necessitano un’attenta valutazione, per ottimizzare la redditività dell’operazione; ne costituisce esempio lo scrupolo nel trattare le differenze di fusione inerenti al disavanzo (da annullamento di partecipazione o da concambio o avente natura di perdita) o avanzo (prodotte da annullamento di partecipazioni avente natura di “avviamento negativo”, di utile potenziale per via di un’acquisizione particolarmente vantaggiosa); altre vicende potrebbero configurare comportamenti elusivi, configurando potenziali problematiche in fase di accertamento: tipico è il caso di sfruttamento del riporto delle perdite (che accade in presenza di società la cui unica attrattiva dell’operazione è data dalla presenza di perdite fiscali utilizzabili poi dall’incorporante o dalla società risultante dalla fusione allo scopo di abbattere il proprio reddito imponibile).
1) Mi permetto di rimandare a un mio recente studio, che tratta con maggiore completezza l’argomento, se non altro per attingere a una bibliografia esaustiva: Mergers & Acquisitions. Riflessioni sull’acquisto di azienda e sull’acquisto di partecipazioni sociali, in Gazzetta Notarile, numero 7/9, luglio/settembre 2012.
2) Tra i tanti, si veda FIMMANO’, La fusione delle società (profili introduttivi), in Trasformazione, fusione, scissione, OPA società quotate, Milano,1999; ATLANTE, La fusione, in Rivista studi e materiali CNN, supplemento 1/2004, milano, pag 481 ss; MAGIULO, La fusione delle società (Notariato e nuovo diritto societario, diretta da G. Laurini), Milano, 2005.
3) Vedi sul punto Associazione Disiano Preite, Il nuovo diritto delle società. Società di capitali e cooperative (a cura di) OLIVIERI, PRESTI, VELLA, Bologna, 2003, p. 348.
4) BIANCHI, La congruità del rapporto di cambio nella fusione, Milano, 2002, pag. 189.
5) Così scriveva RORDORF, Fusioni e scissioni di società nella prospettiva europea, in “Le società”, n. 4/1999, pag. 443 ss.
6) La dottrina interpreta il termine “creditori” nel senso più ampio, includendo anche i titolari di crediti non liquidi, inesigibili, contestati, sottoposti a termine o condizione, laddove il creditore stesso sia tenuto a una controprestazione e assistiti da garanzia: sul punto si veda FIMMANO’, Funzioni, forma ed effetti dell’opposizione alla fusione, in Società, 1998, p. 433.
7) COLAVOLPE A., In tema di invalidità dell’atto di fusione, in Le Società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale, 2008 fasc. 4, pp. 483 – 485 ; SANTAGATA, Le fusioni, a pag. 665 esamina tra le altre ipotesi l’esperibilità dell’azione risarcitoria ex 2497 c.c. verso il socio di controllo
8) Sul punto si legga CONFALONIERI, Lo sviluppo e la dimensione dell’impresa, Giappichelli, 1998, pag. 33-34.