Le liberalizzazioni e la necessità di abrogare gli Ordini (Corporazioni) professionali Cassazione, sez. III, 17 aprile 2013, n. 9358 (M. Giarrizzo)

 

LE LIBERALIZZAZIONI E LA NECESSITÀ DI ABROGARE GLI ORDINI (CORPORAZIONI) PROFESSIONALI

Cassazione, sez. III, 17 aprile 2013, n. 9358.

Mauro Giarrizzo

 

 

La sentenza in commento, evidenzia la fattispecie di illecito disciplinare, a parere di un  Consiglio Notarile nei confronti di un notaio, incardinato nello stesso Consiglio, che ha stipulato rogiti fuori sede nei giorni in cui era prevista l’assistenza notarile in sede violando, a parere del Consiglio il detto notaio, gli articoli 6, 24, 26 e 147 legge 89/1913[1], (d’ora in poi legge notarile), nonché per aver stipulato atti, (mutui ecc .), non applicando la tariffa notarile.

Nella sentenza si evidenzia l’importanza della successione di leggi nel tempo[2]; del potere disciplinare dello stesso Ordine a mezzo dei Co.Re.Di.[3]; e  del potere discrezionale della Corte di Cassazione sul rinvio o meno della sentenza cassata.

I fatti descritti in sentenza risalgono al 2009, periodo successivo alla prima ondata di liberalizzazioni, ma precedente al decreto legge 138/2011. Decreto che sulla carta aveva promesso tante liberalità, ma che i legacci dei tanti Ordini Professionali[4] hanno immediatamente imbrigliato.

Premesso ciò, occorre iniziare a poter parlare della liberalizzazione che il Legislatore ordinario ha cercato, con tanta fatica, di voler immettere nel circuito giuridico. Liberalizzazioni, richieste dal diritto dell’Unione Europea,   che non hanno visto il favore degli stessi Ordini, che difendono le loro rendite a scapito delle nuove generazioni. Sulle rendite è il caso di ricordare il pensiero dei grandi economisti quali: Pietro Verri, Adam Smith, Thomas Robert Malthus, Jean-Baptiste Say, David Ricardo, Johann Heinrich von Thünen, Frédéric Bastiat, Antoine Augustin Cournot, Jules Dupuit, Hermann Heinrich Gossen, Robert Torrens, John Stuart Mill, Francesco Ferrara, Karl Marx. In questa sede, per affermare l’inutilità degli Ordini (corporazioni)  professionali, si intende richiamare il loro pensiero sagace e perseguire.

L’inutilità, a mio parere, degli Ordini, mutuati sulla scia delle corporazioni[5]  di memoria medievale, viene confermata dalle varie sentenze della Corte di Cassazione che mette in riga i vari professionisti appartenenti agli stessi Ordini.  Lo stesso Garante per la Concorrenza ed il Mercato, ha cercato di indagare sulla valenza delle tariffe professionali degli Ordini, per restare al passo con le liberalizzazioni. Gli Ordini, o meglio le Corporazioni dei professionisti, cercano di tutelare le proprie guarentigie, innalzando per chi cerca invece le liberalizzazioni, barricate insormontabili. Barricate che la sentenza in commento ha smantellato per la quasi totalità.

Le corporazioni, nel periodo dei glossatori, venivano considerate “come l’insieme degli associati, disconosce cioè la persona giuridica. Il concetto di fondazione è un portato del cristianesimo e della mentalità spirituale, capace di astrazioni, che gli si accompagna.[6]

Ordini, che non assicurano la tanta paventata professionalità. E’ il caso di rammentare i tanti notai[7], che vengono sanzionati dalla stessa Cassazione per il  mancato accertamento di formalità quali le visure ipo-catastali, le annotazioni presso il registro dello stato civile per le separazioni legali, ecc.. Ma si potrebbe ampliare l’oggetto del contendere.

Gli Ordini professionali, dovrebbero garantire la professionalità dei propri iscritti.

Gli Ordini sono posti sotto la vigilanza di un Ministero preposto dalla legge. Nel caso del Consiglio Notarile Distrettuale, è il Ministero della Giustizia, che li vigila, per il tramite il Procuratore della Repubblica competente per territorio.

Ordini che sono riusciti a sfuggire alla cesoia delle liberalizzazioni e che a tutt’oggi godono di rendite e privilegi che, a mio avviso dovrebbero essere eliminati.

La differenza tra i nostri notai e quelli del Commol Law, è rilevante, soprattutto sui costi che incidono sull’utenza finale. Forse senza detto Consiglio, le transazioni avrebbero un maggior volume di affari.  In Italia, ad esempio, si sostiene che la selezione per diventare notai è sintomo di  professionalità. In effetti, per diventare notaio, occorre una laurea in giurisprudenza, una pratica di diciotto mesi, un concorso pubblico che vede la media di non meno di tremila candidati per circa duecento posti banditi, e il superamento, delle prove scritte, per accedere alle prove orali di non più di 190 candidati. Una decimazione, o meglio una carneficina. Ma  i candidati che superano le fatiche di Ercole (le prove scritte, per tre giorni, di memorabile ricordo medievale, ti costringono ad uno sforzo fisico non di poco conto. Sei controllato a vista, perdi ogni prerogativa di libertà, sei considerato come un numero in mezzo a tanti candidati, mentre gli Agenti della Polizia Penitenziaria, ti circondano e ti controllano fino all’esasperazione. Mi chiedo: ma tutti quei candidati che partecipano alle prove, sono così non preparati da non poter superare le prove scritte?)

Si deve a “Il grande notaio del Duecento, che colla ‘Summa artis notariae’ fu maestro al mondo, è qui considerato nel quadro delle lotte tra guelfi e ghibellini al sorgere del libero Comune. – Il notaio, il politico, il maestro che gettò le basi del nuovo diritto consuetudinario, affermantesi contro il diritto feudale, rivive attraverso l’esame dei fatti e dei documenti.
“Nel 1934 si compiono i settecento anni da quello in cui Rolandino Passaggeri[8] fu iscritto fra i notai di Bologna: data memorabile per la scienza notarile e per la città. Cominciò infatti nel 1234 l’azione sua, che doveva condurre il notariato ad altezze mai raggiunte ed il popolo alla vittoria decisiva contro la feudalità. – I notai bolognesi, poco dopo la sua morte, gli innalzarono l’arca magnifica che si ammira a lato della chiesa di S. Domenico, ma un monumento si era costruito egli stesso con la “Summa artis notariae” che ha reso famigliare il suo nome fra i cultori di questa disciplina in ogni nazione civile (…)[9].”

I notai,  prima ancora dei glossatori,  hanno maneggiato e forgiato diritto. Lo hanno profuso dalla teoria, (diritto comune), alla pratica (pubblica fede).

Durante il XII secolo le scritture documentarie prodotte nelle città dell’Italia centrale e settentrionale furono al centro di un processo evolutivo concluso nel Duecento, quando si definirono i caratteri fondamentali dell’instrumentum publicum: l’atto che è considerato autentico perché rogato secondo un preciso formulario da uno scrivente riconosciuto titolare della publica fides e che possiede valore probatorio anche nella forma dell’imbreviatura redatta sul quaderno del notaio1. L’aumento del prestigio dei notai dipese anche dalla loro sempre più accurata preparazione professionale che per crescere poté contare sui manuali di ars notaria elaborati nel corso del XIII secolo, il più importante dei quali è in assoluto quello dovuto al magister bolognese Rolandino Passeggeri. Il grande valore e l’efficacia del lavoro di Rolandino si possono cogliere guardando all’ampia circolazione della sua opera che in pochi anni superò non solo i confini bolognesi, ma anche quelli italiani per diffondersi oltre le Alpi. Tuttavia la fortuna della Summa di Rolandino costituisce solo un capitolo della storia della rapida e larga circolazione di  cui godettero i modelli notarili dopo che giunse a maturazione l’instrumentum. [10]

Lo stesso legislatore del 2006, ha cercato di poter portare una ventata di innovazione nei sepolcri imbiancati degli Ordini, che difendono, con ogni artifizio e raggiro, le proprie rendite.

E la falsificazione del mercato virtuale costruito per la circolazione dei beni[11] e per far raggiungere la domanda e l’offerta, che fine ha fatto?

Non è forse la possibilità di difendere le proprie prerogative, mediante la stipula di accordi tra le parti, cioè a mezzo dei contratti,  a governare il libero mercato ove la sola concorrenza fa restare in vita i  migliori? E perché mai il Legislatore Ordinario continua a privilegiare le professioni intellettuali, non considerandole alla stregua delle imprese soggette al Fallimento?

Le posizioni di rendite, restano una prerogativa da abbattere nella nuova era, per eliminare la “nuova schiavitù[12] del vassallaggio del tirocinio”.

Ci siamo posti il quesito di che cosa tutelino gli Ordini? Ed il consumatore finale come viene tutelato, viste le tante sentenze della Corte di Cassazione[13] che condanna i vari professionisti, (notai avvocati etc.)?

E’ forse vero che in un mercato con meno regole, c’è più vendita?  A che servono, quindi gli Ordini, e quanto costano alla comunità? 

Le tariffe, privilegio degli Ordini, con l’avvento del Decreto Legge 223/2006, art. 2[14], venivano abrogate.

La sentenza in commento, evidenzia la bontà della norma abrogatrice che, in combinato disposto con l’art. 147 legge notarile, non avrebbe potuto imporre al notaio l’obbligo di tariffa minima.

La stessa sentenza descrive anche un fatto essenziale: la libertà di poter pattuire, con il cliente, il prezzo.

La libera autonomia emerge dalla sentenza in commento che nel sua logicità vanta il pregio di aver confermato l’importanza dell’autonomia contrattuale tra il libero professionista ed il cliente.

Il prezzo, nella libera contrattazione  è elemento essenziale[15] a pena di nullità[16]. Prezzo che vede una tariffa, che a parere del Consiglio notarile non è derogabile.

Ma se esiste la legge sulle  liberalizzazioni, allora contrattare è una prerogativa del singolo appartenente alla corporazione dei notai. Infatti, le liberalizzazioni hanno promesso ai singoli di poter concepire le libertà negative dallo Stato con il consentire l’effettiva contrattazione quale massima libertà di autodeterminazione e di autonomia negoziale libera e nello stesso tempo concepita come privativa dei singoli verso un nuovo mercato che incontra finalmente, ed in libertà, la domanda e l’offerta. Le liberalizzazioni hanno posto il problema del conflitto tra il singolo e l’intera corporazione. In detto conflitto deve rinvenirsi, come la sentenza della cassazione in commento fa, il bilanciamento dei vari valori in gioco. La ragionevolezza[17], quindi, quale unico limite ad ogni abuso di diritto. La Corte Costituzionale in merito alla ragionevolezza, è più volte intervenuta. In ultimo con la sentenza n. 103/2013 che afferma:<<In particolare, questa Corte ha affermato che «per quanto attiene alle norme che pretendono di avere natura meramente interpretativa, la palese erroneità di tale auto-qualificazione, ove queste non si limitino ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto e riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario, potrà costituire un indice di manifesta irragionevolezza» (ex plurimis, sentenze n. 41 del 2011, n. 234 del 2007, n. 274 del 2006).>>

Limite che incontra da una parte il favore dell’utenza finale che è stata vista come il vitello grasso da macellare[18], e dall’altra l’Ordine che piange solo per non poter mantenere le proprie rendite di posizioni[19].

Già le tariffe, dovevano essere viste quale ostacolo alla circolazione dei beni e servizi disposti dal trattato U.E., e le resistenze dei vari  Ordini sono state accolte fino al 2006, periodo  della prima ondata di liberalizzazioni, che ha visto salutare, con innovazione, la possibilità per il consumatore finale di poter liberamente scegliere e contrattare per avere un maggiore vantaggio economico. Vantaggio avuto anche attraverso l’intervento della Corte Costituzionale che con la nota sentenza 443/2007[20], ha rafforzato i motivi del contendere tra il consumatore e il libero mercato, nel grande spazio della tutela della concorrenza per <<una più ampia possibilità di scelta tra le diverse offerte, maggiormente differenziate tra loro, sia per i costi che per le modalità di determinazione dei compensi.>>

La stessa Corte Costituzionale  inneggia alla libertà di contrattazione. Libertà che trova il massimo vigore nella determinazione dei popoli che a mezzo dell’autonomia privata, possono anche con il semplice accordo tra le parti invertire ciò che le oscure e tetre stanze del Palazzo, non hanno il coraggio di voler vedere. E’ l’inno alla libertà dell’autonomia contrattuale, dichiarata dalla Corte Costituzionale che, ricordiamo, è Organo di garanzia e chiusura del nostro sistema democratico: Inno che apre al nuovo che avanza. Se da una parte le corporazioni che dal XII secolo hanno dettato le loro condizioni e regole, dall’altra è la libera concorrenza a poter tenere in piedi lo stesso mercato del libero scambio.

È un dato certo: dove ci sono meno regole c’è maggiore circolazione di beni e servizi. In un periodo di crisi, quale quella di oggi, potrebbe il Legislatore ordinario lanciare una vera ventata di innovazione, cambiando le regole di mercato e lasciando libere le parti, nell’autonomia privata, con il rispetto delle norme imperative, dell’ ordine pubblico e del buon costume, e, quale maggiore innovazione, abrogando le corporazioni che restano un vincolo ed una palla al piede.

 

 

 

 

 

               

 


[1][1] http://www.genghinieassociati.it/acrobat/notarile/Legge%2016%20febbraio%201913%20n.89.PDF Legge 16 febbraio 1913 n. 89, Ordinamento del Notariato e degli Archivi Notarili.

ART.6 Nelle isole, dove non esiste alcun notaro, potrà con decreto Reale, previo il parere del Consiglio notarile e della Corte d’appello, essere temporaneamente autorizzato ad esercitare le funzioni uno degli aspiranti al notariato, che, fornito

dei requisiti necessari per la nomina, ne faccia domanda, e, in difetto, il cancelliere della pretura, o il sindaco o il segretario comunale, o altro tra i funzionari e le persone residenti nel luogo, che sia reputato di sufficiente idoneità.

Nel medesimo modo potrà provvedersi pure riguardo ai Comuni o alle frazioni di Comune in cui non esiste alcun notaro e che per le condizioni topografiche o di viabilità non possano agevolmente, anche solo per certi periodi dell’anno

comunicare con i luoghi viciniori provvisti di notaro.

L’esercente in tal modo autorizzato sarà considerato come notaro, rispetto alla responsabilità civile, penale e disciplinare dipendente dai suoi atti, i quali al cessar dell’esercizio dovranno essere depositati nell’archivio del distretto, osservando, per quanto sia possibile, le norme stabilite per l’assicurazione e la consegna degli atti e volumi dei notari.

Egli non potrà prestare il proprio Ministero fuori dell’isola, del Comune o della frazione di Comune assegnatagli. Il decreto Reale determina le condizioni relative all’esercizio. (L’articolo e` abrogato per il disposto dell’art. 1 della L. 20.01.94, n. 49).

ART.24 Il notaro deve, entro novanta giorni dalla data della registrazione del decreto di nomina o di trasferimento, compiere le formalità stabilite nell’art. 18, e aprire l’ufficio nel luogo assegnatogli.

Tale termine può essere abbreviato dal Ministro di grazia e giustizia per ragioni di pubblico servizio, come può essere dallo stesso Ministro prorogato di altri novanta giorni, per gravi e giustificati motivi.

Adempiuto quanto è innanzi prescritto, il presidente del Consiglio, sull’istanza che il notaro deve avanzare non oltre i dieci giorni successivi, ordina l’iscrizione di lui nel ruolo dei notari esercenti del collegio, dandone immediato avviso al

Ministero, e fa pubblicare gratuitamente nel giornale degli annunzi giudiziari l’ammissione del notaro all’esercizio delle sue funzioni. Nel caso di negata iscrizione nel ruolo, il notaro interessato può reclamare al tribunale, il quale decide in Camera di consiglio. Dal giorno dell’avvenuta iscrizione nel ruolo il notaro e` investito nell’esercizio delle sue funzioni.

ART.26  Per assicurare il funzionamento regolare e continuo dell’ufficio, il notaro deve tenere nel Comune o nella frazione di Comune assegnatagli, studio aperto con il deposito degli atti, registri e repertori notarili, e deve assistere personalmente allo studio istesso nei giorni della settimana e coll’orario che saranno fissati dal presidente della Corte d’appello, previo parere del Consiglio notarile, giusta le norme da stabilirsi nel regolamento.

Il notaro potrà recarsi, per ragioni delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto in cui trovasi la sua sede notarile, sempreché ne sia richiesto.

Il notaro non può assentarsi dal distretto per più di cinque giorni in ciascun bimestre, quando nel Comune assegnatogli non sia che un solo notaro, e per più di dieci giorni, se vi sia altro notaro, salvo per ragioni di pubblico servizio o per adempiere ai suoi obblighi presso i pubblici uffici.

Volendo assentarsi per un tempo maggiore deve ottenere il permesso dal presidente del Consiglio notarile, che glielo può concedere per un termine non eccedente un mese. Per i congedi da uno a tre mesi, la facoltà di concederli spetta al Consiglio notarile. Per un termine più lungo, il permesso non può essere concesso che dal Ministro di grazia e giustizia, udito sempre il parere del Consiglio notarile.

Tanto il presidente del Consiglio notarile quanto il Consiglio notarile non possono, per ciascuno, concedere allo stesso notaro che un permesso d’assenza nel periodo di dodici mesi.

Nei Comuni dove risiedono più di sei notari effettivamente esercenti, il Consiglio notarile potrà concedere permissioni di assenza fino ad un anno, purché concorrano giustificati motivi e rimanga in esercizio la meta` dei notari assegnati

al Comune.

Tanto il Ministero quanto l’autorità che ha concesso la permissione di assenza potranno in ogni caso revocarla, ove in qualunque modo si dimostrasse l’opportunità di farlo.

Nei luoghi dove non esiste altro notaro, il presidente o il Consiglio notarile, secondo i casi, potranno supplire al notaro assente, delegando un notaro viciniore a compierne in tutto o in parte le funzioni, preferendo però fra i viciniori

quello proposto dallo stesso notaro assente.

ART.147  Il notaro che in qualunque modo comprometta con la sua condotta nella vita pubblica e privata la sua dignità e reputazione e il decoro e prestigio della classe notarile, o con riduzioni degli onorari e diritti accessori faccia ai colleghi illecita concorrenza, è punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con la destituzione. La destituzione sarà sempre applicata qualora il notaro, dopo essere stato condannato per due volte alla

sospensione per contravvenzione alla disposizione del presente articolo, vi contravvenga nuovamente.

[2] http://www.giurcost.org/decisioni/ sentenza n. 103/0213….omissis…<<In riferimento alla natura delle norme di interpretazione autentica, il giudice remittente richiama alcune pronunce della Corte costituzionale, tra le quali la sentenza n. 155 del 1990, che ha escluso il carattere interpretativo nel caso di una norma «che anziché chiarire il significato di una disciplina precedente ovvero privilegiarne una fra le più possibili interpretazioni, venga ad innovarne i1 contenuto». Inoltre, nell’ordinanza si ricorda che la Corte ha affermato che le norme interpretative debbono in ogni caso sottostare ai principi costituzionali, come ricordati dalla sentenza n. 525 del 2000, che ha statuito che «l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta, tra gli altri, al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, principio che trova applicazione anche in materia processuale e che nel caso di specie deve ritenersi violato in conseguenza della non prevedibilità della soluzione interpretativa adottata dal legislatore, rispetto a quelle affermatesi nella prassi». Anche recentemente, la sentenza n. 234 del 2007 ha enunciato il principio per cui «nel rispetto del limite segnato dall’art. 25 Cost., il legislatore può emanare sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano – chiarendola – la portata precettiva della norma interpretata, fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso della stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti». 

[3]http://po.tabasoft.it/artdeco/user/index.php?m=2: Il Notaio e l’ordinamento disciplinare. Il Notaio è un Pubblico Ufficiale, istituito per ricevere gli “atti tra vivi e di ultima volontà” e attribuirvi pubblica fede. Quale presidio e filtro di legalità, il Notaio garantisce certezza e sicurezza al sistema giuridico e al mercato, senza costi per lo Stato.

Con assoluta imparzialità, adegua le volontà delle parti alle norme dell’ordinamento giuridico, interno e comunitario, attraverso una preventiva attività di consulenza e una attività parallela di controlli, fra cui, oltre a quelli di legalità, quelli ipotecari, catastali, commerciali, fiscali, con accordi stabili che evitano al massimo livello l’insorgere delle liti.

Poichè tali elementi sono essenziali per la stabilità e l’affidabilità del mercato, l’attività del Notaio è soggetta a stringenti controlli da parte dei Consigli Notarili, del Ministero della Giustizia (che ogni due anni sottopone ad ispezione tutti gli atti dei notai attraverso i Conservatori degli Archivi Notarili) e delle Procure della Repubblica.

Le sanzioni sono affidate alle Commissioni Regionali di Disciplina (CO.RE.DI.), introdotte dal decreto legislativo 1 agosto 2006 n. 249, che ha attuato una profonda revisione dell’ordinamento disciplinare dei notai.

Vi è una CO.RE.DI. in ogni circoscrizione territoriale, con sede presso il Consiglio Notarile distrettuale del capoluogo della regione. La Commissione è composta da un magistrato togato che la presiede e da sei, otto o dodici notai secondo il numero dei notai assegnati a ciascuna circoscrizione.

La rigorosa struttura normativa disciplinare è essenzialmente giustificata dalla considerazione, che trova riscontro nella normativa europea, che il Notaio svolge in “outsourcing” funzioni di pubblico interesse a tutela di interessi pubblici, sovraordinati rispetto a quelli delle parti.  

[4] http://www.agcm.it/indagini-conoscitive-db/ open /C12564CE0049D161 / A9CA192134E9B8D6C 1257 2740 05 61 8 D 8.html   IC34 – INDAGINE CONOSCITIVA RIGUARDANTE IL SETTORE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI  :…omissis…

110.  La disciplina della pubblicità nell’ordinamento deontologico notarile   è contenuta negli artt. 15 e  17 del codice deontologico vigente, adottato il 5 aprile 2008 (e in merito al quale peraltro il CNN non ha  fornito alcuna relazione illustrativa).

La precedente versione del codice deontologico, all’art. 18, comma 3, vietava la diffusione di “ messaggi  auto-referenziali ” ossia dei messaggi che pubblicizzano “il possesso di competenze o esperienze attinenti  al normale bagaglio culturale e giuridico del notaio ” e all’art. 20 menzionava, a titolo esemplificativo, i mezzi di comunicazioni utilizzabili dai notai, quali le targhe, le rubriche, la carta intestata e i siti internet.

111.  Nel  corso  dell’indagine  è  stata  rilevata  la  restrittività  della  disposizione  contenuta  nell’art.  18,  comma 3, che limitava ingiustificatamente la diffusione di messaggi e si era ricordato l’orientamento  dell’Autorità in merito all’utilizzazione delle clausole generali di decoro e dignità nei codici deontologici,  in  quanto  tali  nozioni,  per  la  loro  genericità,  sono  idonee  a  censurare  comportamenti  legittimi;  per  le  medesime  ragioni  si  era  auspicata  la  soppressione  del  riferimento  al  decoro  professionale  e  alla “sobrietà”,  in  quanto  concetti  giuridici  indeterminati  che,  inseriti  in  un  codice  deontologico,  per  la loro indeterminatezza, sono idonei a disincentivare  ingiustificatamente l’utilizzo dello strumento  pubblicitario dai parte dei notai.

Con  riferimento  al  contenuto  dei  messaggi  pubblicitari  si  è  sottolineato  l’effetto  fuorviante  della  previsione  in  cui  si  parlava  di  “informativa  circa  il  compenso ”  in  cui  invece  di  utilizzare  il  termine  proprio  “ pubblicità  informativa  circa  il  compenso”   veniva  usato  il  termine  informativa.  Peraltro, perplessità  destava  la  circostanza  per  cui  la  suddetta  disposizione  fosse  stata  inserita  in  un’apposita  norma e non nella previsione che forniva l’esemplificazione dei dati che possono essere diffusi; sul punto  era stato evidenziato che la pubblicità dei compensi professionali, senza eccezione alcuna sotto il profilo  soggettivo, è stata espressamente ammessa dalla legge Bersani anche per le prestazioni professionali.

Inoltre, è stato osservato che l’elencazione dei mezzi di diffusione della pubblicità consentiti dall’Ordine,  ancorché esemplificativa, si prestava ad essere interpretata in senso restrittivo, ossia nel senso di ritenere  ammissibili soltanto i mezzi di diffusione citati nella medesima disposizione deontologica, con l’effetto  di limitare ingiustificatamente la concorrenza tra professionisti.

112.  Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato,  il decoro ed il prestigio sono principi deontologici  fondamentali  nella  regolamentazione  dell’attività  professionale  e,  in  particolare,  per  quella  di  notaio:  secondo il CNN, il decoro è “ l’espressione del   sentimento della dignità e del rispetto dello Stato ” ed il  “prestigio corrisponde alla buona reputazione ed alla stima nell’ambito della collettività in funzione  della posizione”  ricoperta.

In merito a tale profilo, nel corso dell’indagine è stato precisato che il paventato “ sentimento  della  dignità e del rispetto dello Stato ” non sono concetti confliggenti con la liberalizzazione della disciplina  della pubblicità, almeno quella dettata dalla legge Bersani.

113.   Prima dell’entrata in vigore del nuovo codice deontologico, nel giugno 2007 il Consiglio Nazionale  del Notariato aveva comunicato di avere apportato alcune modifiche al codice deontologico previgente,  tra  cui  l’eliminazione  sia  del  comma  3  dell’art.  18  (divieto  di  messaggi  c.d.  auto-referenziali)  che  dell’elencazione di mezzi di diffusione della pubblicità di cui all’art. 20.

La disciplina deontologica attualmente vigente consente, ora, “nell’interesse collettivo” la “pubblicità  informativa ” dei notai, che deve essere improntata alla “ sobrietà” e deve avere ad oggetto dati “obiettivi  e verificabili”,  tra  cui  titoli  di  studio  e  professionali  legalmente  riconosciuti,  specializzazioni  post-universitarie  (master,  corsi  di  perfezionamento  o  specializzazione),  attività  di  docenza,  pubblicazioni  giuridiche, struttura organizzativa, disponibilità oraria, conoscenza di lingue straniere, nel rispetto, tra  l’altro, della “ dignità e dell’integrità della funzione pubblica” (art. 15).

L’art. 17 afferma che “ nel rispetto della funzione pubblica (e del prestigio e del decoro della categoria e  per colmare asimmetrie informative) è consentito al notaio pubblicizzare i dati di cui all’art. 15. ”

L’art. 16, al comma 1, elenca espressamente, “a titolo esemplificativo ”, i dati che “possono essere diffusi ”  e, al comma 2, afferma che “ l’informativa”, e non la pubblicità informativa (che infatti è disciplinatadal combinato disposto dell’art. 15 e dell’art. 17), circa il compenso professionale deve rispondere, tra  l’altro, a criteri di trasparenza e veridicità.

114.  Con riferimento alla vigente disciplina sopra descritta, si evidenzia come essa continui a contenere  previsioni significativamente disincentivanti l’utilizzo dello strumento pubblicitario da parte dei notai:  infatti, sono ancora vigenti le disposizioni che impongono come limite generale alla pubblicità notarile,  sia con riguardo ai mezzi che ai contenuti della stessa, il rispetto della sobrietà, della funzione pubblica,  nonché del prestigio e del decoro professionale.

Inoltre,  il  codice  deontologico  vigente  contiene  una  disciplina  equivoca  in  materia  di  pubblicità  dei  compensi dei notai, in quanto non emerge chiaramente la facoltà del notaio di pubblicizzare il compenso  professionale, come peraltro previsto dalla legge Bersani.

Parimenti, non riceve alcuna menzione la facoltà di diffondere pubblicità aventi natura comparativa.

Non può non essere rilevata, infine, l’equivocità del riferimento all’ “interesse  collettivo ”  come

finalizzazione generica dell’attività pubblicitaria dei notai (cfr . artt. 15, 16 e 17).   

…omissis… 261.  L’Autorità intende sottolineare peraltro che, nel gennaio 2007, il Giudice   di pace di Genova ha  presentato  alla  Corte  di  Giustizia,  ai  sensi  dell’art.  234  del  Trattato  CE,  una  domanda  pregiudiziale  (causa C-500/06 Corporacion Dermoestetica)  circa la compatibilità della disciplina giuridica italiana,  contenuta nella legge n. 175/92, che limita la pubblicità informativa sui trattamenti medici-chirurgici  con particolare riferimento alla possibilità di diffondere pubblicità mediche su emittenti radiotelevisive  nazionali, nonché della prassi interpretativa della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici con le  norme del Trattato CE (tra cui gli artt. 81 e 86 CE). Nel rinvio è stato richiesto al giudice comunitario di  pronunciarsi anche sulla compatibilità tra gli artt. 3, lett. g), 4, 10, 98 e 81 del Trattato CE e la disciplina  contenuta nell’art. 2 della legge Bersani nella parte in cui affida agli ordini il potere di verifica della  trasparenza e veridicità della pubblicità senza indicare i parametri e i criteri per l’esercizio di tale potere.

Il  17  luglio  2008,  in  merito  alle  questioni  pregiudiziali poste  dal  giudice  italiano,  la  seconda  sezione  della Corte di Giustizia ha statuito che una normativa nazionale che determina un divieto della pubblicità  medica sulle reti televisive nazionali, permettendo tuttavia di diffondere la medesima pubblicità sulle reti  televisive locali, è contraria al diritto comunitario e costituisce una restrizione ingiustificata alla libertà  di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. In particolare, la Corte ha ricordato che la restrizione  in questione può essere giustificata qualora soddisfi quattro condizioni: che non sia discriminatoria, che  sia finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico, che sia proporzionale rispetto al conseguimento  dello scopo perseguito e che sia necessaria per il raggiungimento dello scopo. Il giudice comunitario ha osservato che la finalità di tutela della salute, in via generale, potrebbe giustificare l’adozione di una disciplina restrittiva sulla pubblicità televisiva sui servizi professionali medici; tuttavia, il divieto oggetto della controversia (che vietava la diffusione della pubblicità sulle reti televisive nazionali ammettendola però, sulle reti televisive locali) indicava una contraddittorietà della disciplina che il Governo Italiano non ha neanche tentato di giustificare. Pertanto, la Corte ha ritenuto che la disciplina nazionale in esame non fosse idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di tutela della salute, costituendo, pertanto una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

[5] http://www.treccani.it/enciclopedia/corporazione_(Enciclopedia-Italiana)/  CORPORAZIONE  Enciclopedia Italiana (1931) di C. V., Ar. S., C.A.N., C. Cos.  CORPORAZIONE. – Questa voce è usata in due accezioni completamente diverse. Secondo la prima, tradizionale, è un soggetto di diritto e obbligazioni patrimoniali (persona giuridica) costituito da un’associazione di uomini che intendono a un medesimo fine. Secondo l’altra accezione, propria del sistema sindacale italiano, corporazione è invece l’organo di collegamento fra i sindacati dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro.

La corporazione come persona giuridica.

Diritto. – Alla corporazione, nel senso di universitas personarum, si contrappone nel diritto privato la fondazione, che è costituita da un complesso di beni (universitas rerum). Le corporazioni come persone giuridiche consentono il raggiungimento di scopi che né la breve durata della vita umana né l’energia di un singolo consentirebbero di raggiungere. 

[6] http://www.treccani.it/enciclopedia/corporazione_(Enciclopedia-Italiana)/  CORPORAZIONE  Enciclopedia Italiana (1931) di C. V., Ar. S., C.A.N., C. Cos.  CORPORAZIONE, op. cit..  

Vedi anche http://www.treccani.it/enciclopedia/corporazione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/  voce: Corporazione – Enciclopedia delle Scienze Sociali (1992)  di Lorenzo Ornaghi … omissis…2. Etimo e definizioni-   Sembra che soltanto nel lessico giuridico il termine ‘corporazione’ sia riuscito a raggiungere un grado elevato di univocità e precisione concettuale. Benché il suo uso sia pressoché scomparso nel diritto positivo italiano (e la dottrina privatistica, quando non si ostini a considerarlo un arcaismo, lo impieghi per lo più come sinonimo di ‘associazione’), un tale termine-concetto ha infatti alle proprie spalle una storia che, lunghissima e spesso travagliata, è fondamentale quant’altre mai per lo sviluppo del diritto e del pensiero giuridico moderno. Corporazione è già la medievale universitas personarum. Una gilda, il capitolo di una cattedrale, una città imperiale, una università, sono infatti una universitas; così come universitates verranno considerati, più tardi, il Parlement di Parigi o quello di Tolosa, lo ‘Scacchiere’ di Normandia e le Cortes provinciali spagnole. Riconosciuta di regola (o creata) con un atto di autorità che le attribuisce poteri e franchigie (il privilegium universitatis), la corporazione raccoglie più persone in vista del perseguimento di un fine accettato dai suoi componenti, o della promozione di un interesse specificato e durevole. Le sue principali caratteristiche, del resto, sono quelle già scolpite nel Digesto: “Si quid universitati debetur, singulis non debetur: nec quod debet universitas singuli debent. In decurionibus vel aliis universitatibus nihil refert, utrum omnes idem maneant an pars maneat vel omnes immutati sint” (cfr. Digesto, 3, 4, 7, 1-2). 

[7]http://www.centrostudicostamagna.it/testi/Studi%20Storici%20-%20La%20storia% 20dei%20 Notai% 20e% 20lo %

20spazio%20cittadino.pdf   : studi e materiale 2/2010,  Vito Piergiovanni . La storia dei Notai e lo spazio cittadino.

La conseguenza più rilevante è la diversa considerazione, che si sta facendo progressivamente strada nella storiografia, dell’apporto che questi professionisti hanno dato alla creazione ed evoluzione del nuovo diritto nato nelle temperie politiche e sociali del Basso Medioevo. Un ruolo fondamentale, quindi, nella scienza e nella pratica giuridica che ha contribuito, fra l’altro, in modo determinante, alla conservazione, nella coscienza popolare, di buona parte degli istituti

giuridici romani, ed è ormai accettato che l’evoluzione delle formule documentarie costituì uno dei più certi segnali della maturazione del fenomeno della rinascita   giuridica   bolognese.   Qualcuno,   come   il   grande   storico   Giorgio   Cencetti, parla addirittura di ‘anticipazione’, in quanto lo Studio di Bologna sarebbe nato proprio sulla traccia di una precedente scuola notarile. Si è giustamente affermato (Torelli) che i notai furono i volgarizzatori ed i diffusori nel modo del commercio e della quotidiana pratica di quel diritto romano – che sarebbe altrimenti  rimasto patrimonio esclusivo della Scuola – avvalendosi, a tal fine, del prestigio  che loro derivava dall’essere i titolari della publica fides. Si può dire che gli interventi e le intuizioni appannaggio della scientia iuris non rimasero momenti isolati e perciò sterili, ma si calarono nella varietà della pratica quotidiana arricchendo, tramite la mediazione del notaio, la storia di tutta l’esperienza giuridica.

[8] http://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/display/bsb10181606_01414.html

SUMMA ARTIS NOTARIAE  di  Rolandinus Rodulphi de Passageriis 

[9] http://www.catalogo.zanichelli.it/Pages/Opera?siteLang=IT&id_opera=0000000012261  ARTURO PALMIERI – 1933 – In 8°, pp. VIII-214.

[10] Marino Zabbia Circolazione di persone e diffusione di modelli in ambito notarile (secoli XIII e XIV) [A stampa in Cultura cittadina e documentazione. Formazione e circolazione di modelli, Bologna, 12-13 ottobre 2006, a cura di A. L. Trombetti Budriesi, Bologna 2009, pp. 23 © dell’autore – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”]

[11] G. FOTI, Regole giuridiche e mercati concorrenziali del consumo. Sguardi civilistici su una relazione controversa,, Sez. II, La lente civilistica di osservazione, pag. 14 <<Insegna una Scuola giuridica (quella Messinese n.d.r.) che soggetti e oggetti, atti e fatti, costituiscono il quadrinomio fondamentale della fenomenologia giuridica (A.FALZEA, Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica , il Mulino 1997), evoluzione della tripartizione classica utilizzato da Gaio: personae, res, actiones, in   R. TOMMASINI (a cura di), Autonomia privata e strumenti di controllo nel sistema dei contratti. Bologna 2007, pag. 14.

[12] Mi sia consentito il rinvio a M.GIARRIZZO, Liberalizzazioni… non mere illusioni…ma nuove frontiere! Su codesta rivista.

[13] http://www.overlex.com/leggisentenza.asp?id=1630 Corte di cassazione civile  sentenza 546/12 del 17/01/2012 : Nel caso di accertamento di un comportamento negligente del notaio, consistito nella redazione di un atto finale non conforme al regolamento di interessi voluto dalle parti e/o nella violazione degli obblighi di informazione su di lui incombenti, egli non può che rispondere delle conseguenze patrimoniali sofferte, come danno emergente o lucro cessante, a causa della condotta a lui soltanto ascrivibile.

http://www.neldiritto.it/appgiurisprudenza.asp?id=6954  CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 27 ottobre 2011, n.22398 In relazione alla inosservanza dell’obbligo di espletare la visura dei registri immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall’art. 2236 cod. civ. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (nella specie per l’arretrato in cui versavano le Conservatorie all’epoca della stipula e per la necessità di esaminare le annotazioni provvisorie di cui ai c.d. mod. 60), in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad un’ipotesi di imperizia, cui si applica quella limitazione, ma a negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell’art. 1176 cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve. 

Maggiori dettagli su  sentenze vedasi http://www.notaio.org/sentenze_notai.htm 

[14] www.guri.it (Gazzetta Ufficiale N. 153 del 4 Luglio 2006) DECRETO-LEGGE 4 luglio 2006, n.223  – Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale. Art. 2.  Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali  1. In conformita’ al principio comunitario di libera concorrenza ed

a quello di liberta’ di circolazione delle persone e dei servizi, nonche’ al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facolta’ di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attivita’ libero professionali e intellettuali:

a) la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; …omissis…

[15] A. DI MAJO, codice civile. Libro IV , delle obbligazioni, Titolo II, dei contratti in generale, Capo II dei requisiti del contratto, art. 1325 Indicazioni dei requisiti:  I requisiti del contratto  sono: 1) l’accordo delle parti [1326]; 2) la causa [1343]; 3) l’oggetto [1346]; 4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità [1350, 1352].

[16] A. DI MAJO, codice civile, art. 1418 Cause di nullità del contratto. << Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346.

Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge>>.

[17] L.D’ANDREA, La ragionevolezza e legittimazione del sistema, Milano 2005

[18] E’ appena il caso di dire che non meno del 40% dell’onorario percepito dal  notaio  è di suo appannaggio.

[19] G. SOBBRIO “Economia del Settore Pubblico, Milano  2012 e G. SOBBRIO “Introduzione all’analisi economica del diritto”, Trischitta 2012

 

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