L’eccezione di incompetenza per territorio derogabile ed il riparto del relativo onere probatorio (G. Ciccimarra)

L’ECCEZIONE DI INCOMPETENZA PER TERRITORIO DEROGABILE ED IL RIPARTO DEL RELATIVO ONERE PROBATORIO

 

Nota a Giudice di Pace di Marano, ord. 15/11/2013

 

di Giovanni Ciccimarra, avvocato

 

La corretta formulazione della eccezione di incompetenza per territorio, nell’ipotesi di competenza derogabile, può rappresentare, come è risaputo da parte degli operatori del diritto, un ostacolo estremamente insidioso, come tale da affrontare con le dovute cautele.

L’art. 38 c.p.c., infatti, ponendo una fondamentale distinzione, dispone che “L’incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti dall’art. 28, è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L’eccezione si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente”.

Sulla scorta di tale disposizione, si è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui, in tema di competenza per territorio derogabile, il convenuto ha l’onere di contestare nel primo atto difensivo l’incompetenza per territorio del giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri codicistici. In mancanza, l’eccezione dovrà ritenersi irrituale e/o inefficace, restando in tal modo radicata la competenza del giudice adito in base al profilo non contestato[i].

Nella pratica, non è infrequente che l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile, benché tempestivamente formulata dal convenuto, venga dichiarata come non proposta in virtù della loro asserita irritualità.

Facile, pertanto, che un simile meccanismo si trasformi, nelle mani degli attori, in strumento per cercare di radicare determinate controversie innanzi a giudici che, per per motivi logistici, sostanziali o procedurali, vengano avvertiti come maggiormente convenienti alla tutela dei propri interessi.

Talora, a tal proposito, si richiama il concetto di forum shopping. Tuttavia, siamo in presenza di un richiamo quanto meno improprio, ove si consideri che il menzionato istituto, originario del diritto internazionale privato, concerne la scelta operata tra più corti nazionali le quali, in virtù dei criteri di collegamento applicabili alla fattispecie, risultano tutte astrattamente competenti a conoscere la materia.

Il meccanismo dell’art. 38, viceversa, può condurre a ritenere competente un ufficio giudiziario non già in virtù della concreta esistenza di un criterio di collegamento con la materia oggetto del decidere, ma in virtù di un mero errore del convenuto, oppure di una interpretazione giurisprudenziale restrittiva. È ancora recente, a tal proposito, il ricordo della consolidata giurisprudenza che, prima della declaratoria di incostituzionalità pronunciata con la decisione C. Cost. 08-02-2006, n. 41, faceva discendere, dal combinato disposto degli artt. 38 e 102 c.p.c., l’inefficacia dell’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta da uno solo dei litisconsorti convenuti in casi di litisconsorzio necessario[ii].

Proprio perché analoghe ricostruzioni giurisprudenziale, incidendo sulla possibilità per il convenuto di proporre l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile, rischiano di porsi in contrasto con il precetto costituzionale secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, merita di essere segnalato e sottoposto a vaglio, un orientamento recentemente emerso nelle pronunce di taluni uffici giudiziari in tema di incompetenza per territorio, tra i quali può citarsi, a titolo esemplificativo una recente ordinanza del Giudice di Pace di Marano, Dott.ssa Cuomo, datata  15/11/2013.

Nel caso portato all’attenzione del giudice adito, parte convenuta aveva contestato la competenza territoriale del giudice adito, indicando i fori a suo dire competenti, sulla scorta delle seguenti considerazioni:

·         non vi era connessione né con il luogo in cui era sorta l’obbligazione extracontrattuale, né con il luogo in cui l’obbligazione andava adempiuta;

·         non vi era connessione con il foro generale delle persone fisiche per essere un convenuto residente al di fuori del circondario del giudice adito;

·         non vi era connessione con il foro delle persone giuridiche ex art 19 c.p.c., avendo la società convenuta la propri sede legale al di fuori del circondario del Giudice adito, come attestato dalle relate di notifica, e non avendo nel suddetto territorio né stabilimenti, né rappresentanti, né institori.

Sennonché, secondo il Giudice di Pace adito:

Ritenuto che, in tema di controversie attinenti la circolazione stradale, ai fini della completezza dell’eccezione di incompetenza per territorio, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di competenza territoriale derogabile, la parte che sollevi l’eccezione di incompetenza è tenuta a dimostrare che la stessa sia fondata con riferimento a qualunque possibile criterio di collegamento previsto dalla legge rispetto al foro di cui si contesti la competenza, sicché ove sia convenuta una società per azioni, per negare la competenza in relazione al luogo di residenza del convenuto, ai sensi dell’art. 19 c.p.c., la società (o l’altra parte convenuta che propone l’eccezione -cumulo soggettivo ex art. 33 cpc-) deve provare non solo che la sede principale si trovi altrove, ma anche che la suddetta società non abbia alcuna sede secondaria, né alcuno stabilimento con un rappresentante abilitato a stare in giudizio, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza del giudice adito.

Rilevato che, in proposito, la convenuta nulla ha provato, in mancanza di detta prova, la causa resta incardinata davanti al giudice adito”.

Nonostante il copioso richiamo alla giurisprudenza di legittimità, la suddetta decisione non può essere condivisa, ed anzi appare fondata proprio sul travisamento dei più consolidati orientamenti emersi in materia.

Ed, infatti, costituisce affermazione assolutamente pacifica nella giurisprudenza della S.C. che, «il convenuto, al fine di evitare che la causa resti radicata presso il giudice scelto dall’attore, ha l’onere di eccepire l’incompetenza di quest’ultimo sotto tutti i profili ipotizzabili sin dal primo atto difensivo con motivazione articolata ed esaustiva, non potendo aggiungere nuovi motivi rispetto a quelli prospettati in limine né ad essi apportare qualsiasi mutamento. Ne consegue che, in mancanza di una tempestiva e completa contestazione, l’eccezione di incompetenza del giudice adito deve ritenersi come non proposta e, pertanto, definitivamente radicata la sua competenza»[iii]

Dunque, perché la eccezione del convenuto sia ritualmente proposta, occorre il contestuale rispetto di due presupposti: a) che il convenuto contesti tutti i profili di competenza astrattamente applicabili alla causa; b) che individui tutti i giudici che, a suo avviso, siano competenti a conoscere della causa ratione loci.

Non pare che, viceversa, il provvedimento in esame abbia fatto corretta applicazione dei criteri in menzione. In particolare, il giudicante confonde l’onere, posto a carico del convenuto, di svolgere l’eccezione di incompetenza per territorio con riferimento a tutti i fori ipotizzabili in base ai criteri di collegamento applicabili alla fattispecie, con l’ulteriore onere di fornire adeguata prova di quanto affermato, che attiene viceversa ad un momento successivo, allorquando l’eccezione sia già  stata ritenuta ammissibile e ne vada dunque esaminata la fondatezza.

Solo il primo onere infatti, appare regolato dall’art. 38 c.p.c.. Pertanto, l’eccezione di incompetenza derogabile andrà dichiarata inefficace, con conseguente radicarsi della competenza del giudice adito, solo laddove la stessa non sia stata sviluppata con riferimento a tutti i criteri di collegamento astrattamente applicabili alla fattispecie, ovvero non abbia indicato il giudice competente o sia stata formulata in maniera assolutamente generica e inintelligibile.

Tale concetto è stato anche di recente ribadito dalla S.C., secondo cui «La formulazione dell’eccezione d´incompetenza territoriale derogabile, ai fini della sua ammissibilità, deve essere svolta, con l´indicazione di tutti i fori concorrenti, ovvero per le persone fisiche, con riferimento, oltre ai fori speciali ai sensi dell´art. 20 cod. proc. civ., anche a quelli generali, stabiliti nell´art. 18 cod. proc. civ. e, per le persone giuridiche, con riferimento ai criteri di collegamento indicati nell´art. 19, primo comma, cod. proc. civ. »[iv].

Pertanto, la irritualità della eccezione di incompetenza territoriale derogabile, che consente di ritenere l’eccezione come non proposta, prescinde dall’esame della prova dei fatti posti a sostegno della eccezione medesima. Analogamente, diverse sono le conseguenze che discendono dalla incompletezza della eccezione e dal mancato rispetto dell’onere probatorio, trattandosi di fattispecie regolate da norme diverse.

Unicamente nell’ipotesi in cui l’eccezione non risulti correttamente formulata, infatti, sarà applicabile il disposto dell’art. 38 c.p.c.,  con conseguente radicamento della competenza del giudice adito a prescindere dalla esistenza in concreto di un criterio di collegamento tra questi e il giudizio.

Viceversa, solo laddove la disamina in ordine alla corretta formulazione della eccezione di incompetenza in discorso sia stata risolta in senso positivo, si porrà l’ulteriore questione della sua intrinseca fondatezza o meno, e solo a tal punto verrà in rilievo il tema della prova dei fatti. In tal caso, però,   non vi sono ragioni che consentano di ritenere derogato il principio di cui all’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova[v].

Quanto precede porta  ad affermare che l’ordinanza in esame si presenta indiscutibilmente viziata, nella misura in cui ha inteso dichiarare la irritualità della eccezione spiegata dal convenuto non già per una sua eventuale incompletezza – unica circostanza che può condurre all’adozione di un provvedimento di tal segno – ma, bensì, sulla scorta di una asserita carenza di prova, al contrario irrilevante ai fini del tipo d decisione adottata.

Semmai, il giudice adito avrebbe dovuto ritenere ammissibile l’eccezione e, di seguito, respingerla perché a suo dire infondata per carenza di prova.

Tuttavia, a parere di chi scrive, anche sotto il profilo della prova, i provvedimento in parola risulta viziato, non essendo stata fatta corretta applicazione del riparto dell’onus probandi di cui all’art. 2697 c.c..

Vero è che, a tal proposito, è abbastanza comune l’affermazione secondo cui l’onere della prova segue sempre quello di allegazione: conseguentemente, il convenuto avrebbe, sempre e in ogni caso, l’onere di fornire la prova di tutti i fatti allegati a sostegno delle proprie eccezioni.

Sennonché, l’affermazione che precede non solo non trova sostegno in alcuna norma di diritto positivo, ma, nella casistica concreta, incontra deroghe particolarmente significative, prima tra tutte quella per cui l’eccezione di inadempimento richiede la mera allegazione da parte del convenuto[vi]

Più precisamente, se si esamina attentamente il disposto di cui all’art. 2697 c.c., comma secondo, ci si rende conto che tale norma non impone, sempre ed in ogni caso, alla parte che la propone l’onere di fornire la prova di quanto assunto a sostegno della propria eccezione; tale onere, viceversa, scatta  solo allorquando si eccepisca l’inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa avversa, ovvero l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi e/o estintivi.

Al di là di queste ipotesi tassativamente indicate, dunque, residuerebbe una ampia area in cui il convenuto può limitarsi a spigare una mera difesa, nel qual caso, secondo autorevole dottrina, “La sua iniziativa si colloca nell’area dei fatti il cui onere probatorio ricade sull’attore: è infatti quest’ultimo che sopporta l’onere di provare l’esistenza del fatto costitutivo e non il convenuto ad essere onerato della dimostrazione della sua inesistenza[vii].

Con la conseguenza che il convenuto sarà tenuto a dimostrare l’esistenza di fatti positivi da esso affermati, ma potrà limitarsi a negare l’esistenza di fatti che, in astratto, potrebbero radicare la competenza del giudice adito, non essendovi ragione che giustifichi l’esistenza a suo carico del gravoso compito di fornire la prova di circostanze negative[viii].

Sicché, volendo tornare all’esame del provvedimento in esame, il ragionamento seguito dal giudicante nel dirimere la questione appare difettoso sotto due profili.

Per un verso, il giudicante ha impropriamente incluso, tra i presupposti per ritenere ritualmente formulata l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile, anche la dimostrazione della fondatezza di tutte le circostanze dedotte a sostegno  dell’eccezione stessa.

Per altro verso, il giudice ha erroneamente interpretato la portata dell’onere probatorio che grava sulla parte convenuta che abbia sollevato l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile, ritenendo che, nel caso in cui venga eccepita l’incompetenza del giudice adito, tra le altre, ai sensi dell’art 19 c.p.c. in quanto il convenuto persona giuridica avrebbe la sede legale in comune non appartenente alla circoscrizione del giudice adito, né in tale territorio vi sarebbe un suo institore e/o rappresentante abilitato a stare in giudizio, gravi sul convenuto non solo l’onere di provare la diversa localizzazione della sede legale, ma anche quello di dimostrare l’inesistenza degli ulteriori criteri di collegamento indicati dalla norma.

Viceversa, alla stregua delle argomentazioni che si è tentato di illustrare nella presente nota, non vi è dubbio che il convenuto debba senz’altro fornire la prova con riferimento alla ubicazione della sede legale (fatto positivo), ma altrettanto non è possibile affermare con riferimento alla inesistenza nel territorio del giudice adito di stabilimenti, di institori e/o di rappresentanti abilitati a rappresentare in giudizio la società: con riferimento a tali circostanze, infatti, il convenuto, potrà limitarsi a mere difese, senza necessità di fornire prova in ordine a tali allegazioni, scaricando a tal punto sull’attore l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza dei criteri di collegamento adoperati nella individuazione del foro adito.

Tutto questo,naturalmente, al fine di scongiurare una futura, prossima e prevedibile declaratoria di incostituzionalità dell’eventuale “diritto vivente” che dovesse dar luogo ad ulteriori costruzioni giurisprudenziali di ostacolo alla possibilità per le parti convenute di proporre l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile.


[i]       Cfr., sull’argomento, Cass. Civ., ord. 27-10-2003, n. 16136

[ii]      Con la sentenza richiamata, la corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 38 e 102 del codice di procedura civile, nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti.

        Per una disamina degli esiti cui era pervenuta la giurisprudenza antecedentemente alla pronuncia della Corte Costituzionale v., ex multis, Cass. Civ., sent. 4-10-2004, n 19802:  “in tema di competenza territoriale derogabile e con riguardo al caso di litisconsorzio necessario passivo, l’eccezione sollevata da uno soltanto dei convenuti resta priva di effetti nei confronti di tutti ed anche dello stesso convenuto che l’ abbia sollevata, in ragione dell’incontestabilità della competenza ratione loci del giudice adito nei confronti del convenuto che non ha proposto l’ eccezione, ancorché lo stesso sia rimasto contumace, attesa la natura dispositiva della predetta eccezione ed in conseguenza del carattere inscindibile della causa.”

[iii]     Cfr. Cass. Civ., sez. III, 25-11-2005, n. 24903.

[iv]    Cfr. Cass. Civ., sez. IV, sent. 19-06-2013, n. 15278

[v]     Cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. I, 26 giugno 1999, n. 6632, secondo cui «La deduzione con cui si sostiene l’incompetenza per territorio (nei casi in cui la competenza territoriale non è inderogabile) è una eccezione in senso proprio, la quale non soltanto deve essere sollevata dalla parte interessata, ma deve essere altresì corredata dalla prova dei fatti su cui si fonda, secondo il disposto dell’art. 2697 c.c., cosicché spetta a chi eccepisce l’incompetenza l’onere di dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell’eccezione».

[vi]    Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 30-10-2001, n. 13533. In tale occasione, la S.C. Ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento. (Nell’affermare il principio di diritto che precede, le SS.UU. della Corte hanno ulteriormente precisato che esso trova un limite nell’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni negative, nel qual caso la prova dell’inadempimento stesso è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l’adempimento e non per la risoluzione o il risarcimento

[vii]   Cfr. Consolo C., Spiegazioni di diritto processuale civile, I, 224, Torino 2012.

[viii]  Al contrario, come si è visto,  C. Cost. cit. ha ribadito che il rendere più gravosa l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile equivale a violazione del criterio del giudice naturale precostituito per legge “Ribadito che alla nozione del giudice naturale precostituito per legge non è affatto estranea «la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio» (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005), è evidente che il conflitto tra i convenuti non può risolversi, attraendo l’unitario giudizio, altrimenti che a favore del foro legale, dal quale non può essere distolto il convenuto che con la sua eccezione lo invochi”.

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